Il "caso" di Marcello Lonzi

 

Cronaca del "caso" di Marcello Lonzi

 

11 luglio 2003

Marcello Lonzi, 29 anni, muore nel carcere di Livorno. Secondo l’autopsia la morte sarebbe avvenuta per cause naturali (arresto cardiaco). Ma Maria Ciuffi, madre di Marcello, ritiene sia conseguente ad un violento pestaggio, presenta una denuncia e il pm Roberto Pennisi apre un fascicolo, contro ignoti, per omicidio.

22 settembre 2003

Maria Ciuffi si presenta al consiglio comunale di Livorno per chiedere ai capigruppo dell’assemblea il loro appoggio e il loro aiuto per fare luce sulle cause del decesso di Marcello.

6 ottobre 2003

L’Onorevole Giuliano Pisapia presenta un’interrogazione al Ministro della Giustizia Castelli chiedendo "se non intenda adottare le opportune iniziative, affinché sia istituita una commissione ministeriale per chiarire le eventuali responsabilità amministrative connesse con la morte del detenuto..."

12 novembre 2003

Maurizio Turco (presidente dei deputati europei radicali) e Sergio D’Elia (segretario nazionale dell’associazione "Nessuno tocchi Caino") visitano la sezione del carcere dove è morto Marcello.

17 novembre 2003

La madre di Marcello Lonzi scrive un’accorata lettera al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, nella quale scrive: "...ho paura che prevalga la volontà di nascondere la verità..."

11 giugno 2004

Maria Ciuffi si costituisce come parte offesa nel procedimento (a carico di ignoti) per la morte di suo figlio Marcello Lonzi. Tramite il suo avvocato si riserva di chiedere la riesumazione del corpo, per farlo sottoporre a nuove perizie.

1 luglio 2004

Il pm Roberto Pennisi avanza richiesta di archiviazione del procedimento (per omicidio), aperto contro ignoti, sulla morte di Marcello Lonzi. Secondo il pm Marcello sarebbe morto per un infarto, dovuto a "cause naturali".

23 luglio 2004

Maria Ciuffi si oppone alla richiesta di archiviazione, chiedendo un supplemento di indagine, a partire da alcune fotografie del cadavere di Marcello Lonzi. "In quelle foto - spiega l’avvocato Vittorio Trupiano - ci sono i segni di vere e proprie vergate, striature viola sulla pelle gonfia e rialzata... ecchimosi che possono essere state fatte solo con un bastone, un manganello. Certo, non sono i segni di una caduta".

8 settembre 2004

Il gip del Tribunale di Livorno, Rinaldo Merani, respinge la richiesta di archiviazione, avanzata dal Pm Roberto Pennisi, e fissa per il 10 dicembre l’udienza preliminare, durante la quale il caso sarà discusso.

20 settembre 2004

Il Capogruppo dei Verdi Paolo Cento rivolge un’interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia sull’utilizzo delle cosiddette "celle lisce" nel carcere "Le Sughere" di Livorno.

23 settembre 2004

Ventiquattro detenuti del carcere di Livorno (che si firmano con nome e cognome), scrivono: "Siamo tutti sotto choc per quanto sta accadendo da quattro mesi a questa parte. Abbiamo paura anche di andare ai colloqui con i familiari, perché non sappiamo mai cosa possa accadere".

10 dicembre 2004

Il pm Roberto Pennisi - che ha chiesto l’archiviazione del caso - dichiara davanti al gip Rinaldo Merani che tutti gli atti di indagine "doverosamente eseguiti a seguito del fatto" sono valsi "a escludere ipotesi diverse da quelle che riconducono la morte del Lonzi a cause naturali".

10 dicembre 2004

Il giudice delle udienze preliminari, Rinaldo Merani, accoglie la richiesta di archiviazione presentata del pm Roberto Pennisi.

12 gennaio 2006

Maria Ciuffi denuncia il pm di Livorno Roberto Pennisi (magistrato di turno la notte del decesso), il medico legale Bassi Luciani (che eseguì l’autopsia) e un agente di polizia penitenziaria il cui nome non risulta chiaro negli atti (Giudice Nicola o Nobile Nicola). All'udienza, davanti al gip di Genova, dott. Fenizia, viene presentata una contro perizia medico - legale. Il gip si riserva di decidere se dare seguito alla denuncia, oppure se archiviarla.

