Il "caso" di Marcello Lonzi

 

Lettera di Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi, a Sergio Segio

 

Sono Maria Ciuffi, la madre di Marcello Lonzi, deceduto nel carcere Le Sughere di Livorno l’11.7.2003. Innanzitutto grazie per la vostra solidarietà. Vorrei rispondere alle domande che lei ha posto al Ministro Castelli, risposte che non arriveranno mai e anche se fosse, non giuste.

Marcello al suo ingresso nel carcere aveva solo una piccola ferita al labbro e un ematoma al ginocchio sinistro. Al momento del suo arresto era sopra ad un’impalcatura; un agente della polizia per portarlo giù si strappò la giacca della divisa e Marcello fu picchiato.

L’interrogazione parlamentare di Giuliano Pisapia, presentata il 6 ottobre 2003 nella seduta n. 368, il Ministro Castelli risponde: "Lonzi entra nel carcere con una ferita lacero contusa al labbro, lividi alle cosce". Ma si è dimenticato di dire a tutti i parlamentari che hanno fatto interrogazioni che questo accadeva il 3.1.2003 e che lo stesso medico legale riscontra al ginocchio sinistro una cicatrice di vecchia data.

Mentre il GIP archivia il caso, c’è al governo qualcuno che possa dirmi perché mio figlio è morto? Perché tutte quelle botte?

Lo stesso medico legale parla di una ferita alla testa profonda fino all’osso, mandibola sx fratturata, costa sx fratturata, un segno di agopuntura esterna alla faccia laterale sx, ecchimosi in tutto il corpo, per non parlare poi della schiena. Il medico legale Bassi Luciani conclude così: "Lonzi è morto da stress"... "o morte dovuta a causa naturale"... poi ancora "Infarto".

Ma si sono dimenticati dentro il carcere che mio figlio era stato sottoposto a diverse visite mediche e loro stessi scrivono "il detenuto durante il periodo trascorso in carcere è stato sottoposto a diverse visite mediche che non hanno mai evidenziato patologie dell’apparato cardiocircolatorio".

Il caso Lonzi non è chiuso fino a quando io non saprò la verità. Mio figlio è morto; ho sempre detto alla stampa che non era un santo, ma non meritava di morire. Avevo solo lui e se la legge esiste ancora, perché ora ho dei dubbi, venga fuori la verità. Sapevo che avrebbero insabbiato, ma speravo nella giustizia ma mi sono sbagliata. La giustizia funziona solo contro i poveri perché sono loro che finiscono in carcere, loro che muoiono e i poveri detenuti non parlano perché sanno che potrebbero fare la stessa fine di Marcello.

Come mamma ho il diritto di sapere come è morto mio figlio. Lo Stato mi deve almeno questo e non raccontarmi balle, che ne ho già sentite abbastanza. Perché non è stata riesumata la salma? Cosa c’è ancora da scoprire?

Se questa è la giustizia italiana e lo Stato chiude gli occhi davanti a queste morti sospette, io mi vergogno di essere italiana perché il mio dolore è indifferente a coloro che siedono su quelle poltrone. Un grazie a tutti coloro che mi sono stati vicini.

 

Maria Ciuffi - Pisa, 27 dicembre 2004

 

 

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