Primo permesso per Nabil

 

Di Nabil Tayachi, luglio 1998

 

Ma che fatica per un detenuto straniero uscire in permesso!

 

Non avevo mai pensato che un giorno mi avrebbero dato un permesso premio per uscire di galera e passare una giornata in libertà: questa idea era per me un miracolo. Io non voglio stare in galera un giorno in più del necessario, ma ogni mattina mi sveglio e non so cosa mi aspetta, che agenti sono in servizio quel giorno, se ce l’hanno con i detenuti o no, se riuscirò ad avere anch’io qualche possibilità di uscire.

Quando ho saputo che qualcuno si era interessato per farmi avere un permesso, ho quindi pensato con grande meraviglia: ma guarda che miracolo, che mi hanno dato una mano a uscire di galera, vorrei proprio capire perché questi volontari aiutano i detenuti. E’ vero che, come siamo di tutti i colori qui in galera, siamo anche "di reati diversi", dal reato comune al reato peggiore, ma loro hanno pensato bene prima di farmi uscire? poi però mi sono detto che i buoni e i cattivi ci sono in tutto il mondo, e quindi anche in galera ci sono delle persone brave che cercano aiuto.

La mia prima felicità è stata il giorno in cui ho ricevuto in mano il foglio della risposta positiva alla richiesta di permesso premio, dopo tre anni di galera. Tutti mi chiedevano se davvero potevo uscire e con chi, ho passato un paio di giorni senza neanche riuscire a dormire. Poi arriva il giorno "promesso", mancano due ore all’uscita e io non ho ancora deciso cosa devo mettermi, mi faccio la barba, mi pettino emetto anche il gel per lucidare i capelli, mi vesto con il miglior vestito che ho, ero pronto un’ora prima, e il mio compagno di cella mi chiede: "Nabil, ritornerai questa sera?", io senza rifletterci tanto ho risposto di sì perché non sono un imbecille e in quel paio di giorni passati ad aspettare di uscire ho pensato che in un certo senso io rappresento il futuro degli altri detenuti e anche la speranza del futuro, se scappo gli altri rischiano di non uscire, e come io e gli altri detenuti non auguriamo a nessuno di entrare in galera, così auguriamo a tutti quelli che stanno dentro di andare fuori per un permesso premio o per andare a casa.

 

Posso dire solo che ero troppo felice

 

Mi hanno chiamato dieci minuti prima dell’uscita e dopo una breve perquisizione sono stato accompagnato da un agente fino alla porta d’ingresso: in quel percorso il cuore mi batteva forte, è passato un paio di minuti tra l’interno e l’esterno che non posso esprimere quello che provavo, posso dire solo che ero troppo felice e che appena messo piede in libertà ho ringraziato Dio come ogni bravo mussulmano e poi ho salutato le due maestre di scuola che aspettavano fuori me e un altro detenuto: è a loro che ero affidato per passare la mezza giornata, e senza di loro non avrei potuto uscire.

Poi siamo andati in macchina in una cittadina in provincia di Padova, Camposampiero, e durante tutto il percorso io ero attaccato al finestrino, guardavo il traffico la campagna la gente la strada illuminata: fuori si poteva vedere lontano, non c’era limite, e così mi sono accorto che avevo la bocca aperta, mi sembrava di stare guardando qualcosa di strano.

Arrivati in città siamo andati a scuola e dopo alla sala dove c’era la mostra di prodotti fatti dai detenuti, ma era ancora presto e così siamo entrati al bar e abbiamo ordinato da bere, io guardavo le coppie di ragazzi che ridevano, non riuscivo ad abbassare gli occhi da quelle belle ragazze, sentivo i discorsi ma senza capire niente, il mio cervello era in un altro mondo.

Mi ero dimenticato anche dell’altro detenuto, pure lui come me era perso in quel mondo, mamma mia che vita fuori.

Poi siamo andati in pizzeria, e io intanto ho telefonato a casa mia, ma niente da fare non c’era la linea, però io ero tanto felice e volevo parlare con i miei per dargli questa bella notizia.

Quando poi sono ritornato al tavolo e abbiamo cominciamo a mangiare, mi sono accorto che il mio compagno non aveva ordinato niente. Allora ho chiesto: "Kamel, cos’hai, perché non mangi?" e lui mi ha risposto "Guarda che non ho appetito, sto bene così" e poi ha sorriso anche lui e io ho capito che lui era in un altro mondo, era frastornato ed emozionato.

Dopo cena siamo andati nella sala dove si svolgeva la festa, abbiamo appeso al muro i quadri ed esposto gli oggetti di ceramica e anche il lavoro delle rassegne stampa. La sala era piena di gente, e c’erano tante persone curiose che mi chiedevano come viviamo in carcere, e tanti non sapevano che in galera ci sono corsi di scuola e si fanno questi lavori che abbiamo presentato.

La serata era bellissima, sono arrivati anche i miei maestri di scuola e il gruppo del "coro" che conosco bene, il responsabile infatti è anche lui un volontario, viene da noi in carcere a dare lezioni di coro. Lo spettacolo è iniziato con loro e veramente sono bravissimi, poi ha suonato un gruppo di senegalesi con il loro tam tam, strumento popolare che ha scaldato la serata, ma per nostra sfortuna il tempo correva ed era già ora di ritornare a casa. Il viaggio fino "a casa" l’abbiamo fatto con la jeep del nostro professore di matematica e ci siamo divertiti tanto perché lui è una persona simpaticissima. La strada era vuota, c’erano poche macchine in giro, ma tante prostitute sul marciapiede, povere creature lavorano con una temperatura freddissima, lavorano fuori finché il governo non deciderà di avere di nuovo le case chiuse (ma succederà mai?), tutti noi aspettiamo invece dal governo la decisione di concedere un "indulto" o almeno una "amnistia", anche se c’è un detto che suona così: "Dio perdona il governo no".

Nel frattempo siamo arrivati, poi siamo stati accompagnati in matricola, e voi là che comincia lo streep-tease uno alla volta, e così finisce la mezza giornata, e io ringrazio tutti coloro che mi hanno dato fiducia per questa meravigliosa serata, e ne auguro di simili a tutti i detenuti. lo posso dire solo, dopo quello che ho visto fuori forse con occhi diversi, che tutti questi anni passati in galera sono anni persi.