28 gennaio 2006

Il gip di Genova archivia la denuncia di Maria Ciuffi, ma allo stesso tempo prende atto che la contro-perizia contiene elementi che potrebbero "avere una qualche rilevanza ai fini della riapertura delle indagini, a norma dell’articolo 414 del codice penale".

28 agosto 2006

Riaperto il caso della morte di Marcello Lonzi. Il risultato si deve soprattutto all'impegno della madre, Maria Ciuffi, che non si è mai data per vinta ed ha promosso anche una colletta per il pagamento delle spese legali raccogliendo 5.000 euro.

31 ottobre 2006

Il corpo di Marcello Lonzi viene riesumato per essere sottoposto ad una nuova perizia medico-legale. Alcune ferite non sono compatibili con la versione ufficiale della sua morte: arresto cardiaco per "cause naturali".

11 luglio 2007 A quattro anni dalla morte la madre di Marcello continua a chiedere giustizia: "Sono tornata qui anche oggi. E tornerò fino a quando riuscirò a camminare. Voglio sapere la verità su come è morto mio figlio". È arrivata davanti al carcere delle Sughere circondata da amici e conoscenti Maria Ciuffi, la madre di Marcello Lonzi, il detenuto che nel luglio di 4 anni fa fu trovato senza vita a 29 anni, nella cella dove scontava una breve condanna.

11 luglio 2003: la sera della morte di Marcello Lonzi

 

Il Tirreno, 11 dicembre 2004

 

La morte di Marcello Lonzi - si legge nell’autopsia - sarebbe stata "istantanea" ma in un arco di tempo collocabile "tra le 19.50 e le 20.14". Le 19.50 sono anche l’orario del decesso come indicato sul certificato di morte. Eppure, esaminando le testimonianze negli atti del fascicolo relativo al caso, le ricostruzioni della vicenda che si susseguono scandiscono una cronologia dei fatti che apre una serie di interrogativi. La scena del fatto è quella fotografata dai carabinieri quella maledetta notte dell’11 luglio 2003: il corpo di Marcello è riverso sul pavimento tra la cella numero 21, sezione sesta, padiglione "D" delle Sughere e il corridoio. La sua testa ostruisce la chiusura della porta. Tutto intorno sangue, sotto il cadavere e anche fuori dalla porta. In gocce o in strisciate circolari dai contorni netti.

 

Stava bene

 

L’ultima volta che qualcuno vede il giovane Lonzi in vita e "in buone condizioni di salute" (deposizione di un agente di custodia davanti al Pm Roberto Pennisi datata 12 luglio) l’orologio segna le 19.40. A parlare è un detenuto lavorante che stava rientrando dalla doccia al quale Marcello offre un caffè dalle sbarre della porta della cella. Nella quale, oltre a Marcello, c’era un altro detenuto che dormiva (deposizione dell’agente al Pm).

L’agente accompagna il lavorante poi si attarda - testimonia - "a parlare con vari detenuti". Si sono fatte le 19.50, dieci minuti in tutto da quando Marcello Lonzi ha preparato un caffè e lo ha offerto.

 

L’allarme

 

L’agente comincia a sentire chiamare con insistenza "appuntato, appuntato" e si affretta verso la cella 21 dalla quale il richiamo - spiega - proveniva. Qui trova Marcello Lonzi "prono, completamente disteso per terra, con la testa in corrispondenza dell’inferriata". Accanto a lui il compagno di detenzione lo chiama e lo scuote "senza ottenere risposta".

L’agente testimonierà al Pm: "Lonzi appariva esanime. Sotto la sua testa si era formata una piccola pozza di sangue. A quel punto ho subito dato l’allarme" chiamando il medico di guardia e i propri superiori. Sull’ora della morte del giovane il superiore dell’agente riferirà ai carabinieri arrivati sul posto insieme al magistrato che il decesso "si è verificato tra le 19.45 e le 19.50".

