Quando l'amnistia era di casa...

 

Gli anni 70 e 80, ovvero quando la clemenza in Italia era di casa

 

Italia Oggi, 14 novembre 2002

 

Il progetto di un atto di clemenza suscita grande scalpore in parlamento e nei palazzi di governo, eppure solo 20 anni fa la concessione di un indulto o di un’amnistia era più che normale. La visita odierna del Pontefice in Parlamento è l’occasione per alcuni, la speranza per molti, affinché nelle Camere finalmente si raggiunga la maggioranza dei due terzi utile per approvare un provvedimento di clemenza che manca nel nostro paese dal 1990, anno dell’ultimo atto di amnistia e indulto concesso per reati minori.

Negli anni 70 e 80, invece, i provvedimenti clemenziali, per i quali era sufficiente allora una maggioranza semplice, erano molto frequenti, ed erano sistematicamente utilizzati con dichiarato intento deflattivo. Uno sguardo sui numeri della popolazione detenuta di quegli anni ci aiuta a comprendere gli esiti dei provvedimenti di amnistia e indulto.

Al 31 dicembre 1989 i detenuti erano 30.680. Nel 1990, dopo la concessione del provvedimento di clemenza, i detenuti erano scesi a 26.150, con una diminuzione netta di 4.530 persone. Nel 1991 i detenuti ridiventavano 35.485. Questo era però anche l’effetto dell’inasprirsi della normativa sulle droghe, con la nuova legge Jervolino - Vassalli del 1991 e delle misure antimafia che restringevano, se non addirittura escludevano, l’accesso alle misure alternative per una serie di reati.

Nel 1992, con legge costituzionale n° 1, il quorum per la concessione dell’amnistia e dell’indulto veniva innalzato a due terzi. Durante gli anni 90 si era periodicamente riaffacciata la possibilità di un provvedimento di indulto per terroristi, che veniva però puntualmente stroncata da alcuni episodi di eversione armata.

Una campagna per la concessione di un provvedimento generale di indulto e amnistia è ripartita nel 2000, in occasione del giubileo dei detenuti del 9 luglio del 2000 e la visita del papa a Regina Coeli. La campagna aveva visto in prima linea associazioni e parlamentari di schieramenti contrapposti. Sergio Segio e Sergio Cusani avevano lanciato, insieme a tutto il terzo settore, il piano Marshall per le carceri, ossia investimenti sociali per sostenere le persone in uscita grazie a quel provvedimento di amnistia e indulto che mai in realtà è arrivato. Il fallimento è stato sicuramente causato dall’approssimarsi della campagna elettorale per le politiche del 2001 che ha spaventato ambedue gli schieramenti timorosi di perdere il consenso dell’opinione pubblica, di fronte a provvedimenti ritenuti impopolari.

Oggi alla luce di un sovraffollamento che ha raggiunto quote record nel secondò dopoguerra, un semplice provvedimento di indulto generalizzato di tre anni di pena consentirebbe l’uscita dal carcere di circa 19 mila persone, riportando la capienza effettiva entro i limiti di quella regolamentare.

Infatti, oltre il 60% delle persone condannate in via definitiva ha un residuo pena inferiore ai tre anni. Si tratta di detenuti che potenzialmente potrebbero usufruire di misure alternative al carcere. Nei prossimi giorni vedremo se vi sarà o meno un’accelerazione nella discussione parlamentare dei vari provvedimenti pendenti, da quello di riforma dell’articolo 79 della Costituzione, tendente a ridurre il quorum necessario per la concessione di provvedimenti di clemenza, sino alla proposta di legge Pisapia - Buemi, sulla sospensione dell’esecuzione della pena.

 

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