Pisa: trentenne muore in carcere

 

Trentenne muore in carcere
Don Bosco: terza settimana di sciopero dei detenuti

 

Il Tirreno, 24 settembre 2002


Un detenuto di trent'anni è morto ieri mattina al carcere Don Bosco. Si chiamava Adolfo Nocchi ed era giunto a Pisa da poco, dal carcere di Livorno. A stroncarlo, pare nel sonno, sarebbe stato un infarto. La salma però è stata composta all'istituto di medicina legale dell'università a disposizione dell'autorità giudiziaria. Sarà sottoposta ad autopsia. La scomparsa è avvenuta ieri mattina: i medici del centro clinico, chiamati nella cella del giovane livornese, non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso.

Il giovane, un passato purtroppo legato alla tossicodipendenza, potrebbe avere avuto un malessere culminato nell'attacco cardiaco che ha posto fine alla sua esistenza. È stata quindi disposta la rimozione del corpo, che è stato portato fuori dal carcere dai volontari della Pubblica assistenza, all'obitorio del Santa Chiara. Sarà l'esame legale a dare una risposta definitiva su quel che può essere accaduto.
Intanto in carcere prosegue, come in tutta Italia, una pacifica protesta da parte dei detenuti. La protesta dei reclusi è già iniziata due settimane fa. La prima settimana è stata dedicata allo sciopero della fame, la seconda, anche più dura, ha riguardato l'astensione dall'aria: i detenuti che hanno voluto aderire hanno fatto meno del piccolo spazio riservato all'unico momento in cui possono uscire in cortile. Una limitazione forte. Ma la più forte forse è iniziata da ieri e riguarda un inedito sciopero della tv che si protrarrà fino a domenica. Lo annunciano i detenuti in un loro documento che ci hanno fatto pervenire.

«La televisione in carcere - osservano nel loro intervento gli ospiti del Don Bosco - è importate come il pane: qualche detenuto ha protestato che avrebbe preferito lo sciopero della fame alla rinuncia al televisore. Proprio per questo si è decisa una testimonianza non solo pacifica e mite, ma capace di esprimere il bisogno di comunicazione e di dignità che anima le carceri. "Hanno anche la televisione": è la frase pigramente ripetuta da chi non riesce ad immaginate una totale privazione e mortificazione umana qual è quella della reclusione, e immagina ancora che una tv sia un lusso. Il digiuno televisivo, che può ancora apparire come una stravaganza, diventerà forse una forma importante di obiezione civile anche per chi è a piede e sguardo libero».

 

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