Strane ferie d'agosto

 

Strane "ferie d'agosto"alla Giudecca

 

Ragazze che vengono da "fuori" per fare un'immersione totale nella vita del carcere

 

Sono arrivate in tante, con quest'idea un po' folle di fare una vacanza in carcere, fianco a fianco con le donne della Casa di reclusione femminile della Giudecca. Si tratta di un gruppo di ragazze che hanno risposto da tutta Italia all'invito delle suore di Maria Bambina, che proponevano loro di fare questa esperienza particolare: conoscere da vicino, condividere per alcuni giorni la vita da detenute. E hanno organizzato di tutto: dalle gare sportive, ai lavori artigianali, dalla creazione di braccialetti e collane di perline alla decorazione di magliette e di stoffe, alla festa finale di ferragosto, anticipata, con una sfida alla superstizione, a venerdì 13. Annullate le differenze di età, si sono lasciate tutte, "libere" e detenute, coinvolgere anche nei giochi, in un clima di vera competizione, tra un tifo esagerato, urla, risate, balli, una cena particolarmente ricca  a base di pizza e melone e il ritorno di ognuna nella propria "suite" alle 20.00, dato che la chiusura per l'occasione è stata prolungata di mezz'ora.

Ma che cosa ha spinto tutte queste ragazze a una vacanza così poco "normale"?

 

Come avete deciso di “vivere in carcere” per una settimana, qui da noi alla Giudecca?

  Cristina, insegnante alla scuola materna: Quella del carcere è una realtà poco conosciuta, se ne sente parlare, ma in realtà non se ne sa niente. E' dipinta nel modo più squallido, e invece ho potuto costatare che non è così.

Donatella, laureata in psicologia con una tesi sul carcere: Io l'ho deciso quando Suor Gabriella mi ha chiesto se avrei voluto partecipare a questa "missione". Volevo vedere con i miei occhi questo ambiente, visto che riguarda anche i miei studi. Temevo di scontrarmi con persone dure, prive di sentimenti, ma mi sbagliavo, ho trovato invece tanta disponibilità e oggi, che è l'ultimo giorno, il bilancio è più che positivo.

Patrizia, futura educatrice: Io lavoro come assistente in alcune attività sociali e da tirocinante ho avuto diverse esperienze, seguendo soprattutto i minori e i bambini portatori di handicap. E' una passione che ho sempre avuto, così con Manuela ho voluto conoscere la vita in carcere, e insieme abbiamo preso l'occasione al volo. Questa esperienza mi ha arricchita e mi ha dato un motivo in più per continuare in questa strada.

Manuela: Io frequento una comunità diocesana, e lì sono stata invitata a partecipare a questa settimana in un penitenziario. La curiosità e la voglia di conoscere questo ambiente mi hanno spinta ad accettare.     

Antonella, da Tivoli, studentessa di Scienze dell’Educazione:  Studio Scienze dell’Educazione a Roma, mi mancano pochi esami e sono venuta qui per fare un’esperienza particolare, per conoscere il comportamento, i pensieri e le emozioni di tutte voi. Qui ho colto anche molte  sensazioni di sofferenza e di bisogno, soprattutto, il desiderio forte di rivedere i propri cari.

 

Come immaginavate le donne in carcere, prima di entrare qui?

Manuela: Molto chiuse. Ero spaventata all'idea e con un solo, grande punto di domanda davanti e nessuna certezza. Era tutto un'incognita vera propria. Mi chiedevo: parteciperanno ai giochi che proporremo? alle attività di gruppo, come dipingere magliette o costruire i portafoto? Ho visto che le mie preoccupazioni erano infondate: abbiamo costruito e dipinto tutte assieme, in piena armonia. E abbiamo imparato grazie a voi tante cose, scambiandoci reciprocamente dei bellissimi momenti.

Laura: Sono stata spinta dalla curiosità. C'era chi ci diceva, sentendo cosa stavamo facendo, "Siete matte, che coraggio", proprio perché dal di fuori le carceri sono dipinte nel peggiore dei modi, ma non approfondendo mai la realtà così com'è davvero. Io temevo di trovare un clima ostile, invece no, non è stato così, ho trovato amicizia e ho anche notato che tra voi c'è un sostegno solidale.

