Ma allora forse serve a qualcosa lavorare a zero lire

(e ora a zero Euro) nelle redazioni dei giornali del carcere

 

Questa è la storia "semiseria" del lungo percorso di un detenuto per approdare, dalla redazione di Ristretti Orizzonti, a un lavoro esterno, qualificato e anche gratificante. Il che non è poco, con i tempi che corrono, e dà speranze a tutti quei detenuti che passano ore e ore del loro tempo a non guadagnare nulla facendo un vero lavoro nelle redazioni dei giornali delle carceri: la speranza di mettere a frutto poi, all’esterno, tutte quelle conoscenze pazientemente acquisite, spesso rinunciando a lavori retribuiti per continuare a far sopravvivere questi fragilissimi giornali.

 

Di Tiziano Fabbian, gennaio 2002

 

Quand’è che ti accorgi che la situazione che stai vivendo ti è venuta a noia, non la reggi più?

Quand’è che capisci che hai bisogno di nuovi stimoli per andare avanti e che è arrivato il momento di dare una svolta decisiva alla tua vita? Forse quando le piccole cose che ti danno gioia, quegli spazi di consuetudine che scandiscono il vivere quotidiano e lo rendono riconoscibile come tuo, diventano tappe obbligatorie di una situazione che inizi a percepire come estranea.

Giusto un anno fa, proprio questo mi è successo. Un bel giorno mi accorgo di non apprezzare più, come solitamente avveniva, quel momento, tanto atteso e considerato tra i più sentimentali che prende il nome di battitura delle sbarre. La xilofonica armonia che tanto amavo, s’era trasformata in un rumore e, per giunta sgradevole. E poi, stupefacentemente, il serale sbattimento di cancelli e blindi, con rumorosa chiusura a più mandate delle serrature, non mi comunicavano più quel senso di protezione dagli innumerevoli pericoli esterni che prima, rasserenandomi, mi predisponeva ad un profondo sonno. Accoglievo questa dimostrazione di premura con mal celato fastidio. Ed altro.

Cos’è casa ? Penso che la sua definizione non sia tanto riferibile ad un determinato luogo fisico, quanto ad un, sempre determinato, stato mentale. Sei a casa quando senti d’esserci, indipendentemente dal luogo fisico che in quel momento stai occupando e, nel mio caso, in carcere non mi ci sentivo più, per cui era arrivato il momento d’andarmene.

Già da tempo avevo maturato le condizioni di legge per accedere ai cosiddetti benefici, quelli che ti permettono di espiare parte della tua condanna all’esterno, come ad esempio la semi-libertà o l’articolo 21 (di giorno fuori al lavoro, di notte in carcere), ma, per l’appunto, per accedervi dovevo trovare una ditta disposta ad assumermi e questo, nel caso di un carcerato, solitamente costituisce un grosso problema.

A costo di apparire un ingrato nei confronti dell’Istituzione, ma consapevole del fatto che anche rimanendo, controvoglia, non sarei più riuscito a darle il meglio di me come avevo fatto in tutti questi anni, decisi di rivolgermi all’educatrice al fine d’ottenere una dritta (informazione giusta), riguardo alle ditte o cooperative che non disdegnano di impiegare tra le proprie maestranze persone nella mia condizione.

"Ho ciò che fa per te!", mi disse. "C’è una cooperativa di servizi che principalmente si occupa di pulizie. Ti fisserò un appuntamento con la responsabile in occasione della tua prossima uscita in permesso premio". Il vedere così chiaramente riconosciute le mie capacità professionali non fece che rafforzare in me l’idea che era proprio arrivato il momento di cambiare aria.

Lavoro esterno! Il mio sogno trovava finalmente concretezza.

Ma intanto passò un altro mese, e poi un pomeriggio mi convocarono a colloquio per dirmi: "F. per quanto riguarda la sua ammissione al lavoro esterno, dobbiamo comunicarle che lei andrà a lavorare presso il Comune di Padova, con compiti di segretariato!". Aggiunsero anche che, dal momento che si trattava di una richiesta urgente fatta da un’Istituzione del Comune, non sarebbe trascorso tanto tempo per la concessione del beneficio della "ammissioneallavoroesterno".

