Ex detenuti in Parlamento

 

Se il Parlamento non si occupa di loro

i detenuti (gli ex) vanno al Parlamento

 

Liberazione, 1 agosto 2003

 

Se il Parlamento non si occupa di loro, i detenuti (gli ex) vanno al Parlamento. Così è stato ieri a mezzogiorno, nel terzo giorno dello sciopero della fame nelle carceri italiane, i detenuti sono arrivati a Palazzo Madama. Sostenuti dal gruppo di Rifondazione comunista hanno consegnato ai parlamentari i loro drammi, documentati e raccolti in un cd-rom girato all’interno dell’infermeria del carcere dall’associazione culturale Papillon-Rebibbia. Un documento che non lascia spazio ad equivoci: di carcere si muore. Ogni giorno che passa porta con sé cattive notizie dal pianeta penitenziario, dove i detenuti sono 58.000 di cui 56.000 uomini e 2.000 donne. I tossicodipendenti sono più di un terzo: 20.000 in tutto. Gli stranieri arrivano a 17.500 e i malati di Aids sono 5.000. Si contano 10.500 reclusi affetti da epatite virale cronica Hcv e Hbv.

In questo quadro da "emergenza umanitaria" l’assistenza sanitaria è in condizioni precarie sia per il sovraffollamento sia per i notevoli tagli effettuati dalla Finanziaria 2002 per la spesa sanitaria. Diciamo che le modalità di cura e l’eventuale stato di salute, in carcere non dipende tanto dal medico e dalle patologie evidenti, ma dalla discrezionalità del giudice: "Il metodo lo conosciamo benissimo noi malati, è sbrigativo, efficace, giustificato dal principio della preservazione, delegata alla magistratura", denunciano autori e attori del cd-rom distribuito ieri a Palazzo Madama. "Un’iniziativa volta a ricordare, nel giorno in cui dovrebbe finalmente essere approvata al Senato la legge sull’indultino, le pessime condizioni delle carceri italiane", ha commentato il senatore di Rifondazione comunista Gigi Malabarba.

"Questo lavoro è una testimonianza reale e drammatica della situazione sanitaria nelle carceri italiane", hanno ribadito gli ex detenuti ricordando che "da tre giorni i detenuti di Rebibbia e di un’altra decina di carceri stanno facendo lo sciopero della fame". I motivi della protesta li lasciamo raccontare ai diretti interessati, attraverso le testimonianze raccolte nel cd-rom dal titolo "Uno sguardo sulla sanità in carcere": M. S. sieropositivo, 36 linfociti CD4, eroicamente e dignitosamente si trascina, cercando di nascondere la sua stanchezza, è rassegnato al suo prossimo destino. M. G., 86 linfociti, giovanissimo, armato della sua tenacia, non vuole morire, specialmente in un carcere. Era agli arresti domiciliari, un definitivo lo ha riportato qui. S. C. sdrammatizza, sostiene che si può morire anche cadendo da cavallo, poi ci pensa, lui a cavallo non ci va. R. G. non è sieropositivo, ma sta perdendo un occhio, tre ospedali con le scuse del caso, lo rispediscono puntualmente al mittente, non vogliono pazienti detenuti. Salva l’estetica, curata l’immagine. Poi è la volta di Nonno F., la sua cartella clinica è colma delle più variegate patologie: grave insufficienza respiratoria, polmoni andati, 70 anni mal portati. È detenuto per un definitivo risalente ad alcuni anni fa, piccole truffe. Non può più firmare un assegno è anche un Alzheimer. A. N.. lui si può ritenere fortunato. Nella cattiva sorte solo 200 linfociti. Una volta gli hanno fatto credere anche in un’involuzione della malattia, ha sperato. È stato un abile raggiro quello di aumentargli i linfociti, respingendogli un’istanza e la famiglia che lo reclamava.

 

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