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Detenuto straniero e telefono, un impossibile percorso a ostacoli!
In carcere i colloqui e le telefonate non bastano per far sentire il calore della famiglia…ma chi li può avere è già un privilegiato, soprattutto tra gli stranieri
Di Naufel e Abdul, gennaio 2002
Il carcere è un luogo di sofferenza: è la punizione e la separazione totale dalla libertà per chi ha violato la legge, ma non basta, è anche la separazione da tutte le persone che contano di più nella vita di un uomo. Ed è anche il posto dove si scopre che i normali problemi della vita quotidiana, telefonare, parlare con i propri cari, incontrarli, lì diventano veri e propri percorsi a ostacoli, soprattutto per chi proviene da altri paesi. Ogni essere umano che si trova dietro le sbarre ha bisogno di appoggio affettivo, per sentire che non è abbandonato totalmente, e il colloquio con i famigliari è una cosa fondamentale per chi si trova in carcere: anche se dura poco è molto importante, perché cancella il peso della sofferenza e ti dà il coraggio di affrontare i momenti più difficili della vita carceraria. I colloqui permettono di ricevere notizie sugli altri membri della famiglia, così il detenuto si sente un po’ più sereno e cerca, anche lui, di spiegare i suoi problemi, dimostrando che ha riflettuto sul suo passato, magari confessando di non essersi comportato in modo corretto prima di tutto nei confronti dei propri cari. Persone che ora soffrono per lui, che per venire a trovarlo affrontano tante difficoltà: devono passare dall’ambasciata, dall’avvocato, dal tribunale, tutto per avere l’autorizzazione a vederlo. La difficoltà e la sofferenza sono più sentite da noi detenuti stranieri, perché la lontananza dalle famiglie rappresenta il peggiore dei problemi che si possono avere in carcere. Tanti di noi non hanno nessun colloquio con i famigliari e nemmeno contatti telefonici, perché all’ingresso hanno dato un "alias", ossia un nome falso che poi impedisce di rintracciarne la parentela, oppure perché questi parenti non hanno i mezzi economici per affrontare il viaggio fino in Italia, o ancora perché incontrano complicazioni nelle pratiche per ottenere il visto d’ingresso in Italia. Uno straniero che torna dal colloquio con i famigliari, ancor prima di rientrare in cella sente già le urla dei suoi paesani, che lo chiamano per chiedergli come sta la sua famiglia, ma anche se ha saputo qualcosa dei loro parenti: chi non ha nessun contatto diretto con il mondo esterno cerca di averlo tramite i compagni che fanno il colloquio. Quelli che hanno già mandato un messaggio alla moglie, o ai figli, aspettano con impazienza notizie da loro e, qualche volta, mettono in imbarazzo i loro compagni che fanno da tramite: quando le notizie sono brutte, questi cercano di modificarle, o di non riferirle, o di rivelarle solo al momento giusto. Non tutti i detenuti reagiscono con calma, quando ricevono brutte notizie. Un’altra difficoltà è quella che s’incontra nell’effettuare le telefonate con i famigliari, perché anche nel caso che siamo autorizzati a telefonare, sorgono altri ostacoli per effettuare la chiamata. Il "colloquio telefonico" dura solo dieci minuti, si cerca di parlare velocemente e con meno persone, magari per dedicare qualche minuto a chiedere notizie delle famiglie dei compagni che non possono telefonare. Qualche volta chiedi di parlare con una persona a cui tieni molto e non la trovi, allora cominci a preoccuparti, ti rimane il dubbio che le sia successo qualcosa di brutto e non abbiano voluto dirtelo al telefono. Qualche volta i genitori non hanno il telefono a casa e allora sei costretto a chiamare a casa di una sorella o di un fratello, se il telefono lo hanno loro. Qualche volta non si prende la linea, altre volte non risponde nessuno, perché i parenti non sono a casa, o risponde la segreteria telefonica. Quindi l’unico contatto sicuro con la propria famiglia è la corrispondenza, ma spesso quando ricevi le lettere che portano notizie sulla vita dei famigliari ti senti ancora più deluso, e lo sei anche perché spesso non hai neppure i francobolli per rispondere. E poi ti senti triste soprattutto in occasione delle feste, perché in queste giornate c’è una naturale nostalgia della propria famiglia, ognuno di noi cerca di cancellare mentalmente le distanze, ma le reazioni sono diverse da persona a persona: c’è chi beve, chi si taglia, chi litiga con gli agenti… un po’ a tutti manca anche quel minimo di serenità e di autocontrollo, che sarebbero necessari per non farsi altri danni.
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