Dossier: "Morire di carcere"

 

"Morire di carcere": dossier febbraio 2008

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, episodi di overdose

 

Continua il monitoraggio sulle "morti di carcere", che nel mese di febbraio registra 8 nuovi casi: 1 suicidio e 5 morti per cause non accertate e 2 per malattia.

 

Nome e cognome

Età

Data morte

Causa morte

Istituto

Daniele Foti

42 anni

02 febbraio 2008

Non accertata

Siracusa

Gianfranco Buschini

50 anni

03 febbraio 2008

Non accertata

Venezia

Andrea Brigida

29 anni

04 febbraio 2008

Non accertata

Imperia

Giovanni Rondinelli

71 anni

04 febbraio 2008

Non accertata

Catanzaro 

Sandro Di Nisio

35 anni

05 febbraio 2008

Non accertata

Vasto

Giovanni Cataldo

36 anni

10 febbraio 2008

Suicidio

Palermo

Michele Greco

84 anni

13 febbraio 2008

Malattia

Rebibbia (RM)

Vincenzo Parlato

54 anni

24 febbraio 2008

Malattia

Salerno

 

Morte per cause non accertate: 2 febbraio 2008, Carcere di Siracusa

 

Daniele Foti, di 42 anni. "Daniele Foti viene ritrovato privo di vita in cella dagli agenti della Polizia Penitenziaria. Era disteso sulla propria brandina con la pancia in giù e con la testa coperta da un cuscino. Per la sua morte ci sono degli indagati, ma sui loro nomi nulla è dato sapere, poiché il magistrato titolare dell’inchiesta non ha inteso rivelarli. "Un atto dovuto" - si dice alla Procura della Repubblica, dove tutte le bocche restano cucite per garantire il riserbo istruttoria attorno ad una vicenda che presenta numerosi aspetti piuttosto inquietanti. Nessuna indiscrezione è invece circolata sull’ipotesi di reato contestata agli "innominati" indagati.

Non è dato sapere, quindi, se si tratta dei compagni di cella del detenuto trovato morto o se nel mirino sia finito il personale medico della casa circondariale di Cavadonna. "S’indaga in tutte le direzioni", si limita a dire il capo della Procura Roberto Campisi, che si tiene informato costantemente sulla piega delle indagini.

Il magistrato titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Mauela Cavallo, ha intanto convocato per la tarda mattinata di domani nel suo ufficio il medico legale, Francesco Coco per affidargli l’incarico di effettuare l’autopsia sul cadavere del detenuto. Poiché nel registro degli indagati sono stati iscritti dei nominativi, all’appuntamento si dovrebbero presentare anche i medici legali nominati dalle parti. L’autopsia si farà invece nel primo pomeriggio di oggi all’obitorio dell’ospedale "Umberto I".

Anche la famiglia di Daniele Foti, assistita dall’avvocato Paolo Germano, manderà un proprio consulente di medicina legale. I congiunti del detenuto vogliono conoscere le cause che hanno provocato la morte e, quindi, sapere se Daniele Foti sia stato soffocato da qualcuno dei quattro compagni di cella oppure se sia morto per gli omessi soccorsi da parte del medico di servizio quel giorno nella casa circondariale.

A Floridia, dove il detenuto era molto conosciuto, la notizia della sua morte ha provocato rabbia e sgomento. Daniele Foti, che stava espiando una condanna per resistenza ai carabinieri, doveva uscire dal carcere entro il mese di febbraio. (La Sicilia, 4 febbraio 2008)

 

Morte per cause non accertate: 3 febbraio 2008, Carcere di Venezia

 

Gianfranco Buschini, di 50 anni. "Era finito in carcere alla fine di ottobre nell’ambito di un’indagine condotta dalla squadra mobile sul mercato del sesso a pagamento a Marghera. Sette le persone arrestate, insieme a Gianfranco Buschini, 50 anni mestrino e indagate a vario titolo per i reati di sfruttamento della prostituzione, estorsione continuata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’uomo è morto in cella nel carcere di Santa Maria Maggiore molto probabilmente stroncato da un arresto cardiocircolatorio. Il pm Barbara De Munari ha disposto l’autopsia affidando l’incarico al medico legale Antonello Cirnelli. Buschini, insieme alla moglie serba Dragica, di 41 anni, era coinvolto in un giro di lucciole, per lo più serbe e bulgare, sui marciapiedi di via Fratelli Bandiera. Decine gli appartamenti e gli alberghi di Marghera e Mestre passati al setaccio dai poliziotti. Tutto sarebbe iniziato alla fine del 2003, quando alle prostitute nigeriane si sono via via sostituite quelle dell’Est Europa, alcune addirittura minorenni, costrette a prestazioni senza alcuna protezione. (Il Gazzettino, 4 febbraio 2008)

