Vita - 28 marzo

 

Il fine pena: per Angelo condanna e non liberazione

 

Il carcere di Eboli è un istituto a custodia attenuata per detenuti tossicodipendenti che vengono, attraverso una formazione adeguata, gradualmente avviati a un effettivo inserimento lavorativo già nella fase di esecuzione della pena. E da Eboli arriva anche una delle più interessanti pubblicazioni del mondo carcerario, Il filo di Arianna, di cui abbiamo parlato di recente. Quella che segue è una testimonianza triste ma importante che ci viene da questo giornale, importante perché dimostra il coraggio, in una realtà con tanti aspetti positivi come quella di Eboli, di parlare anche di sconfitte, di chi attende il fine pena come la salvezza e poi non regge ai primi giorni di libertà. E meglio parlarne, meglio non nascondersi le difficoltà, per affrontarle con meno illusioni e più realismo e predispone più strumenti possibile per dare una mano a chi da solo non ce la fa.

 

Ornella Favero

 

Uno squillo, dall'altra parte del telefono una voce che chiede aiuto: è quella del cognato di Angelo, un ragazzo di Angri che fino a pochi giorni prima era residente nel Centro di accoglienza Casa Speranza, di Eboli. C'informa che Angelo non si riesce a trovare e che le sue ultime notizie risalgono a tre giorni prima, quando, insieme a un suo "amico", si era recato a Napoli per infliggere un'altra sofferenza alle sue braccia martoriare di cicatrici vecchie e buchi nuovi e lì, in un luogo sicuramente invaso di rifiuti, si era accasciato al suolo. L’amico chiama l'ambulanza e scappa via. Ancora uno squillo, dall'altra parte del telefono una voce spezzata dalle lacrime ci informa: "Angelo è morto".

Angelo era stato da noi, a Casa Speranza, più volte, e più volte lo avevamo messo di fronte alle sue debolezze, ai suoi malesseri, alla sua realtà. Con non poca fatica si era riusciti a farlo entrare in una comunità terapeutica, ma era durato poco. Un mese e poi via, a rincorrere la morte, che ancora non lo voleva. Lo arrestano, finisce in carcere e ritorna da noi agli arresti domiciliari. Un mese, due, tre, quattro e giunge il fatidico giorno del fine pena. Sembrava che Angelo fosse riuscito a guardare oltre… sembrava, ma non era così. A condanna scaduta era riuscito a permanere presso la nostra struttura poco più di una settimana, e poi di nuovo via, senza borse, senza documenti, senza soldi, senza nome… senza un briciolo di speranza.

Padre Ezio, i coordinatori, i ragazzi e tutti quanti ruotano nell'orbita dell'associazione di volontariato Spes unica, che hanno conosciuto Angelo e condiviso momenti di vita con lui fino a qualche giorno prima, pregano il Signore affinché lo accolga al suo fianco e impedisca l'interruzione violenta dell'esistenza di quelle persone che non hanno ancora colto l'essenza della vita.

 

Francesco Cozzolino

 

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