Differimento della pena

 

       Il differimento della pena in caso di malattia

 

Alla base di tutte le agevolazioni giuridiche, riservate ai condannati in precarie condizioni di salute, ci sono due articoli del codice penale, il 146 (modificato dalla legge 231/99, che disciplina la compatibilità tra detenzione e H.I.V./A.I.D.S.) e il 147.

 

L’articolo 146 prevede il "rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena" quando il condannato è affetto da A.I.D.S. conclamata, o da grave deficienza immunitaria, o da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione.

L’incompatibilità si verifica quando la persona è in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più (secondo le certificazioni del Servizio sanitario penitenziario o di quello esterno) ai trattamenti terapeutici praticati in carcere.

 

L’articolo 147 prevede il "rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena" per "chi si trova in condizioni di grave infermità fisica".

La legge non dice nulla per definire meglio il concetto di "grave infermità fisica" e per saperne di più dobbiamo guardare alla giurisprudenza che, peraltro, contiene anche elementi contraddittori.

Viene riconosciuta nel caso in cui la malattia conduca la persona alla morte senza che vi sia alcuna possibilità di cura; non è sufficiente, però, essere affetti da una malattia cronica irreversibile, bisogna che le condizioni fisiche del malato siano tali da poterne escludere la pericolosità.

Tuttavia alcune sentenze hanno vincolato la concessione del differimento alla possibilità della regressione della malattia (quale effetto di trattamenti terapeutici praticati in stato di libertà), quindi contraddicendo la prima interpretazione.

In altre sentenze ancora troviamo letture della legge improntate a una maggiore umanità: al rischio di morte, quale elemento per determinare l’effettiva gravità delle condizioni fisiche, si aggiunge quello che la malattia "cagioni altre rilevanti conseguenze dannose" (Cass. Pen. Sez. VI – 1986 – Celentano). Ma l’interpretazione di maggior favore la troviamo in questa pronuncia: "La guaribilità o reversibilità della malattia non sono requisiti richiesti dalla normativa vigente in tema di differimento dell’esecuzione della pena, per la cui concessione è sufficiente che l’infermità sia di tale rilevanza da far apparire l’espiazione in contrasto con il senso di umanità cui fa riferimento l’articolo 27 della Costituzione". (Cass. Pen. Sez. I – 1994 – Conti).

 

Da segnalare come l’infermità psichica non rientri tra i motivi del possibile differimento della pena. Quando l’infermità è accertata nel processo l’imputato viene prosciolto per vizio di mente e, invece della condanna, subisce l’internamento nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario; se un condannato impazzisce durante la detenzione (o rende manifesta una malattia mentale preesistente) l’aspetta comunque il "ricovero" forzato in un O.P.G.. Questa differenza deriva dalla presunzione che la malattia fisica, indebolendo una persona, la renda meno pericolosa per la sicurezza sociale e che, invece, la malattia mentale rappresenti un elemento di maggior pericolo: quindi il "criminale pazzo" va sorvegliato meglio del "criminale sano di mente"…

 

La richiesta di rinvio obbligatorio o facoltativo della pena va rivolta al Tribunale di Sorveglianza, il cui successivo provvedimento (di concessione o rigetto) è impugnabile in Cassazione.

 

 

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