Revoca delle misure alternative


Introduzione

 

Con riferimento alla disciplina della revoca delle misure alternative numerose sono le problematiche che emergono sia a livello teorico che su di un piano pratico. Se infatti ad un'analisi normativa si associa anche una "ricerca sul campo", ecco che gli aspetti da chiarire si moltiplicano.

Con questo lavoro si è inteso esaminare la disciplina della revoca delle misure alternative alla detenzione in un primo momento limitandosi all'analisi di profili essenzialmente teorici, successivamente confrontando la rispondenza di tale impianto concettuale con la concreta attività del Tribunale di Sorveglianza di Firenze.

È stato necessario stabilire preliminarmente a quali misure alternative riferirsi in quanto non è univoca nemmeno la definizione di misura alternativa. Nell'operare la selezione delle misure alternative da analizzare ci si è attenuti al principium individuationis basato sul dato normativo, senza prescindere però da correttivi derivati da valutazioni di ordine sistematico.

All'esito di tale operazione si sono considerate misure alternative alla detenzione: l'affidamento in prova al servizio sociale, l'affidamento in prova in casi particolari, la detenzione domiciliare, la semilibertà e la liberazione condizionale.

Una volta selezionati gli istituti da analizzare si è proceduto all'esame dettagliato della disciplina della revoca in relazione ad ogni singola misura alternativa, così come prevista dall'ordinamento penitenziario, dal codice penale e dalle relative elaborazioni giurisprudenziali.

Le norme sull'ordinamento penitenziario in generale, e quelle che riguardano le misure alternative in particolare, sono state oggetto di una serie di provvedimenti legislativi e di pronunce di illegittimità costituzionale tali che la configurazione e la natura stessa di tali istituti risultano profondamente modificate, se non addirittura stravolte. Con l'analisi di tale evoluzione legislativa e giurisprudenziale si è inteso individuare le caratteristiche peculiari di ogni misura alternativa, almeno per quanto riguarda la disciplina della revoca.

Tale analisi ha evidenziato che, nel procedere alla valutazione della revoca delle misure alternative alla detenzione, la Magistratura di Sorveglianza gode, almeno a livello teorico-normativo. di un enorme potere discrezionale, in nessun modo vincolato da disposizioni legislative ed addirittura ampliato (e reso più confuso) da alcune pronunce giurisprudenziali. Stante questa situazione si è ritenuto di individuare, in relazione ad ogni singola misura, i termini specifici di tale discrezionalità

Poste tali premesse teoriche all'interno del Capitolo 1 si è poi analizzato la concreta attività del Tribunale di Sorveglianza.

Sono stati esaminati tutti i fascicoli dei detenuti oggetto di provvedimenti di revoca dei benefici alternativi alla pena detentiva emessi dal Tribunale di Sorveglianza di Firenze negli anni 1995, 1996 e 1997. Tale esame ha riguardato non solo i fascicoli concernenti le revoche, ma anche quelli inerenti alle relative concessioni, così da avere un quadro, il più ampio possibile, dello status dei soggetti in questione.

Lo strumento utilizzato in questo tipo di indagine gius-sociologica è rappresentato da una scheda, alquanto articolata, attraverso cui si è proceduto a "testare" i sopra citati fascicoli. Questa scheda raccoglie una serie di variabili che si riferiscono alla situazione socio-ambientale, penale e penitenziaria dei soggetti. Tutto ciò allo scopo di poter meglio individuare quali sono i parametri cui il sentencing penitenziario fiorentino si uniforma.

Da questa analisi sono emerse come variabili extra-normative rilevanti: lo status familiare, lo status giuridico, la situazione lavorativa, il giudizio sulla condotta carceraria, i motivi della revoca, il tipo di reato commesso durante il godimento della misura alternativa e la durata del beneficio.

Si è proceduto quindi ad esaminare i dati raccolti cercando di evidenziare l'incidenza di ciascuna variabile con riferimento alla totalità delle misure alternative considerate, indicando peraltro, se ritenute rilevanti, le peculiarità proprie dei singoli istituti.

Ai fini di un esame, il più esaustivo possibile, delle problematiche inerenti la discrezionalità della Magistratura di Sorveglianza si è ritenuto opportuno non limitarsi all'individuazione di una correlazione univoca tra le variabili considerate e la revoca delle misure alternative, ma procedere anche alla determinazione della concreta rilevanza che tali parametri extra-normativi assumono con riferimento alle singole misure.

I risultati di questa analisi si sono dimostrati del tutto analoghi a quelli riscontrati sul piano teorico. Se infatti astrattamente la Magistratura di Sorveglianza, riguardo alle valutazioni inerenti la revoca delle misure alternative, gode di ampi spazi di discrezionalità che le sono stati lasciati dal legislatore prima e da talune elaborazioni giurisprudenziali poi, sul piano pratico tali vuoti di indirizzo vengono colmati facendo ricorso, come già esposto, a parametri extra-normativi ed extra-giuridici.

La mancanza di una disciplina sulla revoca improntata a rigorosi criteri di certezza e legalità non può non far sorgere il timore di possibili arbitri da parte della Magistratura di Sorveglianza, sia in senso eccessivamente benevolo che in senso esageratamente repressivo. Questo timore peraltro non è risultato infondato in quanto, dall'analisi dell'attività del Tribunale di Sorveglianza di Firenze negli anni considerati, è emersa una notevole contraddittorietà di pronunce in tema di revoca. A valutazioni estremamente "largheggianti" delle variabili normative si affiancano pronunce di tipo decisamente repressivo; ad un ottica che non si limita ad incarnare, ma va addirittura oltre le finalità della riforma penitenziaria si contrappone una visione assolutamente custodialistica e punitiva.

Per ovviare alla contraddittorietà insita nella disciplina delle misure alternative, sia a livello teorico che pratico, ritengo sia necessario ricorrere ad sistema di "discrezionalità vincolata".

La tesi sostenuta in questo lavoro infatti è che sia indispensabile fornire alla Magistratura di Sorveglianza criteri di indirizzo normativamente determinati che permettano una individualizzazione e personalizzazione del trattamento, senza però far venire meno il controllo di legalità in fase di esecuzione della pena.

 

 

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