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Un’ordinaria giornata di… carcere
Prima puntata: dal brusco risveglio alla doccia
Di Tiziano Fabbian, aprile 1999
Finalmente! Ho atteso questo momento per sei anni. Sdraiati supini in una radura del bosco guardiamo il cielo attraverso il fogliame. Caldo pomeriggio di mezza estate, una brezza leggera ci scivola addosso avvolgendoci di aromi silvani: quello speziato e polveroso di corteccia, l’aroma ambrato e piccante della resina, quello fresco di muschio. Una fragranza fruttata stacca, distinguendosi dall’insieme; ... "più che un profumo, un dettaglio indispensabile per una donna talvolta dolce e fragile, ora decisa e determinata..." recita una voce nella mia mente. Sì! Il profumo della donna al mio fianco, la donna che amo! Stringo la sua mano, ora i nostri volti sono vicini, eppure il suo viso non mi appare ben definito; più che vederlo lo riconosco nei suoi capelli biondi e corti, gli occhi azzurri, slavi, le labbra rosa, carnose. In questo momento il suo profumo s’impone su tutto, invade la mia mente. "E’ nuovo questo tuo profumo?", le chiedo baciandole le palpebre socchiuse. "L’ho messo per te", risponde con voce bambina, "è profumo di… LATTEE!", conclude con tono virile e una, non proprio leggera, inflessione siciliana. Sbalordito la guardo, mentre inizia a scomparire quasi inghiottita dal suolo muschioso. LATTEE!, riesce ancora a dirmi, con lo stesso tono e inflessione, prima di svanire del tutto; e con lei, collassando, si dissolve lo scenario, la radura, gli alberi, e io… apro gli occhi svegliandomi. Allo spioncino aperto, il viso tondo e sornione di Totò, il "portavitto". "Cumpà… il latte lo prendi o me n’aio annare?", e sorride, ‘sto cane. "T’ammazzassero gli svizzeri a colpi di Swatch!", lo sgrido io, "è da una settimana che ti dico di non svegliarmi la mattina per il latte, non lo bevo: io bevo tè!" "Ammia me vuoi bere?", continua lo scherzo. "Ma vedi d’andare…!", gli suggerisco. "Vedi", mi dice, "dormivi così bene che era un peccato non svegliarti… stavi forse facendo un sogno ierrotico?" "Sparisci, depravato!", dico, e se ne va sogghignando. Sento ancora l’aroma silvano nell’aria, e anche quello di frutti esotici; devo cambiare posto al Gled, troppo vicino al letto. È andata… inutile cercare di riaddormentarsi per riprendere il sogno, quindi, tanto vale alzarsi e iniziare ufficialmente un’altra "rieducativa" giornata… in carcere.
Vivere in un ambiente di quindici metri quadri ha i suoi vantaggi? Mi alzo, indosso l’accappatoio e inizio lo schema di danza mattutino: tre passi in avanti, e sono nel bagno cucina; tre passi a sinistra, e sono al piano cottura. Accendo il fornelletto a gas, tipo camping, sopra, il bricco con l’acqua per il tè. Un passo a destra, ho il lavandino; allungo il braccio, ecco la busta dove conservo gli articoli da toilette. Mettendo il dentifricio sullo spazzolino penso che, specialmente al risveglio, è molto comodo avere "tutto a portata di mano"; vivere in un ambiente di quindici metri quadri ha i suoi vantaggi, ma il guaio è che in un ambiente così limitato ci devi passare buona parte del giorno e la comodità del mattino, il "tutto a portata di mano", nel corso della giornata diventa un impiccio, un "tutto tra i piedi". Pazienza, non si può avere tutto, come diceva… chi lo diceva? Ah, sì! Il giudice quando m’ha condannato per appropriazione indebita. L’acqua nel bricco bolle, prendo una bustina, strappo il filtro e verso il tè in polvere nell’acqua, spengo il fornelletto. Lo lascio in infusione il tempo di lavarmi la faccia… e voilà, è pronto, già decantato e non lo devi filtrare. Mezzo litro d’acqua e una