 

Morte per cause non accertate: 4 febbraio 2008, Carcere di Imperia

 

Andrea Brigida, di 29 anni. "Rinchiuso nel carcere di Imperia, viene ritrovato morto nella sua branda, nella cella che condivideva con altri due detenuti. Sono stati proprio i compagni a dare l’allarme agli agenti della polizia Penitenziaria, che hanno avvertito i medici del 118; arrivati sul posto, i sanitari hanno cercato di rianimare il giovane, che era stato colto da infarto. È intervenuta anche un’ambulanza della Croce Bianca imperiese, che lo ha portato in ospedale, dove purtroppo è giunto senza vita. L’anno scorso Brigida era stato condannato a otto anni e dieci mesi di reclusione per tentato omicidio e danneggiamento (il sostituto procuratore ne aveva chiesti 14): nel pomeriggio del 23 luglio 2006, con un coltello da macellaio, tentò di uccidere Luca Savarese (che all’epoca aveva 24 anni) in via Elio Vittorini, sulle alture di Voltri. La sentenza del tribunale di Genova fu severa perché teneva conto del comportamento estremamente violento che Brigida tenne anche all’interno del carcere, dove aggredì numerose guardie e fu sottoposto a lunghi periodi di isolamento. (Secolo XIX, 5 febbraio 2008)

 

Imperia: morto detenuto di 29 anni, un’inchiesta per omicidio

 

È mistero attorno alla morte di Andrea Brigida, 29 anni, genovese, detenuto da circa sette mesi nel carcere di Imperia. Il giovane è morto stroncato da un infarto cardiocircolatorio, ma le circostanze devono essere ancora chiarite sino in fondo. Il sostituto procuratore della Repubblica Maria Paola Marrali ha aperto un fascicolo ipotizzando il reato di omicidio, anche se sul corpo del giovane non sono stati trovati segni di violenza. L’indagine vede impegnati i carabinieri del reparto provinciale del capitano Sergio Pizziconi che ieri, poco dopo le 12, hanno effettuato un lungo sopralluogo all’interno del penitenziario ispezionando la cella e parlando anche con i suoi compagni di detenzione. Sono stati proprio loro, ieri alle 8,45, ad accorgersi che il ventinovenne non dava segni di vita. Stando a un primo riscontro medico legale, il giovane sarebbe morto per un arresto cardiocircolatorio, ma se questo sia stato provocato da un infarto o da altre circostanze resta ancora da chiarire. Per questo motivo la Procura ha già richiesto l’autopsia. Così racconta come sono andati i fatti il direttore del carcere, Angelo Manes: "Il detenuto era a letto e stava dormendo. Si alzava spesso tardi, ma quando, prima dell’ora d’aria, malgrado i ripetuti inviti ad alzarsi, non si è svegliato, abbiamo chiamato il medico. Brigida era sempre incosciente e così lo abbiamo fatto portare in ospedale con un’ambulanza". Il direttore del carcere ha spiegato anche che Andrea Brigida soffriva di alcuni problemi di salute, di tipo cardiaco, che si erano manifestati nel 2007, quando venne sottoposto a un elettrocardiogramma sotto sforzo. In carcere non aveva mai subito minacce da altri detenuti. Non viene esclusa neppure l’ipotesi di un’overdose di farmaci o altre sostanze, anche se nemmeno una settimana fa tutte le celle erano state oggetto di un accurato controllo da parte delle unità cinofile della polizia penitenziaria arrivate da Saluzzo. Il ventinovenne era tutt’altro che una persona sconosciuta alle cronache: era detenuto a Imperia dopo essere stato condannato, con la formula del rito abbrevviato, a otto anni e dieci mesi di reclusione per tentato omicidio e danneggiamento. Nel pomeriggio del 23 luglio 2006, con un coltello da macellaio, tentò di uccidere Lucas Savarese (all’epoca dei fatti ventiquattrenne) in via Vittorini a Voltri. Quel giorno Brigida aveva deciso di vendicarsi della madre d’una ragazza dalla quale sosteneva d’essere stato diffamato. Il giovane era certo che le parole della coetanea avessero indotto la sua ex a lasciarlo. Perciò, in preda a un raptus, si era accanito sulla vettura della madre di lei, prendendola a sprangate. Savarese, la proprietaria della vettura e la figlia di quest’ultima (che di Savarese era la fidanzata), allarmati dai rumori si erano sporti alla finestra osservando Brigida che cercava di demolire l’automobile. E a quel punto era stato proprio Savarese a scendere in strada, convinto di poter far desistere l’altro. Alla sua vista Brigida aveva perso la testa, sfoderando il coltello e colpendo il rivale al torace, facendolo stramazzare a terra, in un lago di sangue. L’aggressione era stata preceduta da esplicite minacce di morte. (Secolo XIX, 6 febbraio 2008)

