Pisapia: "Amnistia o vergogna"

 

Emergenza carcere: la proposta di Pisapia

"Amnistia o vergogna..."

 

Vita, 6 settembre 2002

"Non parteciperò alla manifestazione del 14 settembre, per i girotondini la questione giustizia è solo uno spunto per lanciarsi contro Berlusconi. Eppure nelle carceri si muore e ci si dispera. Per colpa di tutti i governi. Ed è ora di fare finalmente qualcosa".

 

Giuliano Pisapia, avvocato, deputato indipendente del PRC, membro della commissione Giustizia, ha delle carceri italiane una lunga frequentazione: a Ferragosto era lì, nelle case circondariali di Novara ed Alessandria, a incontrare detenuti. E già, perché l’onorevole Pisapia, al lavoro nel suo studio milanese sommerso dalle carte anche in pieno agosto, non è uno facile alla denuncia - scoop.

 

Vita: La parola d’ordine del dibattito politico è e sarà a lungo "giustizia". Ma per chi?

 

Giuliano Pisapia: Il recente dibattito - scontro sulla giustizia mi ha colpito sì, ma in modo negativo. È stato incentrato, da parte del centrodestra, su leggi e proposte di legge prive di una effettiva urgenza riguardanti il processo penale, processo le cui procedure sono le uniche garantiste in vigore (il codice di procedura penale fu riformato dal giurista Giandomenico Pisapia, padre di Giuliano, nel 1989, ndr), mentre i problemi riguardano uomini, mezzi e strutture. Sul processo civile, invece, c’è il silenzio. Eppure interessa dodici milioni di cittadini, quattro milioni sono le cause pendenti, le sentenze arrivano dopo dieci - dodici anni e spesso rimangono semplici pezzi di carta.

Poi, appunto, c’è il problema delle carceri e della loro vivibilità. O meglio della loro ormai cronica invivibilità. Responsabilità di chi non ha voluto o saputo prendere provvedimenti importanti e dai buoni risultati come le misure alternative al carcere, le politiche di reinserimento e risocializzazione dei detenuti. Mi stupisce che i girotondisti parlino sempre di giustizia senza mai occuparsi di quella dei "poveri cristi": immigrati, tossici, detenuti. Non aderirò al girotondo del 14 settembre: protestano giustamente - contro i privilegi di pochi, ma senza preoccuparsi delle ingiustizie di tutti i giorni.

 

Vita: Ecco, le carceri. Sembra di essere alle solite: estate, sovraffollamento, denunce, minaccia di rivolte.

 

Pisapia: Ho visto e incontrato, nelle carceri che ho visitato, situazioni disperate. Stanno male tutti, in galera: detenuti, polizia penitenziaria ed educatori (che sono sempre meno, solo 600!). Le carenze di organico e di posti letto sono allucinanti, le condizioni di vita dei detenuti barbare. Ma la disperazione interiore che regna sovrana, dentro, oggi è anche di chi sta dall’altra parte delle sbarre, degli agenti. Oltre 57 mila detenuti è un record, in negativo, dai tempi dell’entrata in vigore della Costituzione. Ho visitato celle dove dovevano dormire in due: ce ne facevano stare cinque, ora sono almeno in sette. A Novara, ad esempio, la situazione è davvero esplosiva, drammatica. La novità è che la disperazione che ho visto e toccato non si trasforma in rivolta, non punta verso l’esterno, ma all’interno, verso il proprio corpo. Atti di autolesionismo, tentati suicidi, violenze contro di sé. Il suicidio, riuscito o tentato, nelle carceri italiane, è oggi la forma ultima e più estrema di rivolta.

Senza contare che solo il 12% circa della popolazione carceraria è dentro per fatti di criminalità organizzata, mentre il restante 78% finisce in galera per reati connessi al loro stato (immigrati e tossicodipendenti, categoria che, se curati fuori dal carcere, farebbe risparmiare allo Stato miliardi). Ecco perché, e giustamente, in molti ormai parlano del carcere come di una "discarica sociale".

 

Vita: L’Ulivo, nella passata legislatura, studiò e discusse a lungo l’emergenza carcere. Risultati ottenuti?

 

Pisapia: Dopo l’emarginazione - licenziamento di Alessandro Margara, magistrato di sorveglianza acuto e illuminato, gli uomini ai vertici dell’amministrazione carceraria sono andati via via peggiorando. La tendenza è quella di privilegiare il totem sicurezza rispetto ai principi ed anche alle leggi. Le misure alternative alla detenzione sono state smantellate, la legge Gozzini svuotata e criminalizzata. L’insensibilità, o la paura di perdere le elezioni, da parte della classe dirigente dell’Ulivo era alta, ma il capolavoro in negativo si è toccato con D’Alema presidente del Consiglio e Diliberto ministro di Giustizia.

Nel 1998, contestualmente all’approvazione della legge sulla depenalizzazione dei reati minori, infatti, il governo si rifiutò di avvalersi d’una importante delega concessagli dal Parlamento. Si trattava di permettere già al giudice di primo grado di comminare sanzioni diverse dal carcere. Sollecitai tre volte quel provvedimento, che peraltro portava il mio nome, ma la delega cadde. Chiesi spiegazioni: il ministro mi scrisse che era meglio riparlarne quando… sarebbe stato riformato il codice penale (che è del 1930 e della cui riforma si parla almeno da trent’anni, ndr). Nella scorsa legislatura, però, molto di buono è stato fatto: detenute madri, Simeone - Saraceni. E il nuovo regolamento carcerario, che giudico utile e necessario, anche se in certe sue parti utopistico.

 

Vita: L’attuale ministro di Giustizia, Castelli, come ricetta a portata di mano sembra avere l’edilizia…

 

Pisapia: All’attuale governo in carica, che vedo impegnato solo a voler costruire nuove carceri, propongo di attuare le parti immediatamente fattibili del regolamento carcerario, come quelli sulla luce che manca o sui gabinetti in cella, problemi oggi drammatici e umilianti, per i detenuti, come ha denunciato anche recentemente e con forza Adriano Sofri, e di lavorare assieme a provvedimenti che garantiscano assieme la sicurezza dei cittadini, la risocializzazione dei detenuti e il loro reinserimento ("rieducazione", come recitala Costituzione, è un termine che proprio non mi piace). Ma chiedo soprattutto, in primo luogo al Parlamento, ma anche al governo, di prendere in considerazione un provvedimento di amnistia e indulto non generalizzato ma particolare, che io chiamo "di amnistia condizionata e indulto revocabile", soggetto cioè a sospensione e revoca nel caso di commissione di nuovo reato.

Provvedimento che avrebbe l’effetto sia di rendere meno drammatiche le condizioni di vita nelle carceri che di non creare allarmismo e paure sociali, alleggerendo, tra l’altro, il lavoro dei tribunali, oggi ingolfati dall’abnorme numero di processi pendenti. Ma non sono ottimista. La maggioranza pare sorda, l’opposizione pavida. Ma davvero non vedo alternative a pericolose proteste.

 

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