Infatti, dopo un mese ero ancora lì, e dopo due, anche, al che, ricordo, pensai: "In principio la cooperativa, ora il Comune... tutti mi vogliono ma nessuno mi prende!". .Per farla breve, riuscii a mettere piede fuori dal carcere dopo sette mesi e mezzo da quando "avevo deciso di andarmene", ed io, nella media, sono stato uno dei più fortunati.

Anzi, sono stato doppiamente fortunato: per l’interessamento dimostratomi dagli operatori carcerari e dalla stessa Direzione del carcere, e per la qualità del lavoro nel quale sono oggi occupato.

 

Da una redazione in carcere a un Laboratorio di Quartiere

Istituzione Progetto Impresa, un’istituzione del Comune di Padova, nell’ambito del progetto Polaris nato per il reinserimento lavorativo delle fasce più deboli della popolazione, ha firmato una convenzione con la Direzione della Casa di Reclusione di Padova, per la quale mi ha assunto in qualità di impiegato, con un contratto di collaborazione coordinata e continuativa,

Di cosa si tratta, in effetti?

Il Comune di Padova, con altri partner istituzionali, sta portando avanti un progetto di ristrutturazione e riqualificazione urbana, ambientale e sociale che interessa un intero quartiere, il Savonarola. La particolarità di questo progetto sta proprio nel fatto che i residenti sono stati chiamati a partecipare, ad esprimere il loro parere sulle opportunità, modalità e priorità dei processi che il progetto contempla. Partecipazione, quindi, è il termine che sostanzia l’intero progetto e, giusto nel promuovere il processo partecipativo, trova il suo senso la mia collaborazione.

In qualità di Responsabile del Laboratorio di Quartiere, un organismo dotato di crescente autonomia, voluto ed inserito nell’ambito del progetto che per l’appunto si chiama Contratto di Quartiere Savonarola, mi occupo delle attività culturali ed informative promosse dai referenti informali (Gruppi ed Associazioni) e formali (Istituzioni) coinvolti nel Contratto di Quartiere, in collaborazione con il personale del Settore Edilizia Residenziale del Comune di Padova, del quale è Capo l’architetto Sergio Lironi, responsabile del Progetto.

L’informazione, anche in questo caso, si è dimostrata l’elemento imprescindibile per la realizzazione del coinvolgimento e della collaborazione tra le parti.

A questo proposito abbiamo realizzato un notiziario, MilleVoci, distribuito ad ogni famiglia del quartiere e che si caratterizza per la qualità dell’informazione, nella quale ogni notizia rappresenta parte della vita locale del quartiere ed è condivisione di sapere ed esperienze, cioè cultura.

Di seguito, nell’ambito del progetto di Piazza Telematica, abbiamo attivato un sito web, www.elquartieresavonarola.it, che oltre a fare informazione, si propone di promuovere l’alfabetizzazione informatica e favorire l’occupazione tramite il telelavoro.

 

Queste, in breve, le mansioni principali che sono stato chiamato a svolgere, ma molte altre mi competono e a tutte cerco di provvedere con passione, in quanto è la passione che riesce a coinvolgermi e muovermi, ma non è sempre stato così, ovviamente, e infatti non posso dire che la situazione detentiva nella quale mi sono cacciato sia il risultato di una precedente appassionata attività di tipo delinquenziale.

La passione paga, e paga anche nel tempo, l’ho capito ora che figuro come Responsabile del Laboratorio di Quartiere, come Coordinatore di redazione, come impaginatore, come grafico del periodico sopracitato e come organizzatore del sito web.

Paga nel tempo perché questa mia non è passione recente, ma è nata circa quattro anni fa, in coincidenza con la nascita di Ristretti-Orizzonti, una di quelle attività svolte in carcere che non è stata creata per fare passare, in qualche modo, il tempo ai detenuti, perché se ne stessero buoni, ma è un vero e proprio percorso "etico", di responsabilizzazione verso se stessi e verso gli altri, di promozione della cultura del lavoro, di concretizzazione della possibilità per i detenuti di costruirsi una professionalità, e una professione realmente spendibile sul mercato del lavoro.