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I permessi premio sono un “allenamento” per la libertà Quanto è difficile far funzionare le vite delle persone Per questo io ringrazio la legge Gozzini e quei pochi giudici che tentano di far “funzionare” le nostre vite applicandola
di Obayangbon Prince Maxwho, ottobre 2008
Tutto è cominciato con una rissa senza senso tra me e un mio amico: quel giorno maledetto ho spezzato una vita, una tragedia che ha spento una esistenza, ma che ha dato inizio anche a un vero e proprio calvario per me. Improvvisamente ho visto frantumata la mia fiducia nella vita e ho cominciato a pormi domande purtroppo inutili, a chiedermi come tutto ciò sia potuto succedere. Oggi sto scontando una pena di 19 anni e 10 mesi per omicidio. Nei primi anni pensavo che ero già morto perché non mi importava più niente, avevo come l’impressione di non dover più appartenere alla faccia della terra. Se sono sopravvissuto è stato sicuramente grazie ad alcune persone che mi sono state vicine quando avevo già perso ogni speranza: in prima persona la mia famiglia. Dopo circa tre anni ho cominciato a rendermi conto della mia vera situazione, perché mia moglie e i nostri tre figli erano molto sofferenti per causa mia e mi pregavano di tenere duro almeno per loro, che hanno ancora bisogno di me, anche se viviamo ormai in due mondi completamente diversi: mia moglie è stata infatti costretta a fare l’esperienza di portare il peso della famiglia, invece io mi porto il peso del carcere e delle mie responsabilità. Guardando così la vita da prospettive opposte rispetto a quella che eravamo abituati a condividere, abbiamo cominciato a parlare lingue diverse non solo nella comunicazione ma anche nel pensiero. Questa situazione riflette la realtà di tutti coloro che vivono nel regime carcerario e che devono scontare diversi anni lontani dalle loro famiglie. La galera tiene separato in modo terribile il detenuto dai propri cari, e anche quelle famiglie che trovano la forza di aspettare devono fare i conti con un sistema che ormai sempre più spesso impone di fare la galera fino all’ultimo giorno. Altro che “nessuno si fa la galera in Italia”, come qualcuno sostiene! Abbiamo tenuto duro fino ad oggi con tanta sofferenza nel cuore, perché questo mondo della galera non era il nostro, non avrebbe dovuto appartenere né a me né alla mia famiglia, che una volta eravamo persone semplici nel cuore e credevamo nei valori cristiani. Dopo anni di carcere, qui a Padova ho trovato un giudice che nelle misure alternative crede davvero. Così ho cominciato a fare progetti sul serio, immaginando che le cose fossero rimaste uguali nella vita fuori, ma quando è arrivato il primo permesso premio, fuori dal carcere ho trovato una realtà cambiata e totalmente lontana dalle mie prospettive. Però, indipendentemente dai problemi che ho incontrato, mi è rimasta sempre la voglia di conquistare quella libertà tanto sognata. Intanto, da subito la consapevolezza di voler rimettere insieme la mia famiglia si è rivelata fondamentale. Così da quel primo giorno di “assaggio” della liberà è iniziato il mio vero percorso di reinserimento, anche se continua ad essere un’esperienza mista di gioia, di sofferenza e di angoscia: gioia data dall’opportunità di ritornare a condividere le giornate con mia moglie e i miei figli e conoscerli meglio, tanta sofferenza perché vedo in modo chiaro le loro difficoltà di essere cresciuti senza di me, le tante cose che gli mancano e che io avrei voluto dargli, e poi tanta angoscia perché devo ritornare in carcere e lasciarli di nuovo da soli.
L’utilità di un approccio articolato al nuovo mondo che mi aspetta fuori
Oggi mi trovo a combattere tra questi due mondi: quello del carcere dove sto espiando la pena, e quello della libertà dove vorrei tornare a vivere. Senz’altro credo di aver guadagnato parecchio qui dentro in riflessione e maturazione, ma adesso devo prepararmi all’ingresso nel mondo libero, e allora secondo me ci vuole un tempo necessario per smaltire le scorie della diversità nel passaggio tra questi due mondi, perché questo non si riveli dannoso. Io sto cercando piano piano di riconquistare l’affetto di mia moglie e dei miei figli, per riabituarci a vivere insieme. Per merito dei permessi che ho avuto spero di riuscirci. Perché grazie alla legge Gozzini e ai magistrati che la applicano sono in molti ad essersi ricostruiti una vita, e questa credo sia una misura molto efficace di prevenzione per ridurre il rischio di ricadere nelle situazioni che hanno portato a commettere reati. In realtà da una legge si pretende sempre la perfezione, ma così come nessuna persona può essere perfetta, nessuna legge può esserlo, e credo che ci vorrebbe uno sforzo personale da parte di tutti per capire quanto è difficile far funzionare le vite delle persone. Questo permesso premio, questo percorso graduale dopo nove anni di carcere mi ha fatto capire l’utilità di un approccio più articolato al nuovo mondo che mi aspetta fuori. L’esperienza dei permessi mi sta quindi salvando da ogni decisione precipitosa e mi sta aiutando a riordinare i miei progetti passo per passo con una profonda riflessione. Adesso ho cominciato anche a conoscere i miei figli e mia moglie un’altra volta e stiamo provando a entrare in una dimensione unificante senza rischiare di sconvolgere la nostra realtà precedente, e senza permettere ai tanti anni di separazione di causare un danno irreparabile nei nostri sentimenti d’amore, nei nostri cuori e nella vita di tutti i giorni. |
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