Famiglie "dentro"...

 

"Sono molti i casi di persone, appartenenti alla stessa famiglia, che hanno avuto esperienze di carcere. Io purtroppo ne so qualcosa"

 

Di Nicola Sansonna, maggio 2001

 

Quando in una famiglia un suo componente finisce in carcere, è come se una scossa di terremoto avesse travolto la famiglia intera. Ne abbiamo parlato, tra l’altro, nell’ultimo numero del nostro giornale. Avvocati, giudici, agenti decideranno per te, e non solo per chi è in carcere, ma anche per chi intende recargli sostegno. Ma cosa avviene se, nella stessa famiglia, sono più componenti ad essere arrestati?

Sono molti i casi del genere, solo qui a Padova se ne contano parecchi, ma non tutti ne vogliono parlare, anche per motivi di riservatezza, ed è comprensibile, perché parlare di se stessi è un conto, parlare di altri componenti della propria famiglia, fino ad arrivare all’analisi del perché siano finiti in carcere, è tutta un’altra cosa. Anche in questo caso la delicatezza è d’obbligo.

Ma quali sono gli aspetti più importanti per capire il problema delle "famiglie dentro"? Quali sono i perché della devianza? Quale il retroterra culturale? E quanto la droga influisce sui comportamenti illegali? E come mai queste "carcerazioni famigliari" coinvolgono spesso famiglie di immigrati "sbarcati" dal sud a Torino, a Milano, nelle grandi città del nord? L’integrazione dei figli di questi immigrati è avvenuta a pieno? Sono queste alcune delle domande che mi passano per la testa, insieme a delle riflessioni che ho fatto in questi giorni, per cercare di capire meglio se, tra le "categorie" sociali che oggi entrano più facilmente in carcere, ci siano sempre più spesso gruppi famigliari.

Il carcere è oggi un luogo in cui chiunque può finire, i "Grandi Criminali" sono una parte molto esigua, per il resto si tratta di quella che un tempo era chiamata "la povera gente", tossicodipendenti, disagiati sociali, stranieri irregolari anche perché c’è chi pensa di scaricare nella galera le ansie, le fobie, le paure di una società in cui i soggetti più deboli oggi sono più visibili di un tempo, e quindi diventano facilmente fonte di angoscia, e sono potenzialmente più esposti alla possibilità di commettere reati, quei piccoli ma "odiosi" reati che procurano pochi vantaggi, a volte solo i soldi per la dose giornaliera, ma che creano un grande allarme sociale.

Secondo me, la gente non ha paura della rapina eclatante, del tipo "Rapinati 100 miliardi da un treno porta valori", non teme questo, e se non accadono spargimenti di sangue, i rapinatori, i delinquenti, vengono visti anche con un certo senso di "tacita ammirazione", inconfessata e inconfessabile pubblicamente. Mentre quando ti rubano il motorino, la tua bicicletta, entrano in casa tua, mettono le mani nei tuoi ricordi: in quel caso: E’ ALLARME SOCIALE!

Ma, per fortuna, a dire che non può e non deve essere il carcere la risposta ai vecchi e nuovi disagi sociali non siamo solo noi. E non siamo solo noi ad accorgerci che ora, oltre ai "normali" frequentatori delle prigioni, in carcere ci sono circa 20.000 tossicodipendenti, 15.000 stranieri, e moltissimi ex degenti dei manicomi giudiziari, e dentro queste cifre ci stanno tanti, troppi ragazzi che fanno parte di uno stesso nucleo famigliare! E’ di questa realtà che bisogna tenere presente quando si parla di carcere, perché il carcere è sofferenza, è punizione, è esclusione dalla società degli affetti. Per un certo periodo siamo stati detenuti in tre fratelli e due cugini.

Vorrei sottolineare però che, a noi che stiamo in carcere, non piace affatto atteggiarci a "vittime della società", io personalmente l’ho sempre odiata questa definizione, so troppo bene che le prime vittime sono coloro che subiscono un danno, o che perdono un congiunto. Quello delle vittime del delitto, e di cosa certi reati abbiano comportato per la famiglia della vittima, è un tema affrontato più volte nella nostra redazione e sul quale sono state scritte cose rilevanti, dal punto di vista della presa di coscienza. Ma è giusto anche non dimenticare che, quando in una famiglia, come la mia ad esempio, succede che contemporaneamente tre fratelli si trovino in carcere, è anche questo fatto qualcosa di tremendo sotto tutti i punti di vista.