 

Morte per cause non accertate: 4 febbraio 2008, Catanzaro (domiciliari)

 

Giovanni Rondinelli, di 71 anni. Detenuto ai domiciliari, viene trovato morto i carabinieri nel corso dei controlli legati alla sua detenzione. Il fatto è accaduto a Botricello, nel Catanzarese. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, i carabinieri hanno bussato alla porta, poco prima delle 4 del mattino, per un controllo, ma nessuno ha aperto. Dopo alcuni minuti i carabinieri hanno deciso di sfondare la porta d’ingresso dell’abitazione ed hanno troncato il Rondinelli senza vita. L’uomo il 22 novembre del 1999 aveva ucciso la moglie a colpi di pistola, mentre si trovavano nella loro abitazione, in località Fieri, nel territorio del comune di Belcastro. Rondinelli per questo delitto era stato processato e condannato a quattordici anni e due mesi di reclusione. Fin da subito, però, l’uomo ottenne il beneficio degli arresti domiciliari a causa delle sue condizioni di salute, giudicate incompatibili con il regime carcerario. Il sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro di turno la scorsa notte, Cristina Tettamanti, ha disposto l’esame autoptico sul cadavere di Rondinelli, che viveva da solo, per chiarire ogni eventuale dubbio sulle cause del decesso dell’uomo, anche se dai primi accertamenti effettuati dai medici del 118 si tratterebbe di cause naturali. (Quotidiano di Calabria, 6 febbraio 2008)

 

Morte per cause non accertate: 05 febbraio 2008, Carcere di Vasto

 

Sandro Di Nisio, 35 anni, muore in cella. L’autopsia da risposte sconcertanti. L’uomo, infatti, secondo la ricostruzione dell’anatomopatologo Ivan Melasecca, non si sarebbe suicidato, ma sarebbe morto "per errore". Ha sbagliato un procedimento, mentre si drogava. L’esito dell’autopsia è stato consegnato al magistrato della Procura di Vasto che ha aperto un’inchiesta sulla morte del giovane. Di Nisio avrebbe perso la vita per un banale errore di calcolo, nel tentativo di sniffare gas dal fornellino utilizzato all’interno della cella in dotazione ai detenuti per scaldare le vivande. Questa sarebbe una tecnica abbastanza diffusa tra i tossicodipendenti che, in crisi di astinenza da sostanze stupefacenti, pare riescano a soddisfare i loro bisogni inalando gas e poi infilando la testa in una busta di plastica. Di Nisio sarebbe svenuto mentre aveva il sacchetto in testa, non riuscendo poi a riprendersi. A trovarlo senza vita erano stati gli agenti della polizia penitenziaria i cui tentativi di soccorso erano stati vani. Le indagini sono affidate al sostituto procuratore della repubblica di Vasto, Anna Rita Mantini. (www.primadanoi.it, 13 febbraio 2008)

 

Suicidio: 10 febbraio 2008, Carcere di Palermo

 

Giovanni Cataldo, di 36 anni. Si suicida in carcere impiccandosi con un lenzuolo. Era stato arrestato il 25 gennaio dello scorso anno per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione "Occidente". L’uomo era detenuto nel carcere Pagliarelli. Proprio venerdì era iniziato al processo con il rito abbreviato nei suoi confronti e la procura di Palermo aveva depositato dichiarazioni del pentito Gaspare Pulizzi con accuse nei suoi confronti.

