Indultino va in Senato

 

Passa alla Camera la sospensione di tre anni di pena.

Ora scontro al Senato

 

Il Manifesto, 5 febbraio 2003

 

Leghisti con il lutto al braccio in Transatlantico, detenuti ed ex detenuti (POchi) sul piazzale di Montecitorio e deputati garantisti - anche dell'ultim'ora - che dicono "è solo un primo passo, ci vuole l'indulto vero", magari mentre loro compagni di partito propongono emendamenti forcaioli per ridurre il condono da tre anni a due. Il primo passo c'è, forse però è solo un primo mezzo passo: l'"indultino" dovrà passare per le forche caudine del senato, dove un provvedimento già indebolito dagli emendamenti subirà gli assalti di leghisti e An. Ma tant'è.

Dopo l'affossamento della legge d'indulto due settimane fa, per manifesta incapacità di Forza Italia di ottenere da Lega e An la stessa disciplina richiesta per salvare Cesare Previti, ieri la camera ha approvato la sospensione condizionata delle pene detentive fino a tre anni (compresi i residui di pene maggiori) per coloro che hanno già scontato almeno un quarto della condanna. Sono esclusi i reati indicati dall'articolo 4 bis dell'ordinamento penitenziario, che stabilisce già il divieto d' accesso alle misure alternative, e cioè qualunque reato commesso con finalità di terrorismo ed eversione (non solo l'associazione eversiva come inizialmente previsto: emendamento targato Ds), l’associazione mafioso,a la riduzione in schiavitù e il commercio di esseri umani, il sequestro di persona a scopo di estorsione, l’associazione per lo spaccio di droga e lo spaccio aggravato dall'ingente quantità, l'omicidio volontario, la rapina aggravata e l' estorsione. Ancora, sono esclusi (oltre a chi rinuncia) i detenuti dichiarati "delinquenti abituali", "professionali" e anche "tendenziali".

La legge si applica a coloro che sono detenuti per sentenza definitiva o anche in attesa dell’esecuzione, a patto che abbiano scontato un quarto della pena. Anna Finocchiaro, per i Ds, ha rinunciato all’emendamento che estendeva la sospensione condizionata anche agli imputati non ancora condannati, che poneva problemi costituzionali Il beneficio è applicato dal magistrato di sorveglianza, già notoriamente gravato da un arretrato indecente, ed è "revocabile" (ma non revocato d'ufficio: emendamento di Verdi e Prc) se nel quinquennio seguente il condannato commette un nuovo reato punito almeno con sei mesi di reclusione.

Drastiche le prescrizioni: Giuliano Pisapia, che di questa legge rimane il padre nonostante gli emendamenti peggiorativi, parla di "messa in prova, volta anche a limitare - spiegava ieri - la recidiva, che le statistiche indicano nel 60 per cento dei beneficiari di misure d'indulto".

Il condannato che esce di prigione avrà l'obbligo di dimora, il divieto di allontanarsi di casa nelle ore notturne, l'obbligo di presentarsi quotidianamente alla polizia, misure però limitate all'entità della pena per cui si gode della sospensione (e non cinque anni per tutti: altro emendamento di Verdi e Prc) e oggetto di possibile, successiva attenuazione da parte del giudice.

Nel voto finale 340 sì e 81 no. I leghisti sono usciti dall'aula, alcuni con la fascetta nera al braccio in segno di lutto, dopo che il presidente della camera aveva bacchettato il loro capogruppo Alessandro Cè all'annuncio dell'iniziativa: "Non posso accettare come presidente della camera in un paese che ha subito lutti veri, in un'aula che sempre espresso solidarietà alle vittime nei momenti tristi della storia italiana, un uso così strumentale del segno di lutto".

Anche An, più composta, ha votato in larga parte no, ma il ministro Gianni Alemanno e tanti altri non hanno fatto mancare il loro voto favorevole anche contro Gianfranco Fini. Sì da Forza Italia, Unione di centro, gran parte della Margherita, quasi tutti i Ds, Pdci, Verdi e Prc. Pisapia - che nei mesi scorsi si era trovato persino a difendere il suo "indultino", cofirmato da Enrico Buemi (Sdi, relatore alla camera) e emendato in senso restrittivo da Giuseppe Fanfani (Margherita) dall'assurda accusa di favorire la rinuncia all'indulto vero e proprio, ora può dire che "dopo tante parole un passo avanti significativo è stato compiuto. Certo, si poteva e si può ancora fare di più", aggiunge il deputato del Prc, presidente del comitato carceri di Montecitorio.

Lo dice quasi tutto l'opposizione. Non solo Paolo Cento dei Verdi, altro frequentatore delle patrie galere e protagonista di questa battaglia, ma anche Anna Finocchiaro, che ieri ha guidato un gruppo Ds in cui c'è anche chi fino all'ultimo (Giovanni Kessler) ha proposto emendamenti ultrarestrittivi. E lo ripete il capogruppo Luciano Violante: "Insistiamo perché dopo l'approvazione alla camera dell'indultino si passi all' esame dell' indulto".

L'immagine di ieri è quella della destra divisa, come ormai sta avvenendo più in generale sulla giustizia. E sull’indulto Gaetano Pecorella, che tutti trattano come una sorta di guardasigilli-ombra con forte "disappunto" del ministro Roberto Castelli (v. anche la sua lettera, qui in ultima pagina), dice che "chi vuole l'indulto deve volere anche l'amnistia", riproponendo così lo schema di due settimane fa in cui An, Lega e Margherita hanno potuto chiudere già una volta la questione indulto.

 

 

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