Dossier: "Morire di carcere"

 

Morire di carcere: dossier 2002 - 2003

Suicidi, assistenza sanitaria disastrata, morti per cause non chiare, overdose

 

L’impegnativa al Governo approvata dal Senato il 5 giugno 2002

 

Senato Della Repubblica - XIV Legislatura - mercoledì 5 giugno 2002

 

Presidenza del vice presidente Fisichella, indi del vice presidente Calderoli
Malabarba, Sodano, Malentacchi, Togni, Battaglia Giovanni, Battisti, Boco, Calvi, Flammia, Gaglione, Liguori, Longhi, Passigli, Ripamonti, Zancan

 

il Senato, premesso

 

(…) che si legge nella ricerca effettuata dall’associazione "A Buon Diritto - Associazione per le libertà", pubblicata dal quotidiano "la Repubblica" in data 20 maggio 2002, che in carcere ci si suicida ben 19 volte in più che all’esterno: si sono verificati 70 suicidi nel 2001 e 65 nel 2000, oltre 6.000 sono gli atti di autolesionismo.

Si legge sempre nella ricerca che "contrariamente a ciò che vorrebbe un diffuso luogo comune, non è affatto vero in genere che più si è disperati più ci si suicida. Non è così, come documentano tutte le ricerche in materia: tra i malati gravi, quelli irreversibili e quelli terminali, la percentuale di suicidi è assai ridotta e, più spesso, pressoché irrisoria. E su un altro piano, nei paesi dove è in vigore la pena capitale, il fenomeno dei suicidi tra i condannati a morte non ha alcuna rilevanza statistica".

In carcere invece ci si suicida molto di più che in qualsiasi altro contesto; in base ai dati che emergono dalla ricerca si legge che:

si uccide chi conosce il proprio destino e ne teme l’ineluttabilità;

si ammazza, in misura appena meno rilevante, chi non ha la minima idea del proprio destino e ne teme l’imprevedibilità.

Dunque il maggior numero di suicidi si concentra tra i detenuti che scontano condanne definitive (57) e tra coloro che si trovano in custodia cautelare, in attesa di rinvio a giudizio o, se rinviati, in attesa della sentenza di primo grado (48). Questi ultimi, pertanto, sono sotto tutti i profili presunti innocenti, all’atto del suicidio. Si può dire, allora, che tra i "nuovi giunti" il rischio di suicidio è particolarmente elevato. Se consideriamo la durata della permanenza in carcere precedente il suicidio, troviamo che quasi il 55% dei detenuti si toglie la vita nei primi 6 mesi di reclusione e quasi il 64% nel corso del primo anno.

E ancora: sul complesso dei suicidi avvenuti in carcere negli ultimi due anni, una percentuale significativa riguarda detenuti per reati legati alla tossicodipendenza; un certo numero di suicidi (circa un quinto) riguarda persone recluse per reati di ridotto rilievo penale e sociale (ricettazione e concorso in ricettazione, rissa aggravata, danneggiamenti, diserzione, maltrattamenti in famiglia, furto, guida senza patente, evasione fiscale, inosservanza degli obblighi di pubblica sicurezza, eccetera); e appena più di un terzo dei suicidi riguarda detenuti per reati di particolare allarme sociale (omicidio, tentato omicidio, rapina aggravata, associazione mafiosa, stupro e violenza sessuale, etc.).

 

(…) che il carcere deve, per mandato costituzionale, tendere alla rieducazione del condannato

 

impegna il Governo

 

a dare piena attuazione a quanto previsto nella legge 193/2000 sul lavoro in carcere, nel decreto legislativo n. 230/99 sulla sanità penitenziaria, nella legge 8 marzo del 2001, n° 40, intitolata "Misure alternative alla detenzione a tutela del rapporto tra detenute e figli minori", nel decreto del Presidente della Repubblica n° 230 del 30.06.2000, "Nuovo regolamento di esecuzione";

ad attivare meccanismi di formazione e sensibilizzazione del personale di polizia penitenziaria sulle tematiche dei diritti umani che possano essere di contrasto a comportamenti violenti o indifferenti;

ad incentivare le attività di trattamento e aumentare il numero degli operatori dell’area pedagogica;

a favorire il rapporto fra istituzioni penali e enti locali territoriali e accrescere il numero di volontari in carcere;

ad aumentare il numero delle ore di aria e di socialità in carcere;

ad intraprendere ogni iniziativa utile perché l’isolamento sia utilizzato in casi assolutamente eccezionali;

a sostenere le politiche di decarcerizzazione e di accesso alle misure alternative;

a dare il consenso alla pubblicazione del rapporto del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura relativamente alla visita ispettiva del febbraio del 2000.

 

 

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