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Un tunisino alla scoperta del profondo nord
Di Nabil Tayachi, giugno 1999
Per andare da Napoli a Mantova, bisogna prendere il treno per Milano e poi cambiare. Il treno è quasi vuoto, entro in una cabina e apro il finestrino, è troppo caldo, l’estate è quasi finita, è l’ultima settimana di agosto. Vengo a sapere dal controllore che il treno arriva verso sera, allora provo a dormire ma non ci riesco. Passano tanti film davanti ai miei occhi, il mio cervello è confuso, sono tanto agitato e forse ho paura. Credo, dopo quello che ho passato a Napoli, che non avrò più problemi di quel genere, ma penso al futuro: a Milano, a Mantova, nel Nord Italia dove la ricchezza e il lavoro ci sono dappertutto. Un buon stipendio, una casa tutta per me, poi mi compro la macchina, vado in vacanza ogni anno a Tunisi. AI massimo tre anni e mi sposo, porto mia moglie in Italia e viviamo bene. Il viaggio è troppo lungo e mi piacerebbe trovare qualcuno con cui parlare. Voglio chiedere altre informazioni sul nord. Il treno si ferma a Roma, ma questa città non la posso visitare, è più forte di me: io voglio lavorare in regola, sono arrivato in Italia per lavorare non per spacciare droga, la droga non l’avevo mai vista in vita mia, in Tunisia. Nel mio Paese non sono mai entrato in galera e adesso vengo qui per finirci dentro!? Mica sono scemo: Roma. niente, è una città troppo rischiosa! Non entro aRoma, e poi odio Roma e l’impero romano. Loro hanno distrutto Cartagine con tutti i cartaginesi, maledetti tutti. Chiedo a un ragazzo qual è la prossima fermata e lui mi risponde: Firenze. Mamma mia, niente neanche Firenze, non voglio andare a vendere droga, io vado a lavorare e basta. Firenze Centrale: il treno si riempie ancora di più, ma la cosa strana è che nessuno mi fa compagnia anche se il corridoio è pieno. Mi piacerebbe che il mio scompartimento si riempisse di fanciulle con le tette sode in mostra, le gambe lunghe e i fianchi asciutti come le ballerine di Raffaella Carrà. Niente da fare, speriamo alla prossima fermata. Il treno si ferma a Bologna Centrale: allora è vero che esiste un paese con questo nome!? Quando ero a Napoli avevo incontrato un gruppo di tunisini che mi avevano parlato di Bologna, io insistevo che loro si sbagliavano, che Bologna non esiste ma c’è invece la Polonia, un Paese dell’Est Europa. Loro fanno un lavoro non onesto, mi hanno detto come potrei guadagnare una barca di soldi. Allora, anche Bologna è da cancellare. Il treno continua la sua strada verso Milano, ma ancora nessuno entra nella mia cabina: possibile che nessuno sia stanco e voglia sedersi!? Ho cominciato a riflettere su questo tema: possibile che gli italiani abbiano superato gli arabi nell’ospitalità? Mi lasciano uno scompartimento tutto per me e loro se ne stanno in piedi per tutto il viaggio. L’unica cosa che non ho capito è perché nessuno mi ha chiesto come sto, dove vado, se ho fame, se voglio bere qualcosa. In questo gli arabi sono più bravi: chi ti ospita divide con te il pezzo di pane che ha, ammazza l’unico agnello che ha per far mangiare l’ospite, divide l’unico pezzo di coperta che ha, non ti senti mai straniero in quel posto. Per l’arabo l’ospite è una carissima persona, è uno che ha bisogno, e non c’entra il colore della pelle né la religione: questa è la tradizione e uno dei valori per cui gli arabi sono famosi. I pensieri mi hanno portato lontano, ma sono triste perché in tutto quel tragitto non ho parlato con nessuno. Il treno si ferma a Milano, tutti i viaggiatori scendono e anch’io. Cammino piano piano guardando la stazione, sento tante lingue e questo vuoi dire che ci sono molti turisti. Sento anche la lingua araba ma io non mi fermo, non la conosco. Arrivo davanti all’uscita, grazie a Dio sono arrivato a Milano, la seconda capitale, dopo Roma ladrona, come dice Bossi.
