Primo classificato

 

La casa delle bambole

di Gregorio Facchini (I premio)

 

Primavera, casa, casa, a casa finalmente; non mi sembra vero: l’odore della terra, il vento…

 

Zio, cosa fai qui da solo in giardino?

Niente, volevo solo prendere una boccata d’aria.

Ma perché piangi?

No, non piango, è solamente il vento, sai, non ci sono abituato.

Perché, non c’è vento in prigione?

No, non c’è.

E come mai?

Non lo so, forse è perché ci sono i muri alti.

E poi com’è la prigione?

Un giorno, forse, quando sarai grande, cercherò di spiegartelo.

Ma zio, io sono già grande, ho sette anni.

Hai ragione, Patrik, sei già grande.

Che cosa hai in mano?

Una ghianda.

E cosa te ne fai?

È una lunga storia e, se mi aiuti a seminarla, te la posso raccontare.

Ok, racconta.

La stiamo seminando per mantenere una promessa che feci molto tempo fa.

A chi l’avevi fatta?

A Mister Polly.

E chi è? Un tuo amico?

Sì, si può dire anche così.

E dove abita?

Ora è tornato nella sua terra, ma quando l’ho conosciuto, abitava in una casa delle bambole

Come quella che avete in casa tu e la zia?

Sì, abitava proprio in quella.

Ma come faceva a starci dentro, era per caso uno gnomo?

No, non era uno gnomo, era una bambola.

Ma dai, zio, le bambole non parlano.

Forse sei tu che non sai ascoltare.

Va beh! Ma come l’hai conosciuto?

Anni fa, stavo pulendo una soffitta ed ho trovato questa casa delle bambole con dentro Mister Polly; l’ho portata a casa e, dopo averla sistemata, l’ho messa in salotto.

E allora, zio?

Una notte, molto tempo dopo, mi svegliai perché mi era parso di sentire dei lamenti, come se qualcuno stesse piangendo. Giro per la casa e niente, tutto era tranquillo ed allora, visto che ero in piedi, mi accesi una sigaretta e, quasi distrattamente, mi cadde lo sguardo sulla casa delle bambole e su Mister Polly.

E cos’è successo?

Mister Polly aveva il volto bagnato ed allora, lo presi tra le mani e, quasi per scherzo, gli dissi: "Perché piangi?" e lui, anche se è difficile da credere, mi rispose: "Perché piango? Lo vuoi proprio sapere? Piango perché non ho più niente."

"Come non hai più niente", gli dissi, "nella tua casa hai ogni cosa."

"Sì", rispose. "Ho divani e poltrone in velluto rosso, tappeti variopinti, piattini decorati di maiolica, lampadari di cristallo e finestre enormi che danno sul mondo, solo che non è il mio mondo."

"E qual è il tuo mondo?"

"La natura."

"La natura?"

"Sì, la natura, i campi, i fiori, il cielo, il sole… Tu ora vedi un pupazzo dal volto di bianca ceramica con due baffetti disegnati, ma io non sono questo."

"E cosa sei?"

"Prova a guardare cosa esce dalla cucitura del mio braccio."

"Segatura?"

"Sì, segatura; ero un albero."

"Un albero?" ribattei stupito.

"Certo, una quercia e qualcuno, un giorno, mi usò per fare l’imbottitura per questo pupazzo. Che idea! Da non crederci: il giorno prima il più maestoso degli alberi ed il giorno dopo uno stupido pupazzo."

"Che cosa ti manca, ora?"

"Che cosa mi manca, dici tu. Mi manca l’essere me stesso e mi mancano le stagioni, mi manca la rabbia gelida delle sfide con l’inverno, l’amore della primavera che sboccia ed i sogni d’estate aspettando i frutti."

"E perché?"

"Perché d’amore, rabbia e sogni è fatta la vita, amico mio."

"Ed io cosa posso fare per te?"

"Guarda dentro te stesso", rispose lui prima di svanire.

Ma allora, zio, era tutto un sogno?

Tu credi?

Va beh! Poi che cosa hai fatto?

Ho deciso di seminare questa ghianda per ridare una vita a Mister Polly e, forse, anche un sorriso a me stesso.

 

 

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