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Colloquio: un’ora di ossigeno vero
Di Marco Rancani, ottobre 1998
Sto camminando lungo corridoi e stanze impersonali, insieme ad altri 4 o 5 compagni; a volte ci scambiamo qualche parola, qualche battuta ma spesso non parliamo, perduti nei nostri pensieri, nelle nostre sensazioni ed emozioni così intense. Ecco siamo arrivati. Sono arrivato! Ed ora sono immobile davanti a questa pesantissima porta di ferro, ci sono attimi di silenzio assoluto, l’unico rumore è quello delle enormi chiavi dorate che aprono "Sesamo", l’unica possibilità di comunicazione tra me, in carcere, e il mondo dei miei affetti e la vita "là fuori". Sono solo attimi, eppure il mondo sembra dissolversi, perdere la sua consistenza, la sua continuità di attimo che si succede all’attimo. Tutto è stranamente immobile, spazio e tempo. Poi, come al rallentatore, vedo le mani dell’agente aprire lentamente ed il mio cuore all’improvviso comincia a battere all’impazzata; il sangue circola in maniera vorticosa viste le sensazioni strane che provo; un sottile strato di sudore mi imperla la fronte, mi bagna le mani e mi fa rabbrividire in tutto il corpo. Dentro poi…! "Dentro" là dove hai i tuoi pensieri e i tuoi sentimenti, il tumulto è indescrivibile, tutto si muove alla velocità della luce: viene, va scompare, ritorna… "Devo ricordarmi di dire questo… di chiedere quell’altro… di dire… di chiedere". La porta è ormai aperta, quel diaframma, così insuperabile, tra me, i miei affetti e il mondo là fuori ancora una volta è scivolato via, mi lascia passare, mi dona un’ora di "ossigeno vero", un’ora in cui cercherò di accumulare dentro di me pensieri e sensazioni intense, positive, di ricevere gioia, serenità e allegria che poi porterò con me quando "Sesamo" con suprema indifferenza si richiuderà alle mie spalle ed io sarò rigettato in un mondo totalmente privo dei colori vivaci della speranza, della vera amicizia, del vero affetto che dà comunque e sempre e non chiede. Sto entrando nella sala colloqui, cercando di mostrare indifferenza all’osservatore distratto, ma provando in tutto il mio essere fisico, emozionale e spirituale un’esplosione di vita, di felicità al pensiero dell’incontro e, nello stesso tempo, di paura, insicurezza, timore che qualcosa sia cambiato, che qualche notizia brutta stia per giungere. Ogni mia cellula è inondata da fiumi di "sentire" in pieno contrasto tra loro; dentro brucio di felicità, provo serenità e sconvolgimento, vorrei parlare per tutto il tempo, porre infinite domande e ricevere infinite risposte; mi viene da ridere e da piangere, il cuore scoppia, il mio corpo è percorso da un leggero e continuo tremore che cerco di mascherare agli altri muovendomi, scambiando qualche frase… ecco lei è apparsa sulla porta; mi cerca con gli occhi, cerca me… e allora mi prende una stretta al cuore da farmi quasi male perché ho la sicurezza, anche per questa volta, che interesso ancora a qualcuno, che la mia vita significa ancora qualcosa per qualche persona "là fuori", che non sono stato dimenticato da tutti, che vale la pena andare avanti, lottare giorno dopo giorno per sopravvivere, per farcela. Siamo di fronte l’uno all’altra, il saluto gioioso e poi lei inizia con le novità; una parte di me sente ogni sua parola e ride con lei, si preoccupa con lei esegue ragionamenti ora facili ora complicati; e una parte invece è come se guardasse la scena non con distacco, ma in modo diverso: osservo le sue mani muoversi, la sua bocca parlare e sorridere, i suoi capelli svolazzare qua e la, seguo ciò che dice ma con minor coinvolgimento e così riesco a godere la delicatezza immensa di una scena familiare, anche se lei non è della mia famiglia. La mia anima finalmente in pace. Lei si è fermata, non parla più, i suoi occhi mi stanno scrutando, guardando fissi i miei, entrando dentro… ha capito, dolcemente mi richiama: "Ehi Marco, non andartene via, resta qui con me per quest’ora!". Certo che resto qui con te; tu sei per ora il mio legame con "il mondo là fuori", sei la possibilità, attraverso il tuo credere in me, che anch’io creda e abbia fiducia in me stesso, che riesca a costruirmi col mio impegno una possibilità di futuro vivibile, positivo, accettabile. Mi dici spesso: "Le parole acquistano valore solo quando sono corroborate dai fatti, altrimenti sono solo vuote parole, inutili e strane", e tu vieni da lontano per propormi il tuo messaggio di vita, di fiducia ...certo che resto con te per quest’ora di colloquio, ma resterò anche dopo, quando te ne sarai andata, quando "Sesamo" si sarà ancora frapposto tra me ed il mondo là fuori, quando tornerò in cella, fra quelle quattro mura grigie e piene di dolore.
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