L’unica cosa che l’immigrato non compra è la pianta delle città. Perché l’immigrato non è un turista Che gioia, sono arrivato nella capitale dell’economia e della moda! Nella più ricca città italiana, magari potrò vedere Naomi Campbell o Van Basten. Cammino per la città senza sapere dove mi trovo: Milano mi sembra pulita, le vie non finiscono mai, grandi boutique, ma la città è vuota. Non c’è quasi nessuno, sono tutti in vacanza: beati loro che vivono al nord! Ho camminato per ore e devo ritornare alla stazione ferroviaria. Sono molto lontano ma non ci sono problemi, l’unica cosa che l’immigrato non compra è la pianta delle città. Perché l’immigrato non è un turista e la città la scopre da solo. Arrivo davanti alla stazione, trovo tanti miei paesani, da lontano vedo un controllo della polizia. Mi ricordo dell’unico controllo di polizia a Napoli: appena arrivato mi fermano gli sbirri, mi chiedono i documenti, mostro il passaporto, dopo avere visto i documenti il poliziotto mi chiede che lavoro faccio. Rispondo che il mio mestiere è il meccanico. Lui non è convinto, mi chiede di mostrare le mani, gli mostro le mani e lui mi risponde: "Mi prendi per il culo?’.. Quella frase non la capisco, lui è agitato e mi dice di seguirlo al comando. Entriamo e si siede davanti al computer, comincia a scrivere, ogni tanto si ferma e mi dice: "Meccanico! Adesso ti dico io che cosa fai!". Un suo collega arriva e gli chiede chi sono, lui gli risponde. "Guarda le sue mani: secondo te questo è un meccanico?". L’altro mi dice anche lui di mostrare le mani, le metto in mostra e lui mi risponde: .’Mi prendi per il culo?". Ma come è possibile? cosa c’è di strano, che vuol dire culo? Quello del computer era nervoso, ha dato un calcio all’apparecchio e ho capito che non aveva trovato niente dentro su di me: è logico, ero appena arrivato in Italia. Ma ora sono a Milano, sono entrato in stazione, il treno arriverà verso le quattro del mattino. Alla sera la stazione si riempie di persone strane, sono simili a quelli di Napoli ma non lo so cosa prendano per ridursi così. Io d’ora in poi voglio solo pensare a Mantova e al lavoro. C’è qualcosa che non ho capito, come mai ci sono tante persone che dormono in stazione e per terra? Io che sono del terzo mondo non ho mai visto una cosa del genere. Sono dei punti oscuri che cerco di capire. Prendo il treno e verso le sei del mattino mi trovo a Mantova, la Terrasanta della ricchezza, la Terra Promessa. Non ho scelto Mantova per caso: quando lavoravo all’autolavaggio a Napoli, c’era un T.I.R. che arrivava ogni mese a fornire merce per il mercato napoletano, io aiutavo a scaricare la merce su un piccolo camion per portarla ai clienti e, parlando con l’autista, lui mi diceva che a Mantova si sta bene, che è un paese ricco, che c’è il lavoro e tutto in regola. Mi fermo davanti alla stazione, la prima cosa che chiedo è l’indirizzo dell’ostello, l’albergo della gioventù dove si paga poco per un posto letto. Appena entrato all’ostello chiedo di poter rimanere per un mese, ma non si può per più di sei giorni. Il mio problema è di ottenere la residenza, per avere il libretto di lavoro. All’ostello non è male, c’è tutto: letto, bagno, toilette. Giro per Mantova e ogni tanto trovo dei miei paesani: parlano poco e nessuno mi mostra o mi convince che qui si sta bene, ogni mattina vado all’ufficio di collocamento ma non c’è lavoro. Siccome sono sempre da solo ho scelto una persona che mi fa compagnia, un algerino che viene da Roma e che mi parla molto di Roma e di tunisini che guadagnano molti soldi e stanno bene. Lui è senza soldi e sta male, io ho ancora dei soldi e cerco compagnia: dopo la mattinata all’ufficio di collocamento andiamo in giro per Mantova da una strada all’altra, da un giardino all’altro. I parchi sono pieni di gay e di tossicodipendenti, i tossici mi chiedono delle "storie" ma io ribatto sempre: "Di quali storie parli?". Loro rispondono: "Roba!". Ma io in storia non ho mai studiato "roba"! Questo è stato il primo contatto con gli italiani. Il mio compagno mi chiede di smettere di dormire all’ostello e di andare a dormire da lui. L’ultima notte in ostello ho comperato tante cartoline, una delle quali era molto bella, una