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Nabil e le donne...
Di Nabil Tayachi, ottobre 1999
Continuiamo a pubblicare, a puntate, le "avventure" di Nabil, un immigrato che in giro per l’Italia sembra aver sperimentato davvero tutto il peggio (ma più di una volta gli è capitato anche qualcosa di buono) del nostro paese. Qualcuno ci ha amichevolmente rimproverato di dare troppo spazio alle storie personali. Ma la nostra è una scelta, certo discutibile, che parte però da una precisa constatazione: che è importante "rompere" la compattezza della parola "extracomunitari", e far vedere che dietro quella parola ci sono percorsi molto diversi di persone arrivate nel nostro paese con motivazioni, speranze, aspettative spesso frustrate e deluse dall’impatto con la realtà. E poi queste storie sono anche, in molti casi, una "fotografia" non sempre simpatica di come siamo noi, un paese "ospitante" pieno di contraddizioni, dove uno straniero può trovare grandi gesti di solidarietà, ma anche gente pronta a sfruttarlo, ad affittargli una stanza a peso d’oro e a promettergli solo lavori in nero e sottopagati. Ultima considerazione: Nabil non fa niente per mostrarsi più "santo" di quel che è. E comunque le sue avventure le sa raccontare con una buona dose di ironia.
La Redazione
Paolo, il mio datore di lavoro, è un tipo molto in gamba. Somiglia a Saddam Hussein, scuro di carnagione e con i baffi folti, in confronto a lui io sono molto più bianco. È alto e con le spalle larghe, non parlo delle mani, che sembrano due mattoni. - Non preoccuparti, Nabil, basta che tu lavori bene e io sempre lavoro per te, se c’è qualcosa che non va telefonami. Adesso ti porto in un posto meraviglioso, dormirai in un albergo a tre stelle e con una ottima cucina. - Ma scusa Paolo, ci sono le donne per… - Stiamo andando in una zona turistica piena di donne, basta che sai come fare per portarle a letto. Voi siete furbi, venite soli e non portate le vostre donne, poi volete fare l’amore con le nostre. Io sono stato in Tunisia per un anno e non ho mai visto una coscia. Stiamo viaggiando, ci troviamo in un paesino di montagna a 1750 metri di altitudine, in vita mia non ho mai visto una pista di sci e oggi è l’occasione buona per vederla e anche per provare a sciare: con queste cose io non scherzo, voglio portare a casa un souvenir. La macchina di Paolo si ferma davanti ad un albergo a quattro stelle, molto grande con un grande parcheggio zeppo di macchine e autobus con targhe tedesche. Che meraviglia! Paolo aveva detto a tre stelle, adesso sono diventate quattro: lui tratta bene i suoi operai. Salgo in camera per fare la doccia, la mia camera è al terzo piano ed è per tre persone con la cassaforte, la televisione, etc. Davvero una meraviglia, ora serve solo andare d’accordo con questi due operai. Scendo al bar e trovo Paolo con gli altri due, con i vestiti da lavoro. Ma guarda che roba, al mio paese non li fanno entrare così neanche se pagano il doppio, qui invece sono tutti uguali basta pagare. I due hanno circa quarantacinque anni, sono scuri come Paolo, uno con i baffi l’altro senza. Paolo mi presenta loro e parla bene di me. Dopo andiamo al ristorante, non sembra di essere in Italia, ma in Germania: donne bionde di tutte le età, la cameriera arriva e tutti ordinano da mangiare. Nel frattempo loro parlano di lavoro ed io sto a guardare le donne, sono molto affamato di un corpo di donna, magari se su un piatto mi portassero una bionda cruda, mi ci butterei per ventiquattr’ore di fila. Mangiamo e bevo la mia solita birra: faccio fatica a capire il loro dialetto, ma lo stesso capisco che uno dei due operai ha viaggiato in molti paesi d’Europa, mentre l’altro è un pecoraio che non ha mai lasciato il suo paese in Calabria. Io sono molto intelligente e questa volta devo usare il mio cervello per rimanere a lavorare: bisogna studiarli e dopo userò la mie armi. La mattina alle sei ci svegliamo, facciamo un salto al bar e poi via, al cantiere dove stanno costruendo una pista di pattinaggio sul ghiaccio: siamo solo noi e un altro operaio che lavora sulla ruspa. Il mio compito è quello di manovale e loro fanno i muratori, questa è una fregatura perché mi tocca correre a destra e a sinistra e loro non sono mai contenti, sono veramente distrutto. Porco zio, lavoro come un matto, fa molto freddo ma sento il mio corpo come infiammato. A mezzogiorno andiamo a mangiare e così cominciamo a chiacchierare: come al solito tocca a me parlare del mio paese, del perché sono venuto in Italia. Uno dei due, di nome Toni, mi è piaciuto subito perché è un uomo di esperienza e ha viaggiato molto, sua moglie è polacca. L’altro è come un animale, mangia molto piccante come fanno gli arabi, ma non sa neanche parlare, quindi posso definirlo solo un pecoraio. Piano piano io e Toni siamo diventati amici, visto che anche lui non va d’accordo con l’altro, Salvatore. Il bello arriva presto, Salvatore fa il muratore ma non è molto bravo e quando buttiamo il cemento armato non se ne viene mai fuori. La mattina, quando togliamo le tavole di legno, i muri escono brutti, il geometra si incazza e anche noi perché ci tocca ogni volta rifinire il cemento con la pala ed è lavoro extra Litighiamo sempre, io e Toni trattiamo male Salvatore e lui è sempre zitto perché sa di aver fatto brutta figura. Ha preso in giro Paolo dicendogli che era del mestiere, invece era soltanto un manovale. Quando andiamo al ristorante Toni mi dice sempre di smettere di bere birra e di bere vino assieme a lui, così sono passato da un boccale di birra a tre litri di vino al giorno. Al cantiere io e Toni facciamo tutto il lavoro e Salvatore prepara il materiale, ma quando arriva il geometra io torno a fare il manovale, altrimenti si creerebbe un problema . Quando si tratta di buttare il cemento il geometra mi dice di farlo io di persona, perché i muri che avevo fatto io erano usciti puliti e non lo so come mai, forse per colpa del vino perché sul cantiere ero sempre ubriaco. Ma quello che conta è che il geometra parli bene di me e anche gli altri due.
