Agli affetti potevamo pensarci prima,

quando andavamo a commettere reati...

 

Ma nella vita capita che dai per scontato quello che hai vicino, e solo quando lo perdi ne capisci il valore

 

Di Patrizia, agosto 2002

 

Quello che non capisco è perché si tende sempre a evitare, a nascondere, o a marchiare in modo pesantemente negativo le cose che danno fastidio, che scandalizzano. Così, quando si è cominciato timidamente a parlare di "stanze dell’affettività" in carcere, le hanno subito battezzate "stanze del sesso", beh certo a cosa potrebbero servire altrimenti? Fine… non se ne deve parlare più.

Invece bisogna parlarne perché a chi sta in carcere e sconta una condanna, non è previsto che oltre alla libertà gli vengano tolti anche l’affetto, il calore e l’amore che la famiglia vuole trasmettergli.

Ma si può trasmettere ben poco in una sala colloquio piena di gente, dove l’agente che vigila è pronto a battere sul vetro appena vede due mani che si cercano, si vogliono stringere, e tu allora cerchi di trattenerti dal farlo e intanto ti sforzi di sentire chi ti parla perché il chiasso è tanto, poi piano piano con fatica ti abitui a tutto, perché in carcere ci si abitua in fretta a una vita di convivenza forzata. Ma chi ti sta di fronte e viene da fuori, perché dovrebbe adattarsi a questo, e accettare il dolore, l’angoscia di doversene andare senza una carezza, oppure dando un bacio frettoloso sulla guancia e sperando che non ti dicano niente? Le stanze dell’affettività servirebbero soprattutto a questo, poter fare un colloquio a cuor leggero, serenamente, senza la tensione che c’è invece adesso.

Mi piacerebbe che la smettessero un po’ tutti di trasformare in perverso e brutto quello che riguarda i detenuti e il loro desiderio di restare persone affettivamente e sessualmente "vive". L’amore in tutti i suoi aspetti abbiamo diritto di manifestarlo anche noi, è una necessità e va rispettata, non bisogna nasconderla ma viverla.

Ho letto un articolo di Ristretti Orizzonti (marzo - aprile 2002) che parla del rapporto tra un detenuto con una pena enorme e la sua compagna, è toccante e sono sicura che molti invidieranno l’amore prorompente, intenso e completo che questa coppia ha vissuto. Ma sempre di amore "rubato" si tratta, perché per un detenuto vivere un rapporto d’amore vuol dire "rubare al carcere" dei momenti e dei gesti d’affetto che ti sarebbero negati e che tu cerchi invece di esprimere a dispetto di tutto.

Per chi sta fuori è facile indicare a dito i colpevoli, fare i moralisti sulla pelle degli altri, si sente dire tante volte: "Adesso che sono dentro si ricordano e pensano ai genitori, ai figli, alla compagna, ma quando commettevano i reati, non ci pensavano al dolore che portavano loro!".

Forse è vero, ma è anche vero, e questo vale per molta gente e non solo per chi è stato dietro alle sbarre, che nella vita dai per scontato quello che hai vicino, nessuno te lo porta via e così lo trascuri, è sbagliato certo, ma non è così facile riuscire a capirlo in fretta, alle volte è anche troppo tardi, ma se ci si riesce si finisce per arricchirsi dentro.

C’è gente che, troppo indaffarata nel lavoro e stanca, alla sera non trova il tempo per parlare o giocare con i figli, non ha tempo per salutare un amico o andare a trovare un parente ammalato, non sono mancanze anche queste? Non è far soffrire anche quello?

Non ho voluto incontrare mia figlia in carcere, proprio per timore di farla soffrire, ora che sono a casa potrei accompagnarla a trovare il papà, che è ancora detenuto, ma personalmente sono contraria, e lui anche. Il colloquio, come avviene oggi, è brutto per un adulto, figuriamoci per un bambino, le carceri come sono ora sono uno squallore, gli occhi trasmettono rapidamente al cervello le immagini, ma quelle poi rimangono nella mente, e un bambino ricorda più di un adulto.

Se ci fossero delle stanze apposite per gli incontri sarebbe diverso, lontano da occhi indiscreti, senza la paura di venire richiamati. È troppo brutto oggi, per chi va a colloquio, dover rinunciare a un gesto dettato dal cuore solo perché potrebbe creare un danno a chi sta dentro. E pensare che un bacio, una carezza dati da chi ti ama farebbero invece vivere la carcerazione con una marcia in più; per non parlare dell’amore come atto sessuale, non posso negare che lo vorrei fare, e lo farei se ci fosse un posto adeguato, non sarei normale se non lo desiderassi, e invece si deve rinunciare a tutto, diventare freddi e duri, e questa è una violenza, una violenza a cui si dovrebbe porre fine.