Permessi

 

Permessi di necessità e permessi premio

 

Sono regolati dalla L. 26 luglio 1975 n. 354.

 

Art. 30 Permessi di necessità concessi

 

nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati; la competenza per la concessione è del magistrato di sorveglianza. Questo tipo di permesso è concesso oltre, appunto, ai detenuti definitivi, anche agli imputati. In questo caso bisogna distinguere per individuare l'autorità competente:

I grado: fino alla sentenza di primo grado autorità giudiziarie competenti a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura indicate dall'art. 11 comma 2 o.p.

Appello: provvede il presidente del collegio.

Cassazione: il presidente dell'ufficio giudiziario presso il quale si è svolto il procedimento d'appello.

  1. Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi di particolare gravità.

 

Art. 30 ter Permessi premio

 

ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma 8 che non risultano socialmente pericolosi, il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, può concedere permessi premio di durata non superiore a 15 gg. per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro.

La durata complessiva non può superare 45gg. in ciascun anno di espiazione.

 

Art. 30 bis Provvedimenti e reclami

 

Prima di pronunciarsi sull'istanza di permesso, l'autorità competente deve assumere informazioni sulla sussistenza dei motivi addotti a mezzo dell'autorità di pubblica sicurezza, anche del luogo in cui l'istante chiede di recarsi.

La decisione è adottata con provvedimento motivato. Il provvedimento è comunicato immediatamente senza formalità al PM e all'interessato i quali possono, entro 24 ore dalla comunicazione fare reclamo al tribunale di sorveglianza.

In concreto il permesso è un tipico provvedimento privo di una struttura motivazionale completa; è un provvedimento sintetico.

Il legislatore della Gozzini (1986) introdusse una norma (30ter) dove si faceva riferimento alla pericolosità sociale al fine di garantire un'applicazione non indiscriminata dell'istituto, bensì ponderata caso per caso.

Nel 30 bis si parla di informazioni dalla polizia: in realtà nella pratica viene concepito come parere della polizia ma è un'interpretazione erronea, perché la legge fa riferimento a informazioni sulla condotta successiva alla condanna. In realtà la polizia non ha informazioni attuali, neppure con riferimento a soggetti veramente pericolosi. A tal fine c'è la proposta di attivare la creazione di una banca dati con riferimento specifico ai condannati ex art. 4 bis o.p.

Presupposti per la concessione dei permessi premio

 

Art. 30 ter 4 comma

 

La concessione dei permessi premio è ammessa:

  1. nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a 3 anni anche se congiunta all'arresto

  2. nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a 3 anni, salvo quanto previsto alla lettera c), dopo l'espiazione di almeno 1/4 della pena;

  3. nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'art. 4 bis, dopo l'espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre 10 anni;

  4. nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno 10 anni.

Queste disposizioni si applicano a norma dell'art. 4 del dl 13/05/91 n. 152 (il quale ha alzato da 1/4 alla metà il limite di pena per la concessione dei permessi ai condannati per delitti del 4 bis) esclusivamente nei confronti dei condannati per delitti commessi dopo la data di entrata in vigore del decreto citato.

 

È opportuno tenere poi presente le disposizioni dell'art. 58 quater

 

  1. (I comma) L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, l'affidamento in prova ai servizi sociali nei casi previsti dall'art. 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi al condannato per uno dei delitti previsti dal 4 bis comma 1, che ha posto in essere una condotta punibile ai sensi art. 385 c.p.(evasione).
    Divieto che si applica anche al condannato (per qualsiasi reato, anche non 4 bis) nei cui confronti è intervenuta la revoca di una misura alternativa ai sensi artt. 47.11, e 47.6 e 51 (II comma).

  2. (III comma) Il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di 3 anni dal momento in cui è ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca di cui al comma 2.

  3. (IV comma) I condannati per i delitti di cui agli art. 289 bis e 630 c.p. (rispettivamente sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione e sequestro di persona a scopo di estorsione) che abbiano causato la morte del sequestrato non sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel comma 1 dell'art. 4 bis se non abbiano effettivamente espiato almeno i 2/3 della pena irrogata o, nel caso dell'ergastolo, almeno 26 anni.