Sono passati tre mesi e non ho ancora visto donne… Sono passati tre mesi e non ho ancora visto donne, sono molto affamato, come una bestia. Un giorno arriva Paolo e ci chiede di trasferirci in un altro albergo che gli ha consigliato il geometra, ha lo stesso servizio e costa meno. Appena arrivati troviamo la padrona, una donna meravigliosa, indossa una minigonna ed una camicetta con un bottone di troppo aperto: mostra due gobbe più grandi di quelle di un cammello, che io me le mangiavo con gli occhi. Non ho smesso neanche cenando di osservarla, lei camminava in mezzo ai tavoli come una modella in passerella, mamma mia che donna! La padrona faceva anche la cameriera, suo marito faceva il cuoco e avevano un bambino di un anno. Gli italiani sono molto tirchi anche facendo i figli: se questa donna sposa un arabo lui le fa fare un esercito di bambini! L’albergo non è molto pieno, siamo alla fine della stagione sciistica e sta arrivando la primavera: io, da tre litri di vino al giorno sono passato a sei, sono sempre ubriaco eppure me la cavo bene sul lavoro: cammino sui ferri, sulle tavole, butto il cemento, e la mattina dopo non ricordo niente di quello che ho fatto il giorno prima. È lo spirito di vino, un miracolo. Piano piano la padrona si è accorta di me, di come la guardavo, e abbiamo un po’ più di confidenza: parliamo sempre di tanti argomenti, di come i due calabresi si incazzano quando lei li chiama terroni. Per me è normale, lei mi ha battezzato con il nome di Billy, grazie a Dio è finita la storia di Alì. La padrona mi dice di smettere di seguirla con gli occhi ma io non posso, mi piace, come una Madonna: mi fa impazzire. Lei mi ripete che con questi comportamenti non arrivo a niente. Allora, perché vuole impedirmi di sciacquarmi gli occhi? - Da molto tempo non tocco una donna e adesso per fortuna ho trovato te e sono molto innamorato, sono pazzo del tuo modo di camminare, della tua voce, aiutami, abbi pietà di me, non lo faccio più! Ho una bella idea, considerami come una lampadina della tua camera da letto, mettimi come un soprammobile sul televisore, come una coperta che ti dà calore quando dormi, come l’acqua quando fai la doccia. - Ma guarda che tipo sei, ti aiuto io a trovare una donna. - Io non voglio andare con nessun’altra donna, solo con te. Con me fai un casino di bambini. - Tu sei matto, cosa faccio con molti bambini, me ne basta uno. - Sei veramente strana, perché non fai come fanno tutti gli altri italiani. - Come fanno gli altri italiani? - Ogni donna ha un amante e ogni uomo pure e se un giorno lui scopre che stiamo assieme, puoi rispondergli che io faccio il lavoro che agli italiani non piace fare. - Ma cosa mi racconti, io sono felice con mio marito. - Va bene, io non ho detto nulla, ma almeno cambi genere, fuori dalla solita routine. - Guarda è meglio che te ne vai, altrimenti mi fai impazzire con la tua filosofia. - Aspetta, dammi un bacio e ricordati la tua promessa, che mi troverai una donna. - Va bene, te lo do ma sulla guancia, va bene? - Perché sulla guancia, cosa cambia se sulla bocca? È tutta carne! Sulla guancia ok, meglio di niente. Però com’è dura questa donna! Gli altri due sentono e non dicono una parola, ma appena lei se n’è andata mi hanno detto se sono matto. Ma perché, noi arabi, per le donne giovani, vendiamo tutto quello che abbiamo. Il nostro libro sacro, il Corano, scrive che il paradiso è sotto i piedi delle donne (ndr: precisamente dice sotto i piedi delle madri). Beviamo una bottiglia di vino, almeno da una parte andiamo in paradiso, anche se con quest’ultima bottiglia finiremo all’inferno. La sera la passiamo al bar, cercando di fare qualche conquista. L’albergo è pieno di tedeschi, ma sono tutti di mezz’età, alti e biondi e grossi, mangiano solo maiale e patate e bevono molto. Io e Toni ci buttiamo sui loro tavoli e cerchiamo di conquistare qualche donna, parliamo qualche parola di tedesco e qualche parola di italiano e di francese, il resto lo facciamo intendere con le mani, come tra muti.
(continua)
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