cartolina di un parco che ho mandato a tutti i miei amici in Tunisia. Quel parco visto in cartolina mi piace molto e voglio visitarlo: è un peccato essere a Mantova e non avere mai visto quel posto. E’ la prima notte che dormo fuori. Nel parco, sotto gli alberi, non sono da solo: sono in mezzo a centinaia di marocchini e tunisini. Da un’altra parte ci sono immigrati del Bangladesh e prima di dormire si tolgono tutti i vestiti, come fossero in camera da letto. Noi del Nord Africa, invece, facciamo diversamente e i vestiti li teniamo addosso, è logico: siamo in un giardino! I Carabinieri vengono per controllare e non svegliano nessuno, ma io sono sempre sveglio perché in quel posto non mi sento sicuro. Pensavo che i Carabinieri venissero per proteggerci, ma non è vero: nel parco ci sono molti italiani che si fanno le pere nei piedi, a quei tempi io non sapevo niente e mi sembrava tutto strano. Chiedo al mio amico algerino cosa fanno quelli lì e lui mi risponde: "Mi prendi per il culo?". Ancora questa frase: "per il culo". "Allora: questi qua sono tossici di eroina e si fanno le pere nei piedi per non farsi scoprire dai loro familiari". Prima pensavo che esistesse solo la coca, adesso ho scoperto che c’è della roba che si chiama eroina. Ma è possibile!? Al mio paese non c’è. Passano le giornate, ogni giorno scelgo una strada, cammino per chilometri e busso a tante fabbriche ma la risposta è sempre la stessa: "Non abbiamo lavoro". Ho sentito in giro che c’è la stagione della raccolta delle mele, mi informo e decido di andare in quel posto "X". I soldi sono quasi finiti e ho bisogno di lavorare. Prendo un autobus e, dopo quasi quaranta chilometri, arrivo in una piccola città. Scendo e imbocco l’unica via principale, basta un’ora per girarla e scopro che è piena di extracomunitari, marocchini e altri africani, e tutti hanno una casa. Allora decido di fermarmi in quel paese, perché l’unica cosa che conta è avere la casa. Entro in un bar per bere qualcosa ma il padrone mi risponde di no, gli chiedo il perché e lui mi risponde che "noi" lo sappiamo il perché. In ogni bar che vado la risposta è sempre uguale. Pensavo che loro sapessero che per noi musulmani è peccato bere alcolici, ma ho scoperto dopo che i marocchini del posto ne hanno combinate di tutti i colori dopo aver bevuto. Ma che c’entro io: io sono tunisino! "Ma come: sei tunisino e non sai queste cose!?". "Sono tunisino, ma non conosco queste cose".
Sono stufo di dormire sotto un albero, quel pino alto e largo dove siamo sistemati io e l’algerino Cerco una sistemazione per passare la notte ma niente da fare, nessuno mi dà ospitalità. Poi scopro un piccolo albergo il cui padrone è italiano ma ha una moglie marocchina: ogni sera vado a bere in quel posto. Loro hanno capito che io e il mio amico marocchino siamo diversi dagli altri. Piano piano il padrone ci invita a guardare la televisione: noi beviamo da mezzogiorno fino a tarda sera senza creare problemi. La moglie, ogni mattina, ci offre la colazione e anche la doccia gratis. Il primo padrone che troviamo sceglie molti marocchini e anche il mio amico, ma io no. Perché!? Per un mese rimango disoccupato e intanto i soldi sono finiti: sono preoccupato. Non riesco a trovare un lavoro, né una casa. Sono stufo di dormire sotto un albero, quel pino alto e largo dove siamo sistemati io e l’algerino: abbiamo portato due letti e due materassi ricoperti, tutto regalato dalla Caritas. Fa troppo freddo e c’è molta nebbia. Quando piove siamo costretti ad andare in un parcheggio sotterraneo, ma rimaniamo svegli tutta notte perché ogni tanto arriva una macchina che deve entrare e tocca a noi spostarci. E’ veramente una vita di merda. Non lo so fino a quando devo resistere. Mi sveglio ogni mattina e cammino per una decina di chilometri girando da una zona industriale all’altra. La risposta alle mie richieste di lavoro è sempre uguale: "Per il momento non ne abbiamo". Altri mi chiedono l’indirizzo: quando loro hanno bisogno mandano un telegramma. Ma che indirizzo gli posso dare: "giardino X, primo albero a destra!?". Con l’algerino ho chiuso: da quando ha preso il primo stipendio è cambiato, non lo vedo più, beve e mangia da solo. Torna a "casa" ubriaco e