Detenzione domiciliare

 

Detenzione domiciliare art. 47 ter O.P.

 

Consente al condannato di scontare la pena nella propria abitazione e in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza.

 

Presupposti

 

(47 ter comma 1) Pena della reclusione non superiore a 4 anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena dell'arresto, qualora la persona sia:

  1. donna incinta o madre di prole di età inferiore a anni 10, con lei convivente;

  2. padre esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni 10 con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;

  3. persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedono costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;

  4. persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche parzialmente;

  5. persona minore di anni 21 per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro, di famiglia.

Con riferimento all'ipotesi sub c), dobbiamo precisare che le condizioni di salute, sia fisica che psichica, devono essere gravi ma non tali da richiedere il differimento dell'esecuzione della pena, cioè la giurisprudenza ritiene che il 47ter debba essere coordinato con gli artt. 146-147 c.p. Di solito, comunque, ove sussistano le condizioni formali e sostanziali per l'applicazione della detenzione domiciliare e del rinvio facoltativo (147 comma 1 n. 2), il tribunale tende a concedere la detenzione domiciliare.

 

(47ter comma 1 bis) Pena detentiva non superiore a 2 anni, anche se residuo di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al primo comma,

 

quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale;

sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati.

La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'art. 4bis.

In questo caso dunque si prescinde dalla valutazione degli elementi soggettivi, quali quelli di cui al comma 1.

(47ter comma 1ter) Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 c.p., anche se la pena supera il limite di 4 anni.

 

In questo caso, quando il soggetto si trova in simili condizioni, il tribunale può concedere la misura, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. Va precisato che, in questa ipotesi, trova applicazione l'art. 684 comma 2 c.p.p.: "Quando vi è fondato motivo per ritenere che sussistano i presupposti perché il tribunale disponga il rinvio, il magistrato di sorveglianza può ordinare il differimento dell'esecuzione o, se la protrazione della detenzione può cagionare grave pregiudizio al condannato, la liberazione del detenuto. Il provvedimento conserva effetto fino alla decisione del tribunale, al quale il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti".

L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.

Questa disposizione mira a far sì che venga sempre concessa la detenzione, quando il soggetto si trovi in tali situazioni, e di fatto il tribunale tende a preferire la detenzione al differimento della pena.

 

Modalità di concessione e gestione

 

Anche in questo caso si distingue:

 

Soggetto libero e agli arresti domiciliari:

si applica la procedura del 656 comma 5, in base alla quale, sospeso l'ordine di esecuzione da parte del PM, il soggetto invia l'istanza entro 30 gg. dal ricevimento dall'ordine di esecuzione e del decreto di sospensione, al PM, che la trasmette al tribunale di sorveglianza che si pronuncerà entra 45gg.

L'art. 656.10 precisa, con riferimento a questa ipotesi, che se il condannato si trova agli arresti domiciliari, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il PM sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardi al tribunale di sorveglianza perché provveda, senza formalità, all'eventuale applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare. Fino alla decisione il condannato permane nello stato detentivo in cui si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti.

Si tratta quindi di un meccanismo commutativo dell'arresto domiciliare in detenzione domiciliare, ma non vi è automatismo e il condannato, che vi abbia interesse, potrà comunque chiedere un'altra misura.

 

Soggetto detenuto:

 

in base all'art. 47ter comma 1quater l'istanza deve essere rivolta al magistrato di sorveglianza, il quale può disporre l'applicazione provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti di cui ai commi 1 e 1 bis. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni del 47 comma 4. Il magistrato di sorveglianza trasmetterà poi gli atti al tribunale che si pronuncerà in via definitiva sulla concessione o meno della misura. Per l'ipotesi del comma 1 ter si applica l'art. 684 comma 2 c.p.p., che prevede analogo meccanismo a quello del 47 comma 4.

Il tribunale di sorveglianza nel disporre la detenzione fissa criteri e modalità secondo quanto stabilito dall'art. 284 c.p.p. (arresti domiciliari), prescrivendo limiti allo svolgimento di certe attività, o divieti di avere determinati rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati. Determina e impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza.

Il condannato che si trova in detenzione domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario e al relativo regolamento; nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per la sua cura, assistenza medica e mantenimento. Ma qui occorre fare una precisazione, in quanto la norma va interpretata nel senso che non trovano applicazione le norme dell'ordinamento penitenziario che attengono al regime interno agli istituti di pena; al contrario il complesso delle altre norme dell'ordinamento penitenziario non può che trovare piena applicazione; a tale proposito si possono ricordare gli interventi del magistrato di sorveglianza, espressamente previsti dall'O.P. quali le modificazioni delle prescrizioni, provvedimenti per sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà, provvedimenti di sospensione cautelare, nonché la computabilità della detenzione domiciliare nel periodo da prendersi in considerazione per la liberazione anticipata. In considerazione di ciò si può, infine, ritenere applicabile al condannato in detenzione domiciliare il regime dei permessi (premio e di necessità).

L'allontanamento dall'abitazione o dagli altri luoghi in cui è previsto lo svolgimento della detenzione integra gli estremi del delitto di evasione, in queste ipotesi la polizia giudiziaria è tenuta a informare immediatamente il magistrato di sorveglianza.

 

Revoca

 

La detenzione domiciliare è revocata:

  1. se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure (comma 6);

  2. quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1 bis (comma 7);

  3. se evade, in questo caso la denuncia può comportare la sospensione, nel senso che è valutata caso per caso (questa precisazione discende dalla pronuncia della corte cost. sent.173/97 con cui si è dichiarato incostituzionale il comma 9 nella parte in cui fa derivare automaticamente la sospensione della detenzione domiciliare dalla presentazione della denuncia di evasione) mentre la condanna per tale delitto importa la revoca (commi 8 e 9).

  4. L'art. 47 ter comma 9 bis stabilisce che se la misura disposta per l'ipotesi del comma 1 bis (quando non ricorrono i presupposti dell'affidamento) viene revocata, la pena residua non può essere sostituita con altra misura.

 

 

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