Malato di AIDS suicida a Roma

 

Rebibbia, malato di Aids si uccide con 

la testa nel sacchetto pieno di gas

 

Corriere della Sera, 25 giugno 2003

 

Un nuovo suicidio in carcere. Un detenuto di Rebibbia si è ucciso nella notte tra lunedì e martedì, riempiendo un sacchetto di gas fatto uscire da una bomboletta e poi chiudendosi la testa dentro quel mortale involucro. Si chiamava Gennaro Di Gennaro, aveva 40 anni, era ricoverato nel reparto G14 che funge da infermeria per i malati più gravi.

Di Gennaro era un detenuto sieropositivo, era ammalato, non ce l’ha fatta a resistere dentro quella gabbia di celle bianche che è il G14 di Rebibbia. A dare la notizia è stato ieri il vicepresidente della commissione comunale sul carcere, Eugenio Iafrate, responsabile per Villa Maraini del progetto sulle tossicodipendenze in carcere. Nessun commento dalla struttura, dove ieri il direttore Carmelo Cantone veniva dato come assente e dove erano altrettanto irrintracciabili i suoi sostituti.

Il problema del trattamento degli ammalati, e in particolare degli ammalati di Aids, è una delle questioni più annose che hanno a più riprese focalizzato il dibattito sulla questione dell’incompatibilità tra carcere e malattie gravi. La Consulta permanente penitenziaria del Comune di Roma, attraverso il vicepresidente Eugenio Iafrate, ha espresso ieri "tristezza" per la vicenda ribadendo "le precarie condizioni psico-fisiche dei detenuti negli istituti di pena".

Per Iafrate è "estremamente necessario" il passaggio dalla medicina penitenziaria a quella pubblica del Servizio Sanitario Nazionale. L’associazione dei detenuti "Papillon" ha aggiunto: "Il suicidio di Di Gennaro è l’ennesimo caso di persone che non trovano un sostegno psicologico adeguato e che quindi finiscono in questo brutto modo".

Per Salvatore Bonadonna, capogruppo di Rifondazione comunista alla regione, "i suicidi che si ripetono denunciano che siamo arrivati a un limite che una società civile e democratica non deve potersi permettere". Bonadonna ha poi riproposto la necessità di un atto di clemenza nei confronti dei detenuti.

Lo stesso atto che viene invocato anche dall’assessore regionale Donato Robilotta per il quale "una forma di indulto è assolutamente improcrastinabile, come del resto ha detto anche Papa Giovanni Paolo II". "Mentre al Senato è stato nuovamente affossato l’ indultino - ha detto il deputato dei Verdi Paolo Cento - nelle carceri si continua a morire per suicidio, mancanza di cure sanitarie, sovraffollamento".

 

 

 

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