Informazione in carcere: da Radio Buiolo al computer

 

Di Nicola Sansonna, ottobre 1999

 

Prima della riforma carceraria del 1975, l’informazione nelle carceri italiane era molto carente, i giornali che si acquistavano in carcere venivano sottoposti a censura, con il taglio sistematico degli articoli di cronaca nera o inerenti a processi in corso. Molto di quello che riguardava il carcere veniva tolto dai censori di turno, che si attenevano a precise disposizioni, mirate a non fare giungere ai detenuti notizie che li riguardavano processualmente, o particolari fatti di cronaca.

Il livello sociale di provenienza della stragrande maggioranza dei detenuti era molto basso. Il tasso di analfabetismo era ancora altissimo, erano molti a non saper neanche leggere.

L’avvento dei televisori in carcere risale ad alcuni anni prima della riforma, si trattava spesso di grossi televisori situati nelle sale di ricreazione, ed anche se i programmi erano limitati, regolarmente succedevano risse per il controllo del televisore.

In breve tempo tutte le celie furono munite di apparecchi di dubbia efficienza, ma che furono accolti nelle carceri come una grande conquista.

Le notizie iniziarono a circolare più liberamente, i giornali che venivano dall’esterno non erano più mutilati dalle notizie, ci fu consentito di possedere una radiolina, anche se in molte prigioni le radio con la modulazione di frequenza FM non entravano.

A Novara, per esempio, sin al 1985 entravano solo radio AM: questo dipendeva dai regolamenti interni, ed era così in molte carceri .

le notizie ci arrivavano ora da fonti diverse, ma quello che più stava a cuore a chi era detenuto e non aveva esperienza di leggi, di diritti carcerari, di opportunità ( che esistevano in realtà solo sulla carta) nessuno lo spiegava, o nella migliore delle ipotesi, i rari tentativi di informare in materia venivano fatti per lo più con molta superficialità.

C’era già la Grande Promessa, il giornale carcerario di Porto Azzurro che ha oggi più di 40 anni di vita, ma la diffusione capillare delle notizie in carcere è cosa ardua, e la Grande Promessa arrivava solo in biblioteca, letta dal bibliotecario e da alcuni amici del suo giro, poi finiva negli scaffali e lì restava.

Il più antico ed "efficiente…" mezzo di informazione carceraria era, e restò per molti anni, Radio Buiolo, ossia il passaparola, la notizia giusta passata da uomo a uomo, e visto che in quegli anni vigeva la cultura del "fateli girare e mai ambientare" e ci spostavano in continuazione, cosicché in un anno potevi girare almeno 4 carceri come niente fosse, le notizie giravano con noi… oltre che le palle… intanto ci sentivamo come un pacco postale che tutti cercavano di rimandare ad un altro.

Iniziarono l’attività in quel periodo le prime radio libere, e alcune cominciarono a mandare in onda programmi dedicati al carcere. Esperienza di questo tipo è la famosa, in quegli anni a Bologna, Radio Alice. Erano gli anni della cosiddetta presa di coscienza di massa e queste iniziative nascevano in aree della sinistra attiva ed impegnata.

Di tanto in tanto c’era qualche tentativo di organizzare un foglio di informazione carceraria, come i "Tre fogli" di Padre Ruggero Cipolla, cappellano del carcere le Nuove di Torino.

Dire che le notizie pubblicate erano poche è già essere generosi, ma in compenso si potevano fare delle ottime riflessioni religiose. Per trovare le prime esperienze di giornali carcerari di una certa rilevanza, bisogna giungere verso la metà degli anni ottanta. In molti istituti si proponevano iniziative per un "giornalino carcerario", che però sopravvivevano per l’arco di pochi numeri e non erano esenti da forti censure interne.

Poi giunse L’ora d’Aria, dove le notizie non erano filtrate, un giornale considerato tra i più seri insieme a Liberarsi, altro giornale storico attraverso il quale migliaia di detenuti hanno potuto dare voce alle loro proteste ed alle loro, spesso inascoltate, "urla dal silenzio".

La caratteristica di queste due ultime riviste è che, oltre a redazioni interne, esisteva ed esiste una redazione esterna, quindi non censurabile, e soprattutto con meno rischi di "autocensura".