  4. (V comma) Oltre quanto previsto dai commi 1 e 3 l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI non possono essere concessi, o se già concessi sono revocati, ai condannati per taluno dei delitti indicati dal comma 1 art. 4 bis c.p., nei cui confronti si procede o si è pronunciata sentenza di condanna per un delitto doloso punito con la reclusione non inferiore nel massimo a 3 anni, commesso da chi ha posto in essere una condotta punibile ai sensi dell'art. 385 c.p., ovvero durante il lavoro all'esterno, o la fruizione di un permesso premio, o di una misura alternativa alla detenzione. In questo caso il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di 5 anni dal momento in cui è stata ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca della misura.

Va precisato che sempre ex art. 4 DL 152/91 le disposizioni di quest'articolo si applicano ai condannati nei confronti dei quali il provvedimento di revoca è stato adottato dopo l'entrata in vigore di detto decreto.

Automatismi

  1. Il condannato ex art. 4 bis che evade non può avere questi benefici e il divieto vale per 3 anni a partire dall'arresto dell'evaso.

  2. Analogo divieto è previsto per chiunque (anche non 4 bis) abbia subito la revoca delle misure alternative.

  3. Chi commette un altro reato (durante l'evasione per i condannati ex 4 bis, ovvero, durante la fruizione di uno di questi benefici - senza distinzione - ) non può ottenere il beneficio per 5 anni (ex 5 e 7 comma).

Questi automatismi presentano due problemi: da un lato la Corte Costituzionale ha sempre ritenuto illegittimi gli automatismi in fase esecutiva, dall'altro la giurisprudenza della Cassazione ha messo in discussione che il patteggiamento costituisca una sentenza di condanna. Di conseguenza, prendiamo per esempio, un detenuto a cui è stato negato il permesso in base al comma 5 perché ha commesso una rapina mentre era in permesso, e che ha patteggiato la condanna. La soluzione potrebbe essere:

  1. sulla base di una sentenza della Corte di Cassazione, che, con riferimento specifico ad un'ipotesi di revoca di liberazione anticipata, ha escluso che possa dare luogo alla revoca una sentenza di patteggiamento, non essendo una tale pronuncia qualificabile come sentenza di condanna (Cass. 4/12/99 n. 5959), si potrebbe estendere la stessa interpretazione alle ipotesi del 58quater laddove si parla di "condanna" e di "sentenza di condanna" (ma non è strada semplice, perché la cassazione sul punto non è univoca, quindi non pare opportuno consigliare di patteggiare per evitare l'applicazione del 58quater).

  2. sollevare questione di eccezione di incostituzionalità dell'automatismo previsto da tale articolo.

 

Le stesse osservazioni valgono per un'altra ipotesi di automatismo (anche essa di dubbia legittimità costituzionale: la Corte Cost., infatti, con sent. 403/97 ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale con specifico riferimento, tuttavia, ai soli minorenni) che è quella prevista dal comma 6 art. 30ter: divieto di concessione di un permesso premio per almeno 2 anni, per colui che ha riportato una sentenza di condanna per un reato commesso durante l'espiazione della pena.

Considerazioni pratiche

Va sempre tenuto presente che i permessi premio possono essere concessi solo ai detenuti definitivi; quando un soggetto è definitivo rispetto ad un reato e contemporaneamente imputato per altro reato, il permesso viene respinto, in quanto la presenza di un titolo detentivo non definitivo (provvedimento cautelare in carcere) blocca la concessione del beneficio. La formula di rigetto che viene adottata è: respinto perché "definitivo e appellante". Soltanto in caso di permessi per gravi motivi, per prassi, si pronunciano entrambe le autorità competenti (magistrato di sorveglianza e giudice procedente) o comunque l'autorità procedente dà il nulla osta.

Altra situazione che si presenta frequentemente è quella in cui il permesso venga respinto perché manca la relazione sulla personalità del condannato; in realtà questa è una formula che viene utilizzata quando il magistrato non ritiene il condannato ancora pronto per andare in permesso (cioè non "maturo" per il permesso).

Va infine ricordato che è consigliabile al soggetto che intenda chiedere la concessione dell'affidamento o di qualche altra misura, se ancora non ha usufruito di qualche permesso, di presentare prima istanza per quest'ultimo beneficio.

 

 

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