Poveri, tossici e disoccupati

 

La popolazione carceraria: poveri, tossici e disoccupati

 

Liberazione, 15 agosto 2002

 

I dati statistici sulla composizione sociale delle carceri italiane evidenziano come queste siano essenzialmente abitate dal sottoproletariato metropolitano. I dati aggiornati al 30 giugno 2002 parlano di 56.277 detenuti contro i 42.000 posti regolamentari.

Le carceri italiane ospitano ben 14mila persone in più rispetto ai posti letto a disposizione. Se poi si pensa che i tre quarti dell'intera popolazione reclusa provengono da Paesi stranieri e da sole 4 regioni meridionali italiane si intuisce che il sistema di selezione dei "criminali" è palesemente di classe. I detenuti lavoranti nelle carceri italiane sono il 25%. Il restante 75% non lavora e non guadagna. Molti di quelli che lavorano svolgono lavori a rotazione: un'ora al giorno, un giorno a settimana, una settimana al mese. Pochi soldi utili a comprare le sigarette. I lavori dentro le carceri sono spesso dequalificati; si continua a chiamare scopino chi fa le pulizie o spesino chi si occupa delle vettovaglie.

Senza una prospettiva di lavoro all'esterno non si esce dal carcere e non si accede alle misure alternative. Esistono norme che riducono il costo del lavoro della popolazione detenuta, ma i risultati in termini di nuova occupazione sono ben poco visibili. Nel frattempo nelle carceri cresce la disperazione. Il garantismo di classe dei nostri governanti non si fa carico di persone disorientate e maltrattate dalla galera. Nei giorni scorsi un signore albanese appena uscito dalla porta carraia del carcere di Benevento, dove l'aspettavano moglie e figlio, ha tentato di ammazzarsi sgozzandosi con una lametta in quanto lo attendeva anche una pattuglia della polizia per accompagnarlo alla frontiera. Una storia di disperazione come molte altre che arrivano dalle patrie galere.

Il 7 agosto un detenuto handicappato che viveva sulla sedia a rotelle si è ammazzato nel centro clinico di Bari. Stefano Surace non è l'unico settantenne a essere in prigione. A Rebibbia penale vi è un gentile e simpatico signore di settantatre anni dentro per truffe e assegni a vuoto. E di anni da scontare ne ha ancora molti. La pena così perde senso e si riduce la fiducia nella giustizia. Nel frattempo attendiamo la sentenza sui pestaggi di Sassari di due anni fa.

 

Precedente Home Su Successiva