La detenzione domiciliare speciale

 

Conclusioni e bibliografia

 

Abbiamo deciso di concludere questo studio con alcune testimonianze che riassumono tutto quello che abbiamo detto in queste pagine: cosa può meglio esprimere la situazione di disagio delle detenute madri se non le parole delle detenute stesse? Queste donne si sono raccontate con molta naturalezza e senza alcuna riserva perché vogliono farsi conoscere fuori dal mondo-carcere, vogliono che attraverso le loro esperienze negative chi ne ha il potere faccia qualcosa per cambiare la situazione. E la Legge Finocchiaro, o meglio, chi ha lavorato e si è impegnato per l’approvazione di tale legge, ha ascoltato la loro richiesta d’aiuto ed è intervenuto.

Abbiamo visto come il tema del rapporto madre-figlio sia sempre stato di primaria importanza nell’ambiente penitenziario: è inammissibile in una società civile che minori incolpevoli paghino per reati mai commessi e che adulti colpevoli, oltre a scontare la pena "fisica" del carcere, scontino anche quella "morale" della impossibilità di svolgere il ruolo di genitore. È vero che la pena detentiva consiste nella privazione della libertà e, quindi, nell’interdizione dai legami affettivi e familiari, ma è anche vero che impedire ad un genitore di vivere e crescere coi propri figli (specialmente se molto piccoli) è un’ulteriore pena che viene aggiunta ingiustamente e che porta con sé un carico di sofferenza troppo elevato.

Bibliografia

 

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Scheda 7, "I bambini che crescono in carcere: i figli delle detenute", pagg. 147 - 160

Web sites consultati:

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www.giustizia.it

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