Dal carcere di Tempio Pausania

 

"Noi detenuti, senza acqua e senza un medico"

La vita dentro il penitenziario tempiese raccontata da un giovane carcerato

 

L'Unione Sarda, 5 settembre 2002

 

"Finché c’è acqua c’è speranza", scrive un giovane marocchino da una cella della Rotonda. Già, pare che i detenuti non possano fare più di due docce alla settimana - mesi estivi compresi - purché non arrivino tardi.
L’unico boiler è insufficiente per garantire l’acqua calda ai 45 ospiti delle patrie galere tempiesi. L’assistenza medica dura quattro ore e farsi male fuori da questo lasso temporale significa ritardare di un giorno le cure. I detenuti lamentano l’assenza di un educatore, di uno psicologo, di un assistente sociale, di una figura professionale, insomma, che possa parlare loro di recupero o, semplicemente, sostenerli sotto l’aspetto morale. Argomenti trattati più volte che danno l’idea del degrado del carcere. Ma non è finita.
Nella cucina dei detenuti, sistemata sotto i servizi igienici piove acqua: dal piatto della doccia al piatto della pasta. Tanta è consolidata l’abitudine alla negazione del decoro, che nessuno sembra quasi farci caso.

Sulle pareti, gli affreschi colorati dell’umidità rassomigliano a paesaggi primaverili. Unica consolazione, il trattamento anti ratti di qualche tempo fa che ha risolto, almeno per un po’, il problema di una compagnia troppo invadente. Per il resto sarebbe preferibile sorvolare. Il sovraffollamento, gli impianti tecnologici (senza ironia, si chiamano così) che non funzionano, il personale che fa i salti mortali per gestire una situazione esplosiva, la promiscuità esagerata (i bisogni fisiologici da espletare in compagnia), la mancanza di uno spazio all’aperto per la classica ora d’aria, il freddo polare d’inverno e via a seguire.
Ma cosa chiedere a un edificio la cui costruzione è stata avviata in contemporanea con l’unità d’Italia e che è stato ultimato sul finire degli anni Venti? Niente, solo che venga dismesso. E che nello stesso tempo si cominci a lavorare per il nuovo penitenziario. "Project financing" o intervento diretto del ministero, qualcosa bisognerà pur fare.

Lo chiedono tutti, detenuti, agenti, magistrati, stanchi di vedere disattese le loro richieste spesso trasformate in promesse mai mantenute. Da poco, le tre celle riservate all’isolamento sono state chiuse, dichiarate inagibili per via dell’umidità. Nell’isolamento, questo sì, totale e assoluto, c’è rimasto l’intero edificio.

 

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