sola busta di tè. Perché? I cosiddetti "conti della massaia", se non s’è imparato a farli prima (buona parte di noi si trova qui per quello), di certo si impara a farli in carcere; i soldi, sono pochi, i generi di sopravvitto, come li chiamiamo qui, costano in modo esagerato, quindi, volendo mantenere alcuni "piaceri della vita" in modo continuativo, certi conti si è obbligati a farli. Finite le abluzioni prendo la spazzola per capelli. Questo è il momento più duro della giornata. Entro nella visuale dello specchio e come ogni mattina, mi trovo davanti la solita maschera sorridente, con le piume (i capelli) tutte all’aria. "Ma che hai da sorridere", le dico, "sei in galera!". A questa parola, lei perde il sorriso, diventa pensierosa, poi seria. E’ risaputo che specialmente le immagini riflesse trovano difficoltà nel realizzare rapidamente le situazioni a causa della loro assenza di memoria. Per loro, ogni giorno è un giorno nuovo, mai visto. Rinuncio a pettinarmi, tanto, tra poco più di un’ora, farò la doccia. Verso il tè nel bicchiere, m’accendo una sigaretta e il televisore, mi siedo sul letto. Passa l’agente e apre i blindati (di ogni cella), sono dalle otto alle otto e quindici. L’orologio qui in carcere è un optional, le ore sono scandite dalle stesse azioni quotidianamente ripetute. Circa alle sette e trenta, colazione; ore otto, apertura dei blindi; ore nove, passeggi o sala ricreativa; ore nove e mezza, docce fino alle undici; ore dieci, pane e frutta; ore undici e quindici, chiusura nelle celle; undici e trenta dodici, pranzo. Dimenticavo, a sorpresa, battitura dei ferri; a sorpresa nostra però: se decidi di stare a letto un’ora in più, stai pur certo che il "concerto" inizierà alle otto; se decidi d’alzarti perché tanto sai che tra poco arriveranno, li aspetterai fino alle dieci e oltre… "Buongiorno…!", dice la giornalista di Rai Tre interrompendo i miei pensieri. "Lo dici tu", la saluto, poi ascolto il sommario: "D’Alema dice a Prodi… Prodi a Berlusconi… emergenza Kossovo… emergenza extracomunitari… emergenza terremoto…". "Mio Dio! Speriamo non diano la colpa a noi anche di questo!", penso, sì, perché se l’Italia è una repubblica fondata sull’emergenza, siamo noi i suoi capri espiatori preferiti; ogni emergenza di questi ultimi anni ha partorito detenuti: noi siamo i figli dell’emergenza! Emergenza terrorismo, emergenza mafia, emergenza corruzione politica… e, ogni volta, i nostri legislatori non hanno trovato niente di meglio da fare che ritoccare schizzofrenicamente l’Ordinamento Penitenziario, con leggi e decreti, naturalmente "provvisori" da decenni. Un agire, che, più che dare lavoro alle tipografie, niente ha fatto per la soluzione dell’emergenza, ma tanto ha fatto, rispetto a noi, 49.500 detenuti, che non siamo ne terroristi, ne mafiosi, ne tangentisti, e dagli con le modifiche di legge e dagli con l’inasprimento dell’Ordinamento Penitenziario. Ma volete, una buona volta, tenere giù le mani dal nostro codice?! "… Un aggiornamento, al prossimo notiziario della nostra rete. Vi auguriamo un buon proseguimento di giornata, arrivederci". "A quella zoccola di tua sorella, un buon proseguimento di giornata… che cazzata!", le dico. Inizio le pulizie quotidiane dal pavimento. Il tavolino capovolto, sul letto; sopra il tavolo, il secchio della biancheria da lavare, lo sgabello di legno; sopra lo sgabello le bottiglie dell’acqua minerale; nei buchi rimasti, le scarpe e tutto quello che, per mancanza di appropriate superfici di appoggio, siamo costretti a tenere sul pavimento. Scopa e paletta, una passata; acqua, detersivo e… spazzolare con vigore, così si smaltisce il nervosismo indotto