Se poi, come spesso accade, si trovano in carceri diversi, diventa un autentico pellegrinaggio. Per un certo periodo siamo stati detenuti tre fratelli e due cugini. Era l’anno 1990, ed è durato fino al 1995. Mi trovavo a Bologna, un mio fratello era a Belluno, l’altro a Prato. Immaginate cosa significasse per mia madre venire a fare i colloqui, era davvero un "tour de force". In questi casi, sarebbe almeno una soluzione riuscire a farsi assegnare nello stesso carcere, si eviterebbero enormi disagi per i famigliari, come enormi spese di viaggio ed altro. Va comunque detto che esiste la possibilità di essere trasferiti nel carcere più vicino a casa per avere i colloqui con i famigliari, ma questo trasferimento viene concesso solo due volte l’anno (ogni sei mesi, sempre che la richiesta di trasferimento per colloqui venga accettata, o presa in considerazione dall’autorità competente; senza dimenticare le lungaggini e i ritardi di cui si è regolarmente succubi). Altro problema: un solo avvocato può seguire l’esecuzione della pena di più persone della stessa famiglia, mentre se si è in carceri diversi, ognuno avrà bisogno di un legale.

Questi sono i disagi, le sofferenze, e li conosciamo bene, ma restano sempre lì, più pesanti che mai, certe domande "fastidiose", tipo: Quali sono i perché della devianza? Come si inizia ad entrare in quel circolo vizioso che porta al carcere? Io non so dare risposte, non ne ho l’ambizione, perciò mi limiterò ad esporre semplicemente dei fatti.

Spesso è la droga che porta un gruppo di amici, o magari di fratelli, a intraprendere azioni illegali

Nascere, o vivere in un quartiere dell’hinterland delle grandi città, per un ragazzo, e tanto più se è figlio di immigrati meridionali, è già un rischio. Certo, non si arriva tutti a commettere reati, ma è noto che il rischio di incorrervi è elevato. Quartieri dove vengono a trovarsi ragazzi cresciuti con il mito, rovesciatogli addosso dalla televisione e dai luoghi comuni, che solo se hai, sei! Altrimenti non sei Nessuno! Gli stessi amici che suonavano con te la chitarra, seduti su un muretto, magari fumando le prime canne, forse saranno i complici delle future scorrerie illegali. Spesso è la droga il fattore scatenante che porta un gruppo di amici, magari di fratelli, ad intraprendere azioni illegali. Gli esempi "negativi", in contesti con pochi riferimenti socioculturali, hanno sovente un peso enorme.

Tre dei miei fratelli sono finiti in carcere per reati legati alla droga. Penso che, dal 1980 in poi, ci sia stata una sorta di svolta nelle devianze e nei comportamenti a rischio. Solo pochi anni prima, la droga era qualcosa che sapevamo che c’era, ma i più disinibiti avevano fumato a malapena qualche spinello. Per quanto riguarda me, sono finito in carcere in un’altra "epoca", il 1977, per una serie di scelte sbagliate, e sto ancora scontando i miei errori. I miei fratelli invece sono usciti, il più piccolo ha fatto pochissimo carcere. Andò in comunità da libero, per problemi di tossicodipendenza. Ne uscì, ma alla prima grande prova stava ricadendoci. Scrisse una lunga lettera, si chiuse in una macchina, portò tramite un tubo le esalazioni di scarico dell’auto nell’abitacolo, mettendo fine ai suoi giorni, alla sua giovane vita: aveva solo 28 anni, si chiamava Mimmo ed era un ragazzo pieno di vita ed energia. Gianni, uscito dal carcere dopo circa 4 anni, mentre era in affidamento ai Servizi Sociali, lavorava, si stava rifacendo una vita. Con la sua auto andò a sbattere sulla strada di Pino Torinese: morì sul colpo, ed aveva solo 29 anni. Ruggero invece non ha mai avuto problemi di droga, è uscito alcuni anni fa, ha conosciuto una ragazza stupenda, si è sposato ed ha due bambini, conduce una vita nel segno del lavoro e della famiglia, ed io sono molto orgoglioso di lui. L’ultimo ad essere rimasto in carcere sono IO, ma penso che il bell’esempio di mio fratello Ruggero mi sarà di grande aiuto.