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Non voglio che il mio passato di persona che ha commesso dei reati resti un buco nero
Devo riuscire a far capire a mia figlia che dai miei errori ho imparato molto
Di Patrizia, marzo 2003
Ho letto con interesse la discussione che avete aperto in redazione alla Giudecca sui "sensi di colpa" di quelli che voi chiamate "genitori in sospeso", cioè persone come noi, con storie di carcere alle spalle o ancora in corso. Vorrei intervenire perché ho riflettuto molto sul provare sensi di colpa e sulla mia capacità di essere madre. Mi sono sentita "tirata in ballo" perché sono stata io a raccontare che, ora che sto a casa in detenzione domiciliare, vedo che in famiglia ho comprensione, ma che sono io stessa a non sentire di avere autorevolezza. È vero, ho comprensione, in un modo o in un altro tutti mi aiutano, posso dire di essere fortunata date le circostanze, e se in casa si parla dei fattori che mi hanno portata in carcere è perché ne voglio parlare io, alle volte perché i problemi che incontro e che devo affrontare sono la conseguenza di quei fattori, alle volte perché ne ho bisogno per soffrire un po’, per capire che non era quello che volevo per me. Non so se ho provato sensi di colpa, se li ho avuti, ora comunque non più, quello che sto costruendo sta ripagando pian piano la mia famiglia della sofferenza, della delusione che le ho recato. Credo che mai avrebbero pensato che sarei diventata una tossicodipendente e poi una detenuta. Il ricordo forte che ho è la vergogna, vergogna per certi comportamenti aggressivi che mi atteggiavo ad avere quando loro vedevano che non ero io quella persona e io mi rendevo conto di quanto avevano ragione e poi mentivo, mentivo spudoratamente. Adesso con loro, soprattutto con le mie sorelle, parlo, parlo e mi confronto, mi accorgo della diversità di vedute, ma il bello è proprio questo: altri stati d’animo, altre idee, la diversità ora mi fa stare bene. Quando stavo in carcere ho sempre chiesto loro di raccontarmi tutto, anche le cose spiacevoli, le difficoltà, perché solo così avrei potuto riflettere, aiutarli a stare meglio, trovare una via d’uscita per tutti alla sofferenza. Non voglio che il mio passato di persona che ha commesso dei reati resti un buco nero, una situazione di cui non si deve parlare, secondo me bisogna parlarne per crescere dentro. In questi anni di detenzione ho costruito, dentro di me, più coscienza di quello che voglio essere, ma non rinnego il mio passato perché sento che mi è servito e penso che bisogna conoscere tutto di noi stessi, il bene e il male, per capire cosa vogliamo dalla vita e come vogliamo viverla. Sul fatto di non potere avere autorevolezza con i nostri figli, devo dire che non mi piace questa parola, preferisco le parole rispetto, stima e considerazione. Io adesso sono limitata perché mi trovo in detenzione domiciliare e mi pesa questo fatto, perché la vita della mia bambina non è solo a casa, è anche accompagnarla a scuola, al corso di danza, andare per negozi a comprare da vestire, fare la spesa, portarla al cinema, a pattinare, cose a cui io non posso partecipare. La famiglia lascia a me tutte le decisioni che riguardano mia figlia, poi magari sono io che chiedo consiglio. Si può dire che tra noi c’è un comune denominatore, la bambina, e lavoriamo tutti assieme, finché non sarò in grado di potere gestire la nostra vita liberamente da sola con il mio compagno, che si trova ancora in carcere. Sento anch’io la paura del domani (e purtroppo non abbiamo la sfera di cristallo), ho dei dubbi, dei pensieri che mi faccio: chissà se mi rinfaccerà il passato? Se succederà, non posso farci nulla, metto in conto tutto, ma costruendo giorno per giorno il nostro rapporto e parlando serenamente e sinceramente con lei già da ora, sono sicura che non sarà poi un tasto difficile il domani, e comunque vada so che non le avrò nascosto niente. Voglio riuscire a farle capire che dai miei errori ho imparato molto, che la vita non è tutta a colori ma che può diventarlo facendo del nostro meglio, che non c’è un colore più bello dell’altro, basta sapere riconoscere quello che è meglio per noi e apprezzarlo. È una bambina che mi fa poche domande su questa situazione, ma so che quando parliamo e le racconto di me e del suo papà ascolta e riflette, questo è bene e spero che queste sue riflessioni un giorno vengano fuori in qualche forma e che ne potremo parlare.
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