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Vorrei anch’io riuscire a parlare con i miei famigliari
di Sergei Vitali, settembre 2008
Mi sento di scrivere questa testimonianza perché, come tutte le persone detenute, anch’io ho bisogno di avere la possibilità di parlare con i miei cari, ma siamo in tanti qui in galera i cui parenti non hanno un telefono fisso in casa, e di conseguenza non ci è consentito avere nessun contatto con loro, perché se le nostre famiglie hanno solo il telefono cellulare, con le regole attuali non è permesso chiamarle. A dire la verità, per noi è difficile capire perché ci rendono la vita difficile con questi divieti, mentre ci sono un sacco di Paesi, dalla Francia agli Stati Uniti, nei quali i detenuti possono telefonare serenamente ai propri famigliari, e anche ad amici, a persone care, senza tutte queste limitazioni. Le lettere destinate a un Paese lontano come il mio, la Moldavia, arrivano una volta su dieci, quindi le notizie da casa sono pochissime, io sono cinque anni che non ho un colloquio telefonico con i miei cari perché così sono le regole, e sono regole difficili da accettare. Ma per quale ragione telefonare a un cellulare deve essere vietato, considerato il fatto che i telefoni mobili si possono controllare quasi meglio di quelli fissi? E comunque oggi la tecnologia tende sempre più ad eliminare i telefoni fissi in favore di quelli mobili, quindi credo che a questo punto si dovrebbe prenderne atto e autorizzare le telefonate anche sui telefoni mobili, così possiamo anche noi riallacciare i rapporti con i nostri cari e ricostruire finalmente i nostri legami più importanti. Certo viviamo in un periodo in cui i detenuti stranieri il vostro Paese preferirebbe cacciarli in fretta. Ma nel frattempo cambiare le norme che riguardano le telefonate dei detenuti, che di fatto impediscono a molti di noi di avere un contatto con le proprie famiglie, non costa nulla e credo non presenti nessun rischio. La possibilità di telefonare è spesso l’unico modo che abbiamo per mantenere un legame con la vita esterna: scontare la pena non penso debba voler dire essere privati della speranza di sentire almeno le voci dei nostri cari. |
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