Vita - 11 giugno 2004

 

Il mio mondo è lungo cinque passi e largo tre

 

È sempre salutare ricordarsi come è fatta una cella, quanti metri misura e che cosa significa viverci per anni in una convivenza forzata con dei perfetti sconosciuti, che possono diventare col tempo amici, ma possono anche rimanere degli estranei difficili da sopportare: è salutare, perché serve a ricordare, a chi se ne dimentica troppo spesso, che la pena dovrebbe essere la privazione della libertà, e che tutto il resto è un di più, piccole sofferenze di una vita svuotata di significato, che si ripetono all’infinito, come quelle raccontate da Milan nel giornale del carcere di Monza, Opinione libera.

Ornella Favero

 

Cercate di immaginare la cella: qui 2 o 3 persone trascorrono 20 delle 24 ore giornaliere, un parallelepipedo in cemento lungo 5 passi e largo 3, nel quale, saldamente imbullonati a muro e pavimento, stanno due tavolini, due sgabelli e un letto a castello, tutti in ferro, un televisore ingabbiato in una struttura, guarda un po’, di ferro e un armadio alto 2 metri, largo 1, e profondo 40cm. Comunicante con la cella c’è il bagno di circa 2 metri quadrati. Quando c’è un terza persona, si ha un materasso per terra e uno sgabello di plastica per mangiare al tavolo, ovviamente previsto per due. Fatte ore le debite sottrazioni tra lo spazio totale e occupato da tutto questo ferro, lascio a voi immaginare quanto ne rimane per muoversi, per cucinare e per le altre attività quotidiane. Non ho mai capito la differenza tra cella e gabbia. L’unica differenza che riesco a vedere è quella prettamente lessicale: cella per l’uomo e gabbia per l’animale. Poi posso garantire che, a parte le suppellettili solo per uso umano, il resto è miseramente uguale.

Si e fortunati quando si divide questo spazio con una persona civile, dal momento che la convivenza cui si è obbligati è innaturale. Ho visto persone convivere cercando d’ignorarsi, e se si tiene presente il contato fisico molto probabile cui le dimensioni obbligano, vi lascio immaginare quanta tensione ci fosse in quella cella per 20 ore. Le restanti 4, di ore, si trascorrono all’aria in 2 turni di 2ore: un cortile di cemento circondato da mura di cemento alte 7 metri. Qui si può passeggiare avanti indietro è incontrare i compagni di sezione con qui parlare di ciò che si vuole. Gli argomenti spaziano tra i ricordi, la proprie verità, i propositi, gli errori, ma sempre con quell’idea centrale: l’essere detenuti. (…)

Dalle 13 alle 15 secondo turno d’aria: stesso cortile, stesse persone, stessi discorsi e cosi via verso la chiusura in cella e il catapultamento nella galera più dura, fatta di branda e di pensieri, ricordi e riflessioni melanconici e nostalgici, che durano ore. Ricordi, pensieri, sogni, progetti che, per quanto belli e buoni, non riescono a toglierti quella sensazione di vuoto dentro al petto, che è la tua vera condizione.

 

Milan, carcere di Monza

 

 

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