Molto valida è stata l’esperienza della rivista Le Voci di Dentro, un giornale patrocinato dalla CGIL bolognese, sensibile da sempre ai problemi legati al mondo delle prigioni. Era formato da diverse redazioni penale, giudiziario, femminile oltre alla sede ed alla redazione esterna. Ebbe due fasi, che durarono dalla fine degli anni ottanta fino al 1995.

Bisogna poi sottolineare come gradatamente si è persa una buona iniziativa che affondava le sue origini ancora all’inizio dell’entrata in vigore della riforma del 1975: in molte carceri italiane ad ogni nuovo giunto, oltre alla solita gavetta ed alla coperta, veniva consegnato un opuscolo di una decina di pagine, in cui erano riassunte, in sommi capi, le più importanti leggi dell’ordinamento penitenziario, in parole povere, diritti e doveri dei detenuti.

Questa consuetudine, ora in disuso, è sicuramente una strada da ripercorrere, perché giungeva direttamente ad ogni nuovo arrivato nel pianeta carcere.

Al giorno d’oggi quell’opuscolo andrebbe tradotto in più lingue, tenuto conto della composizione del popolo delle prigioni, costituito all’incirca dal trenta per cento di stranieri (ma in alcune situazioni, come al giudiziario di Padova, si giunge a punte dell’ottanta per cento delle presenze totali). Mai come in questi casi sarebbe necessaria un’informazione precisa e tempestiva, che costituirebbe una risposta importante a uno dei bisogni più forti dei detenuti, e in particolare di quelli appena giunti in carcere.

L’importanza che riveste l’informazione corretta e tempestiva in carcere è vitale! Può determinare la tua libertà. A tale proposito devo segnalare che Radio Sherwood, con sede a Padova e con una buona diffusione nel Triveneto, dà un esempio interessante di informazione su queste tematiche, in quanto, da oltre dieci anni, manda in onda ogni settimana un programma della durata di un’ora sul carcere e per il carcere: Radio Evasione.

Anche a Bologna era attiva una iniziativa del genere, portata avanti da Radio Città del Capo, con il programma Good Morning Dozza, che è stato gestito per anni dal compianto Max Hubert, anch’egli ospite per qualche tempo delle patrie galere oltre che di quelle spagnole. Un programma molto simile come contenuti a quello attuale di Radio Evasione, dove si parla di avvenimenti legati in qualche modo al mondo del carcere, approfondendo in studio i temi più importanti riguardanti le nuove leggi in materia, i rapporti con le istituzioni, la vita dei detenuti.

Un’informazione corretta porta ad essere pienamente consapevoli dei diritti e delle possibilità che sono riconosciute a ognuno di noi per legge e che consentono di accedere a misure alternative alla detenzione e rappresenta sicuramente un passo avanti per una maggiore conquista di civiltà.

E dall’informazione consegue, contemporaneamente alla corretta conoscenza dei propri diritti, anche l’acquisizione di un maggior senso di responsabilità nell’individuare i propri doveri .

Solo così, secondo me, si pongono le basi di un percorso critico per il riconoscimento degli errori che ci hanno portato in questi posti.

Dal 1986, l’entrata in vigore della legge Gozzini ha portato una ventata di aria fresca nell’ambiente carcerario e fatto sì che, da entrambe le parti (detenuti e istituzione carcere), si tenti di modificare rapporti prima conflittuali. Questo nuovo clima ha reso anche possibile che a Padova si sviluppassero iniziative editoriali come il nostro periodico, Ristretti Orizzonti, al quale si è affiancato un gruppo di detenuti che si occupa di giornalismo televisivo. Le persone così impegnate stanno realizzando, con pochi mezzi, tanta fantasia e molta volontà, servizi che vediamo trasmessi nel circuito interno del Due Palazzi.

Certo è che dai tempi in cui l’informazione in carcere era basata sul passaparola (l’ormai mitica Radio-Carcere, alias Radio-Buiolo) all’attuale condizione di poter usare moderni strumenti, come computer, stampanti, scanner, ne è passata di acqua sotto i ponti… Intendiamoci bene, non disponiamo sicuramente degli ultimi ritrovati in fatto di tecnica informatica o di stampanti laser, ma le macchine che abbiamo, pur obsolete, restano per noi comunque preziosissime e fanno un ottimo lavoro: le notizie che ne scaturiscono sono decisamente più precise e attendibili di quelle di Radio Buiolo… che pur continua a funzionare.