|
Ragionare, o calpestare le opportunità, o forse non averne molte, di opportunità?
Considerazioni a ruota libera di uno straniero a fine pena, quando "ti può succedere, nei primi giorni di libertà, di bussare alla porta di casa tua… perché qualcuno ti apra"
Di Mario Tadinac, novembre 2000
Non voglio offendere nessuno, né polemizzare sulle condanne, giuste o meno che siano, colpevole o innocente che sia la persona condannata. Siamo qui, dietro le sbarre, per il periodo cosiddetto di rieducazione, inflitto dal sentimento e dalla volontà di un giudice, "in nome del popolo italiano". Rieducazione, o meglio educazione; per alcuni può anche servire, può funzionare, ma per la maggioranza credo che sia ancora inesistente. Noi stranieri possiamo a ragione sentirci discriminati ed esclusi dalla realtà, perché dopo avere scontato la pena, che futuro abbiamo? E qui comincia una marea di domande sul futuro possibile e sul passato: che cosa ci aspetta, l’espulsione? il ritorno nella strada?! ricominciare a delinquere per vivere?! regolarizzare la nostra posizione con documenti e lavoro?! il lavoro c’è o non c’è? sei qualificato o no? Il tempo trascorso dietro le sbarre l’hai impegnato nello studio, per avere una formazione professionale o un diploma, o l’hai passato steso a letto e per rompere la monotonia ti sei fatto tagli e taglietti sul tuo corpo, che ti dava fastidio?! Per alcuni non è facile esprimersi correttamente con la propria lingua d’origine, figuriamoci con una adottata, come l’italiano. Accenti, articoli, aggettivi, verbi, avverbi, preposizioni, congiunzioni, sintassi, periodi, abbreviazioni... sono tutte cose estremamente difficili anche per un italiano, potete ben immaginarvi per uno straniero. E il diploma, preso nel tuo paese, è valido o no in Italia? la scuola che hai frequentato al tuo paese, serve a qualcosa in Italia? bene, il giudice pensa per te e ti condanna ad una pena abbastanza lunga da poter riuscire a frequentare la scuola elementare, medie e superiori e, se sei fortunato, penserà anche agli anni sufficienti per raggiungere la laurea. In questo modo non sprechi il tuo tempo e esci con un diploma e senza certezze per un lavoro. Un’esperienza di anni di carcere ti aiuterà sicuramente a trovare un bel posto nella società lavorativa… Una volta libero devi pensare da solo a te stesso. Non c’è più il carrello con il mangiare che passa tre volte al giorno. Non c’è più il cambio lenzuola ogni dieci o quindici giorni, ma le cambierai quando vorrai tu. Non esisterà più il libretto e neppure lo spesino che ti porta la spesa ordinata dal tuo "appartamento", dovrai andarci da solo, al supermarket. Non ci sarà più bisogno di fare la domandina, con il rischio che ti rispondano di attenerti al "modello 72"! L’abitudine di essere controllato e perquisito a poco a poco si dimentica, come l’apertura delle porte. Può succedere, nei primi giorni, di bussare alla porta di casa tua… perché qualcuno ti apra. Hai perso l’abitudine ad usare le chiavi, come hai perso l’abitudine di sporgerti dal davanzale. L’abitudine di vivere in dieci metri quadrati ti fa sentire piccolissimo in un appartamento di centinaia di metri quadrati. In casa, per rendere l’ambiente familiare, devi numerare le porte. E cosa dire del letto…? Finalmente ti senti "rieducato"; lavi i piatti e i tuoi vestiti, tua moglie ti guarda con uno strano sguardo chiedendoti se ti senti male, e tu che non capisci. Dopo tanti anni sei abituato a lavare i tuoi panni da solo. Quando parli con i tuoi familiari ogni tanto ti scappa qualche parola in italiano, ma non preoccuparti con il tempo passerà… hai finito la tua punizione, oramai sei libero e rieducato… e, sentirti libero, ti piace sempre di più. Lavoro… casa… lavoro… la vita quotidiana copre il passato, che vuoi tanto dimenticare. Un bel giorno arriva un avviso: devi pagare il mantenimento in carcere. Tu avevi intenzione di comprarti una macchina, vero?! Peccato, devi pagare; lo Stato vuole la sua parte. A loro non basta che sei stato in carcere, adesso devi pagare per tutti gli anni di servizi ricevuti "nell’albergo del riposo forzato". Incontri un amico conosciuto in carcere e ti propone un affare, facile, pochi rischi e buon guadagno; dimentichi tutto quello che hai passato. In pochi minuti decidi di accettare o rifiutare; ma, questa, è un’altra storia…
|
|