Ci sono anche cose che mi hanno un po' stupita, naturalmente: chiedere alle agenti l'asciugacapelli… oppure  "Mi apre la porta"?

Valentina: E’ la seconda volta che che vengo qui. Sono ritornata perché l’esperienza precedente era stata importante, anche per gli studi che faccio: mi sto laureando infatti in giurisprudenza e ho scelto di fare un approfondimento sul Regolamento Penitenziario. Sono venuta quindi spinta anche dalla curiosità e... quale modo migliore c’è per imparare? Dunque, eccomi qui. Quando mi sono trovata all'interno, e la porta mi si è chiusa alle spalle, per un momento mi sono sentita sperduta. Ma dopo poco ho potuto vedere che anche all'interno era tutto "normale". Le idee che ti puoi fare, guardando la televisione, sono così diverse dalla realtà. Poi invece, quando mi sono accorta di essere attorniata dalle ragazze detenute, mi sono sentita a mio agio nel vivere, tutte insieme, queste ore alla pari, senza nessuna discriminazione o privilegio, ma tutte uguali. Naturalmente ho anche percepito il disagio di ognuna di voi, obbligata a vivere qui. Ma vi ammiro perché avete un grande spirito di adattamento e tanta umanità.

 

Suor Gabriella, come riesci a trovare le ragazze che vengono qui?

Noi mandiamo degli inviti a svolgere delle attività durante il periodo estivo, presso le suore di Maria Bambina, che sono in tutta Italia. Chi sceglie di trascorrere una settimana con portatori di handicap, chi con bambini disagiati, chi presso un penitenziario, poi raccogliamo i nominativi delle persone interessate alle diverse attività.

Le ragazze: Noi proveniamo da Milano, Cosenza, Bergamo, Rovereto (Tn), Roma, Tivoli, Conegliano Veneto.

Suor Marianna: E' stata un'emozione reciproca, dettata dal fatto di sentirsi tutte uguali. Situazioni diverse, ma la vita ha per tutti disagi e sofferenze, sia dentro ad un carcere che fuori. Molte volte si può essere fuori, liberissima, ma vivere in una situazione che è come essere in galera.

 

Le ragazze ospiti hanno poi mandato alle donne della Giudecca un messaggio:

 

(…) Ci aspettavamo di trovare un ambiente indifferente o addirittura ostile verso di noi che potevamo essere sentite come presenza intrusiva e portavoce della cultura esterna, impregnata di luoghi comuni e pregiudizi. Invece, per lasciare alle spalle il bagaglio di idee che portavamo con noi, è bastato un semplice incontro, addirittura una canzone per scoprirci persone con la stessa ricchezza interiore e umanità.

…E proprio a partire da quel momento abbiamo cominciato a guardare l'altro per quello che è e non per quello che ha fatto: e così, l'abbiamo visto sorridere e guardarci male, incuriosito e stupito, sereno e triste.

Abbiamo visto l'altro vivere con gioia o essere sofferente ma non l'abbiamo visto indifferente. Abbiamo visto l'altro godere per la libertà e la gioia della festa, abbiamo visto nell'altro la possibilità di sperimentare una libertà tutta interiore, data dal poter esprimere ciò che si prova, si sente e si pensa indipendentemente dal contesto in cui ci si trova.

Abbiamo vissuto la serenità e la complicità dello stare insieme grazie anche alle attività proposte, che richiedevano la collaborazione reciproca, e grazie alle celebrazioni eucaristiche gioiose che hanno rafforzato il clima di unione e condivisione.

Ed è per tutto questo che ringraziamo chi ci ha proposto questa iniziativa e soprattutto le donne che ci hanno fatto vivere questa esperienza di umanità mostrandoci come, seppur nella diversità e unicità di ciascuna, siamo uguali.   

Grazie.                                     

                                                Le ragazze dell'agosto '99

 

A cura di Luisa, Cristina  e Svetlana

 

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