dalle ultime considerazioni sull’emergenza. Sfrega - sfrega ma, sul nudo cemento, le macchie hanno oramai fatto corpo unico. Poi, passo e ripasso lo straccio strizzato per raccogliere l’acqua, pulisco il water, il lavandino… i vetri li farò domani. Accendo una sigaretta e aspetto che la corrente d’aria asciughi il pavimento; guardo la TV e penso ai fatti miei. Dopo una quindicina di minuti, posso camminare senza lasciare impronte. Disfo la piramide eterogenea che ho sul letto e inizio a prepararmi per andare alle docce. Sono quasi le dieci. Sento R. che mi chiama; mi avvicino al cancello: "che c’è?", chiedo. "Hai visto il telegiornale?" "Sì", rispondo. "Hanno detto niente per noi?". "Se non sei dentro per tangenti ai partiti, no! Sai che parlano solo di loro…". "Ma io, sono stato arrestato sulla tangenziale est di Milano, sono un "tangenzialista", pensi valga?", mi dice. E io, sorridendo: "Ma va a farti fott…!". "Già fatto", replica, "ci ha pensato il giudice!". "Mollami che devo andare in doccia; ci sentiamo dopo. Anzi, già che ci sei, prepara il caffè che passo a berlo al volo. OK?!". "Cinque minuti ed è pronto, portati il bicchiere!".
In doccia! in doccia! Accappatoio, asciugamano sulle spalle, ciabatte in plastica ai piedi, in una mano il secchio con la biancheria (in doccia si lava meglio), nell’altra sacchetto in plastica con spugna, shampoo, e bagnoschiuma. Così abbigliato, mi trova l’agente che ho chiamato per aprirmi il cancello. "Buon giorno agente!" "Buon giorno F.! Andiamo in doccia?", mi dice. "Non posso andare da solo?", celio. "Ma certo! Tanto più che non ho portato il costume da bagno", risponde stando allo scherzo e apre il cancello. "Grazie!" "Prego!". Esco, pensando che è importante incontrare ad inizio giornata qualcuno che possiede il senso dell’umorismo, indice d’intelligenza, a parere mio. Intendiamoci, non tutti sono così (né da una parte né dall’altra), ce ne sono di diversi tipi. Quelli che quando chiami, prima di venire ti fanno aspettare un quarto d’ora, anche se non stanno facendo altro; è il loro modo di farti notare, ribadire, che le chiavi le hanno loro. Altri, arrivano subito, non ti guardano nemmeno, non rispondono al saluto, aprono il cancello e subito lo richiudono e, se non ti sbrighi ad uscire, ci lasci dentro l’accappatoio restando in mutande. Altri arrivano brontolando tra i denti, incazzati con il mondo, tipi che senz’altro, sulla loro lapide sotto la foto, faranno scrivere: "Ma che cazzo hai da guardare!". Altri, come quello di stamane, per i quali la buona educazione non è un optional, sono, senza dare o prendere confidenza, i più rispettati dai detenuti. Anche in questa, come in tutte le professioni, c’è chi mira al rispetto, e chi al soprannome… e i nostri di soprannomi sono piuttosto "feroci". Per finire, comunque, due parole sulle docce. Funzionano in modo molto strano: apri il rubinetto dell’acqua calda e nel giro di 10 secondi ti arriva a temperature da ebollizione, cerchi di miscelarla con l’acqua fredda, ma ti accorgi che il secondo rubinetto ha una funzione puramente estetica; poi, autonomamente nel giro di una quindicina di secondi, il flusso d’acqua acquista una temperatura accettabile ed è il momento di saltare sotto e insaponarti velocemente perché, in un’altra quindicina di secondi, scende a temperature artiche e tu salti fuori per non cadere vittima dello sbalzo termico, quindi, bello insaponato, aspetti che il ciclo si ripeta per risaltare dentro e sciacquarti. Insomma, più che esseri umani intenti alle abluzioni quotidiane, sembriamo delle cavallette impazzite e maledicenti.
(continua)
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