Teneri assassini

 

Teneri assassini

di Giancarlo De Cataldo

Einaudi € 12

 

I teneri assassini di Giancarlo De Cataldo in realtà sono ragazzi, teneri per questa età da minorenni, ma duri perché assomigliano anche troppo agli adulti. Vivono in periferie orribili, da dove "non se ne sarebbero mai andati perché non esisteva nient’altro per loro", vorrebbero scappare ma non ne sono capaci, anche se detestano tutto quello che hanno intorno: "Non c’era senso a restarsene confinati in quel buco del cazzo, diceva Luca, trascinandosi una sera dopo l’altra, magari un lavoro dopo l’altro, sissignore e una paga di merda, guardare scorrere la vita degli altri, sempre con quella sensazione di stare a un passo dalla vetta e non poterla mai raggiungere, essere ricacciati indietro, nel recinto, come le bestie". C’è poca tenerezza, dunque, in queste storie dove domina il vuoto di città morte, di prostitute quasi bambine che passano le notti ai margini delle strade di periferia, di ragazzi armati che sanno già, cinicamente, che la minore età li salverà da qualsiasi punizione. I teneri assassini di Giancarlo De Cataldo in realtà sono ragazzi, teneri per questa età da

 minorenni, ma duri perché assomigliano anche troppo agli adulti. Vivono in periferie orribili, da dove "non se ne sarebbero mai andati perché non esisteva nient’altro per loro", vorrebbero scappare ma non ne sono capaci, anche se detestano tutto quello che hanno intorno: "Non c’era senso a restarsene confinati in quel buco del cazzo, diceva Luca, trascinandosi una sera dopo l’altra, magari un lavoro dopo l’altro, sissignore e una paga di merda, guardare scorrere la vita degli altri, sempre con quella sensazione di stare a un passo dalla vetta e non poterla mai raggiungere, essere ricacciati indietro, nel recinto, come le bestie". C’è poca tenerezza, dunque, in queste storie dove domina il vuoto di città morte, di prostitute quasi bambine che passano le notti ai margini delle strade di periferia, di ragazzi armati che sanno già, cinicamente, che la minore età li salverà da qualsiasi punizione.

 

Giancarlo De Cataldo è un magistrato. Nella formalità della sua funzione dovrebbe osservare i soggetti devianti in base alla fredda e crudele semplificazione della "fattispecie" del reato commesso, e valutare le loro personalità solo attraverso le relazioni d’osservazione delegate ai vari esperti giudiziari e il tempo di durata processuale, dove la finzione è dominante. Questo richiede la normale applicazione della legge.

De Cataldo invece scava dentro le storie, sino a scorticare le verità processuali facendo emergere tutto il disagio dei ragazzi, in una analisi attenta dei loro comportamenti, e indagando con intelligenza e sensibilità in quella moltitudine di relazioni complesse che condizionano il loro agire.

E’ stupefacente la sua capacità di cogliere anche le sfumature più sottili di quella "logica minorile" che le persone perdono all’improvviso quando diventano adulte, quasi a vergognarsi di tanta infantile dipendenza comportamentale.

Le subalternità culturale e sociale dal gruppo in cui i ragazzi si trovano ad agire, considerate in stretta relazione ai loro problemi famigliari ed esistenziali, danno la sensazione che le storie narrate non solo si leggano con crescente interesse, ma si "vedano", e costringano il lettore, ogni tanto, a chiudere gli occhi.

 

Alessandro Pinti

 

 

 

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