In cinque - dieci minuti al massimo da quando è stato visto per l’ultima volta "in buone condizioni di salute" Marcello avrebbe avuto - lo spiega nell’autopsia il medico legale - "un’aritmia maligna instauratasi su una ipertrofia ventricolare sinistra". Fulminato, Lonzi avrebbe perso conoscenza e sarebbe caduto andando a sbattere "contro lo stipite della porta della cella".

 

La ferita

 

Una morte "istantanea" che procurerà al giovane (verbale dei carabinieri delle 23.55) "una ferita lacero - contusa in sede frontale sinistra che si approfonda quasi fino al piano osseo. Dalla quale è fuoriuscita e continua a fuoriuscire abbondante quantità di sangue".

La testimonianza del compagno di cella del giovane Lonzi disegna, però, un altro scenario: "Mi sono svegliato all’improvviso perché ho sentito uno strano rumore - si legge nelle dichiarazioni rese al Pm -.

Quando sono stato in grado di connettere ho visto Marcello steso bocconi per terra, fermo. Mi sono accovacciato vicino a lui chiamandolo e dandogli pizzicotti sulle guance perché si riprendesse. In tale frangente ho visto che emetteva strani gemiti che non so ben descrivere ma che mi hanno spaventato perché erano fuori del normale, di tipo lamentoso, ai quali accompagnava un leggero movimento del capo". La testa di Marcello, in questo racconto, era "quasi sotto il termosifone", in prossimità del cancello di ingresso.

 

Le telefonate

 

Tredici minuti dopo (20.03.07) la centrale del 118 registra una telefonata: dalle Sughere chiedono un’ambulanza con urgenza perché "c’è un detenuto che è disteso per terra e perde molto sangue". La chiamata si ripete alle 20.13.55: dalle Sughere mettono fretta e dalla centrale rispondono: "È partita quando avete chiamato".

La voce dal carcere insiste: "Mi hanno detto che c’è la cella piena di sangue". Sangue che resta invisibile all’ispettrice che alle 20.15 informa il suo superiore (rapporto dello stesso al direttore del carcere) che "il detenuto Lonzi doveva essere immediatamente tradotto presso il locale Pronto soccorso perché colpito da una crisi cardiocircolatoria intorno alle 19.50".

L’associazione di volontariato che invia sul posto l’ambulanza spiegherà di aver catalogato la chiamata del 118 alle 20.10 su carta e alle 20.20 su computer (dichiarazione del direttore). L’ispettrice, nel verbale di informazione al comandante del reparto, dichiarerà: "Il personale del 118 entrava in istituto alle 20.15".

Nel frattempo sul corpo del povero Marcello si adopera, con manovre rianimatorie, il personale sanitario del carcere. Lo faranno per mezz’ora (referto del medico del 118 a bordo dell’ambulanza) sul corpo che resta "per gran parte all’interno della cella con il solo capo fuoriuscente sì da non potersi chiudere la porta d’accesso della cella". Medici e infermieri applicheranno il defribillatore e praticheranno a Lonzi due iniezioni lavorando (si legge nell’introduzione all’autopsia) in condizioni di "scarsa illuminazione della cella".

La posizione del corpo con la testa in parte nel corridoio (ma non era sotto il termosifone interno alla cella?) è testimoniata dalle foto, dal rapporto dei carabinieri, dal racconto dell’ispettrice che spiega: "Il corpo ostruiva la chiusura della camera. Fuori viene messo un agente a vigilare al fine di far restare il quadro della stanza come al momento dell’accadimento".

 

Gli orari

 

Alle 20.14 il medico del 118 (arrivato in quell’istante secondo la ricostruzione) annotava contemporaneamente (si legge nell’autopsia): "Constatazione di decesso" e "Intervento terminato alle 20.45". Nel mezzo di questi due orari, alle 20.30 l’ispettrice informa del decesso il suo superiore che si reca sul posto.

Nella sua relazione il medico legale scriverà: "L’accertamento dell’epoca della morte non riveste particolare importanza in quanto verificatasi tra le 19.50 e le 20.14". 24 minuti per una morte così immediata che non ha dato a Marcello Lonzi - si legge nell’autopsia - neppure il tempo "di mettere in atto alcun meccanismo di difesa" prima di cadere a terra.

 

 

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