comincia a provocarmi. Ma è possibile, dopo quello che ho fatto per lui, che adesso mi tratti così? Siccome non ho soldi non bevo e non mangio più, ma si sa che il freddo e la fame non sono amici. La notte non riesco a dormire, rimango sveglio per combattere il freddo e non morire congelato. L’algerino russa tutta la notte e così io mi arrabbio ancora di più e lo sveglio. "Chi credi di essere!? alzati che ti mostro chi sono io!". Così ci siamo massacrati di botte, ogni tanto una pausa ma le parole non finiscono mai: la mattina siamo stanchi e sanguinanti. Lui è andato a lavorare e io sono andato a lavarmi; dopo ho buttato i suoi mobili e così sono rimasto "singol". Con me ho sempre un pugnale, per proteggermi: non si sa mai, la notte fa brutti scherzi . Verso le dieci la marocchina dell’albergo viene a dirmi che c’è un padrone, amico di suo marito. che cerca operai per la raccolta delle mele. Accetto subito, perché sono quattro giorni che non mangio, non bevo e nemmeno fumo. La mattina seguente vado a lavorare: sul posto ci sono dieci persone, sette italiani e tre immigrati, gli italiani per la maggior parte sono studenti, tra noi immigrati c’è un marocchino, un ganese e io tunisino. La raccolta delle mele non è un lavoro pesante, ma quello che mi dà fastidio è di sentire in continuazione bestemmiare "…Dio". Bestemmiano tutti: da quando sono arrivato a Mantova ne sento di tutti i colori: "porco cane", etc., etc., ma è possibile!? E’ giusto bestemmiare!? Cazzo, hanno di tutto, sono ricchi, hanno la casa, la macchina, vanno in vacanza: la cosa è veramente strana! Io che non ho niente non bestemmio e loro che sono fortunati… se un integralista viene a sapere che da queste partì Dio viene umiliato non gliela fa passare liscia! Dopo una settimana di lavoro mi accorgo che una ragazza mi guarda sempre, ogni tanto i nostri occhi s’incontrano e lei mi sorride. E’ bionda, occhi verdi, capelli lunghi, alta circa un metro e settanta. Io rispondo al suo sorriso e il mio cervello subito si dà da fare, per indagare su cosa vuole quella ragazza da me. Osservando chi mi stava intorno ho capito che aveva motivo di guardarmi: ero il più bello, avevo ventitre anni, il corpo asciutto essendo costretto a fare la dieta per mancanza di soldi, alto un metro e settantacinque, colorito originale mediterraneo, capelli neri e occhi marrone: che meraviglia! Con la scusa di aiutarla a scendere dalla scala cor; il secchio pieno di mele mi avvicino e lei mi dice: "Merci!". Io rispondo stupito: "De rien, tu est francaise?". "No, je suis italienne, j’aime parler francais". "Je suis tunisien. Je m’appele Nabil, et toi?". "Stefanie". "Stefanie di Monaco?". "No, mais tu es fou". Lei poi mi dice: "Dopo il lavoro vieni, che andiamo a mangiare assieme?" A mezzogiorno sono andato da Stefania, che bel nome, con un chilo di mele. Lei mi guarda, io allora le dico che da una settimana mangio solo mele e dovrò mangiarle fino a quando prenderò lo stipendio. Lei era troppo sensibile, aveva quasi diciannove anni, si sentiva male quando io le raccontavo la mia storia. Da quel giorno siamo diventati amici e ci siamo messi d’accordo di non nasconderci niente. Per me è diventata tutto, mi ha conquistato con la sua simpatia, la sua bellezza. la sua femminilità, i suoi occhi e la sua voce sensuale. Ho vissuto come un sogno, ma molto bello. "Zio cane…" anch’io ho cominciato a bestemmiare, ma non bestemmio Dio, soltanto mio zio. Ogni giorno che passa mi innamoro di più, sono talmente legato a lei che ogni volta che vado a un appuntamento non ci vado con le gambe ma con il cuore. "Senti, Stefania, io ti amo. Non posso vivere o andare avanti senza di te. Non posso guardare la luce senza guardarti". Lei mi bacia e io le rispondo, ha un sapore meraviglioso. Siamo finiti nell’albergo della marocchina, abbiamo fatto l’amore. Da quel momento ho cominciato a pensare solo a lei. Siccome ogni giorno vado dalla marocchina, lì ho conosciuto Paolo, un imprenditore calabrese, che ha tanti muratori alle sue dipendenze, e in quell’albergo Paolo mi ha promesso un lavoro, ma in nero, come manovale. E un giorno Paolo mi dice: "Domani parti per Trento".
(continua)
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