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Storia di Said, partito da Marrakesh in cerca di fortuna
E poi di suo fratello minore Samir e di altri ragazzi ingaggiati nei loro paesi per venire a "lavorare" in Europa
Di Said, agosto 2000
Said è il figlio maggiore in una famiglia povera di Marrakesh: quello di lucidare le scarpe è il suo primo lavoro, deve girare per le strade ed entrare ovunque, nei locali, nei bar… in cerca di clienti. La sera torna a casa, distrutto ma contento, perché ha guadagnato e può portare alla famiglia il sorriso che spesso manca ai poveri. Il quartiere dove abita è il cuore della città, in cui arrivano turisti da tutto il mondo incuriositi del fascino d’una civiltà antica, dalla storia e dal luogo geografico, che è un misto fra la tradizione e la modernità. Avere una bancarella in questo grande mercato non è facile, ma Said ha imparato dalla strada ciò che dalla scuola non ha potuto avere: è stato promosso come venditore quando Moktar, un anziano mercante, gli ha affidato una bancarella su cui disporre diversi prodotti artigianali: ciabatte di pelle, abiti tradizionali, piatti d’argento, profumi estratti con metodi naturali, portafogli di pelle, etc. Un souvenir stupisce lo straniero a prima vista e l’acquisto di questi oggetti vuol dire comunicare con questa civiltà splendida; i prezzi sono patteggiati fra il turista e il venditore. Dopo aver guadagnato abbastanza, Said comincia a restaurare la casa della sua famiglia, conservando l’architettura originale: la porta è a forma di ferro di cavallo, l’amico fedele delle conquiste arabe. Le modifiche sono apportate solo internamente e, alla fine dei lavori, la famiglia festeggia l’occasione invitando parenti e vicini di casa: la madre e le sorelle di Said hanno le mani e le piante dei piedi colorati con la hennè; nella cucina ci sono grandi movimenti, la madre con le zie allungano i piatti di couscous; durante la cena e i festeggiamenti Said è coccolato da tutti gli invitati e dai familiari, perché la famiglia ha ottenuto un momento di sollievo economico per merito suo. Moktar controllava non solo il lavoro di Said, ma anche quello di altri ragazzi tutti minorenni che, a spasso nel mercato, maturano l’abilità di commercianti in attesa d’un domani sconosciuto. Nel frattempo, i genitori di Said vengono a sapere che Moktar ha deciso di mandarlo in Italia; contenti o scontenti che siano, non c’è niente da fare n’è da dire: Moktar ha già confermato che Said rimarrà in viaggio per due anni, due anni nei quali avrà l’opportunità di decidere sul suo futuro. Partono; Moktar, Said e altri due ragazzi. Il viaggio dura tre giorni. Moktar è pratico delle dogane fra gli stati che devono attraversare "pas des problemes", dice, e alla fine arrivano a Torino, in Italia. Vanno a infilarsi in un campo di nomadi, lì c’è già qualcuno che li aspetta, un certo Smail, una fotocopia dell’anziano Moktar. Si trovano così in un accampamento, attorno a un tavolino, a mangiare gli spiedini di kebab: mangiano lentamente, mentre gli anziani chiacchierano con allegria per scacciare l’angoscia scritta sui volti dei ragazzi, così li liberano dal pugno che chiude la loro gola, impedendo al boccone di kebab di arrivare allo stomaco. Poi, stretti in un lettino, si addormentano. La mattina dopo, Moktar se n’è andato: li ha ceduti a Smail. Salgono nella sua vettura, nella quale ci sono altri tre ragazzi, ciascuno dei quali abbraccia un secchio pieno di stracci. Si dividono in tre gruppetti di due: per imparare "l’arte" fai compagnia ad uno dei vecchi e una settimana dopo hai il tuo ‘territorio’, cioè un semaforo tutto tuo! Un tuffo in mezzo agli autoveicoli, ogni volta che si fermano al semaforo rosso, per pulire i vetri: ma solo a chi fa ‘sì’ con la testa. Più aumenta il traffico, più soldi si guadagnano: le donne sono più sensibili e, a volte, anche più generose degli uomini. Alle sei della sera Smail fa il solito giro, raccoglie tutti i "suoi ragazzi" fermi ai semafori. Arrivati al campo, svuotano le tasche in un scatolone che lui porta con sé. Karim, un ragazzo più anziano degli altri, consiglia di non uscire a notte fonda. Karim è in Italia da un anno, lui sostituisce la mamma: è un ottimo cuoco, prepara piatti che hanno il sapore di casa. Anche lui ha una famiglia sulle spalle e, ogni tanto, procura un po’ di hascisc che fumano assieme. Karim ha spiegato a Said che nessun ragazzo ha potuto portare a termine il sogno con cui è partito dalla sua terra. Domenica pomeriggio è il loro giorno di riposo: una telefonata a casa, una passeggiata, niente di speciale. Un giorno Said chiede a Karim: - Perché non scappiamo? Vengo con te, lavoriamo per conto nostro, è l’unico modo per tornare a casa! - Ascoltami, - risponde Karim - Smail manda dei soldi alla mia famiglia e, così, loro se la cavano; avere di più non si può ed io m’accontento di ciò che ho altrimenti sono guai, "solo guai", è difficile accettare ciò che accade, ma altro da fare non c’è. Said comincia a preoccuparsi, è nostalgico di natura ed ha tanta voglia di tornare, ma non sa dove sbattere la testa. Da un lato, è vero che Smail sostiene le loro famiglie sempre più bisognose, ma dall’altro sono costretti a ripagarlo a caro prezzo. Said sta talmente male che, alla fine, fugge senza pensarci troppo, senza avvisare nemmeno Karim. Si dirige verso la stazione ferroviaria, lì c’è tanta gente, che va e viene e si incontra senza nemmeno guardarsi. La sensibilità e la simpatia non hanno niente a che fare con questo mondo frenetico, di cui Said è stupito e nel quale non sa come comportarsi. Trascorre la sua prima notte in solitudine: quando l’alba comincia a rischiarare il buio, improvvisamente un giovanotto dal volto arabo, si ferma e lo fissa un attimo. Said si sveglia e gli risponde senza paura, accetta la colazione che gli viene offerta e nel frattempo parlano del più e del meno. Si chiama Zied, è tunisino, e lo accoglie nel suo appartamento: il lusso e l’ordine in cui abita dimostrano che guadagna più del Re del Marocco! Ha uno scooter, su cui porta in giro Said di giorno. Una sera, in un bar del centro, Zied porta con sé Said per fargli vedere qual è il suo mestiere. E gli spiega a lungo quale rischio corre a fare quel lavoro, in qualsiasi momento. Zied spaccia droga. Said, oramai accecato dai soldi, si trova, suo malgrado, risucchiato in un mondo che non gli appartiene. Un mese dopo arrestano Zied e lo rimpatriano perché è recidivo e, di conseguenza, Said rimasto solo, incontra la verità nuda e cruda. La depressione e la disperazione in cui si trova Said lo portano a cadere nella tossicodipendenza. Comincia a "tirare" eroina per avere il coraggio di spacciare in mezzo alla gente, ma il treno su cui è salito corre in un circuito chiuso, dal quale non c’è alcun ritorno. Si accorge che ora deve spacciare per soddisfare il proprio bisogno, finché un giorno l’arrestano. Il giorno in cui Said era scappato da Smail, mentre lavava i vetri al semaforo, Moktar, tornato in Marocco, aveva ingaggiato suo fratello minore Samir. E Samir era già partito per l’Italia con Moktar. La storia era ricominciata!
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