Cataldo, classe 1972, era in regime di carcerazione preventiva a seguito dell’ordinanza di custodia cautelare del 24 gennaio 2007, con la quale sono stati emessi i provvedimenti di arresto per 50 presunti mafiosi e favoreggiatori. Tra questi il latitante Salvatore Lo Piccolo (arrestato in seguito lo scorso 5 novembre) considerato il successore di Bernardo Provenzano. L’accusa per l’imprenditore edile Giovanni Cataldo, riportata nell’ordinanza di cui sopra era la seguente: "Alla luce di quanto sopra esposto, è possibile individuare in Giovanni Cataldo uno degli imprenditori le cui imprese edili erano nella piena ed assoluta disponibilità dei Pipitone e di Cosa Nostra di Carini. Una persona dotata di un alto profilo criminale, e di rilevanti collegamenti con tutte le figure apicali della famiglia mafiosa di Carini". (Apcom, 11 febbraio 2008)

 

Malattia: 13 febbraio 2008, Carcere di Rebibbia (Roma)

 

Michele Greco, di 84 anni. "Il boss mafioso Michele Greco è morto oggi in una clinica di Roma. Il capomafia era detenuto a Rebibbia dove stava scontando alcuni ergastoli definitivi. Era soprannominato "Il Papa" per la sua abilità a mediare tra le varie famiglie mafiose. Il boss viene arrestato il 20 febbraio 1986 e partecipa anch’egli al maxi-processo che era iniziato dieci giorni prima. Greco è principalmente accusato dell’omicidio del magistrato antimafia Rocco Chinnici, delle sue due guardie del corpo e di un civile, tutti uccisi nel 1983 da un autobomba. Greco si difende per lo più vantandosi delle illustri persone che invitava nella sua tenuta includendo anche i capi di polizia, e il precedente procuratore. Ammise che Stefano Bontade ha spesso cacciato nella sua tenuta e dice che erano insieme giorni prima del suo omicidio. Alla fine del processo il 16 dicembre 1987 all’età di 63 anni fu ritenuto colpevole dei 4 omicidi e condannato all’ergastolo. (Ansa, 13 febbraio 2008)

 

Malattia: 24 febbraio 2008, Carcere di Salerno

 

Vincenzo Parlato, di 54 anni. "È morto in cella Vincenzo Parlato, personaggio di spicco della malavita sarnese. Era in attesa di un processo per associazione a delinquere di stampo camorristico, doveva andare in aula il prossimo sei marzo. Invece l’ha ucciso un infarto. Inutile per lui il ricovero all’ospedale di Salerno. Ora, si attende l’esito dell’esame autoptico che è stato disposto dai procuratori salernitani prima dei funerali, anche se non ci dovrebbero essere dubbi sul malore che non gli ha dato scampo nonostante il pronto intervento dei sanitari che hanno tentato di strapparlo alla morte.

Nel carcere di Fuorni, Vincenzo Parlato, fratello del boss Luigi, era stato relegato dopo un arresto per estorsione, scattato tre anni fa. Secondo l’accusa, allora, il 54enne di Sarno, assieme ad altri esponenti di spicco dell’organizzazione criminale stava prendendo potere in tutta la zona dell’agro, specialmente dove un tempo era presente il clan Serino. Il suo nome finì nel registro degli indagati anche per presunte estorsioni nell’ambito della ricostruzione di Sarno all’indomani della tragica frana che inghiottì Sarno, Lavorate e Quindici, ma nel 2001 fu praticamente ritenuto estraneo alle accuse. Nel 2004 rimase vittima di un agguato all’interno di un bar ad Episcopio. Rimase ferito allo zigomo e a una spalle, poi riuscì a ristabilirsi. Aveva annunciato la sua volontà di chiudere con il suo passato, di voler cambiare vita. Ma non c’è riuscito, sabato notte, un infarto ha messo fine ai suoi giorni.

 

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