Poveri illusi

 

Di Michele Esposito, giugno 1999

 

Capita spesso di sentire i lamenti di sofferenza da parte di quelle persone che svolgono volontariato all’interno delle carceri. Sono lamenti soffocati, (chissà poi perché…) a sentir loro è per il disagio in cui ci troviamo noi detenuti, per dover vivere, a volte per molti anni, in luoghi come questi (ma come questi… cosa?!!!).

Si chiedono come facciamo a sopportare per molti anni: soprusi, ingiustizie, restrizioni e privazioni di ogni tipo. In realtà siamo noi a non capire come facciano loro a sopportare la vita esterna.

Ma quali soprusi? Quali ingiustizie? Restrizioni, privazioni…? A queste persone vorrei aprire un po’ gli occhi, non so se ci riuscirò, anche perché possono aver perso ogni cognizione, rapporto e sensibilità con la verità!!!

Dovete sapere, e mi vergogno un poco a dirlo per il rispetto per la vostra misera vita, che non è affatto facile arrivare qui, il perché non ve lo siete mai chiesto? Se non fosse un privilegio pensate che sarebbe limitato a solo 50.000 persone su 56 milioni di italiani?

Siamo stati attentamente selezionati, valutati e giudicati, abbiamo superato prove difficili e coraggiose, siamo stati per questo ricercati anche su vasta scala, e adesso che scarseggiamo sono costretti ad espandere le ricerche all’estero. Non è per farvi invidia, ma per farvi capire quanto sia speciale la nostra condizione.

Vivere qui è a costo zero, non c’è denaro che circola tra noi, non c’è divisione in ceti sociali, i beni sono a disposizione di tutti e gratuitamente. Siamo una comunità di prescelti, di predestinati, degli esempi da seguire.

Il cibo è attentamente selezionato e misurato per una dieta equilibrata, senza grassi ed eccessive calorie. Il pasto ci viene servito direttamente in camera con scelta al carrello. Viene consumato velocemente per poter fare la passeggiata quotidiana in una vasca di cemento, molto apprezzata, al riparo dalle correnti d’aria, dall’inquinamento dei gas di scarico, dal frastuono e dalle distrazioni della vostra vita comune e noiosa.

Abbiamo un campo sportivo, una palestra attrezzata che viene utilizzata di rado, come punizione, per dimostrare quanto faccia male lo sport. C’è una sala cinema-teatro dove non si paga l’entrata, che è a disposizione degli amanti del dolce far niente, attività tra l’altro molto più sana dello sport.

Alle porte c’è del personale qualificato, uscieri, portieri, maggiordomi, e te le aprono, te le chiudono e non vogliono mance.

Scuole comode e a domicilio. Senza code per l’autobus, che non arriva mai puntuale, senza attese al freddo, senza arrivare a scuola già stufi. Qui sono le scuole a venire tra noi.

Poi ci sono scuole non ufficiali, autogestite, con istruzioni di vita vissuta, invidiata dagli stessi uscieri desiderosi di apprendere la nostra arte per poter poi fare la nostra vita. A volte ci riescono. A loro raccontiamo le nostre esperienze con emozionata nostalgia di tutte quelle facce terrorizzate nelle banche, dove erano chiare la loro gioia ed impazienza perché noi prelevassimo i soldi e si preoccupavano che fossero tanti, che non ne dimenticassimo in qualche cassetto o non li perdessimo per strada. Quelli sì che erano bei tempi! Quella sì era solidarietà!

Certo che ho trovato chi mi ha aiutato, questo lo devo riconoscere, come il mio coimputato, che con grande altruismo ha fatto di tutto perché potessi godere solo io di un posto come questo, senza dividere con me una sola giornata. Si è sacrificato! Facendo di tutto perché ci rimanessi a lungo. Come si dice… chi trova un amico trova un tesoro!!!

Purtroppo anche qua qualche volta nascono dei malumori, legittimi tra l’altro, un nostro compagno ha giustamente protestato con l’organizzazione perché gli voleva sostituire il suo televisore in bianco e nero con quello a colori.

Si è messo a fare il diavolo a quattro perché si è sentito trattare come uno di voi, non voleva rinunciare al suo televisore in bianco e nero: "Quello a colori", diceva "è per la gente normale, grossolana, che non ha ne stile ne gusti raffinati, io sono uno speciale!". Lo hanno punito e sulla notifica c’era scritto che avrebbe dovuto trascorrere tre giorni fuori da questo posto per coltivare affetti famigliari. Sadicamente l’hanno chiamato permesso premio.

Sarebbe ora che qualcuno si muovesse per far cessare questi abusi contro la nostra qualità di vita.

Comunque è stato trascinato fuori a forza, consolato da noi con pacche sincere sulle spalle, convinto che tre giorni passano veloci e che lo aspettavamo a braccia aperte.

La vita fuori è dura e lui è stato costretto a nascondersi in casa per la vergogna di farsi vedere cacciato da qui e allora per rientrare subito, non sopportando la vergogna, dopo aver letto alla moglie le motivazioni della sua punizione che lo condannava a coltivare gli affetti famigliari, l’ha sepolta sotto terra con un cartello che diceva: "Attenzione, non calpestare, campo coltivato".

Quando gli aguzzini sono andati a prenderlo, lo hanno caricato su una specie di Papa-mobile e gli hanno fatto fare il giro della città, sotto l’attenzione e l’ammirazione della gente che lo osannava, in delirio, quasi fosse una divinità. Lui non sapeva quale divina ispirazione l’avesse guidato, sapeva solo di essere speciale.

Quando è rientrato tra noi lo abbiamo accolto come un eroe, con grande emozione, gridandogli pieni di gioia: "Sei grande! L’ergastolo ora non te lo toglie più nessuno!". Lui era molto felice per l’accoglienza ricevuta, e noi non volevamo rovinargli quel magico momento. Non abbiamo avuto cuore di comunicargli che il suo ergastolo era in pericolo, infatti in quei suoi tre giorni di punizione, i telegiornali davano la notizia che era in discussione proprio l’abolizione dell’ergastolo. Ora chi avrebbe avuto il coraggio di dirglielo?!!!

Intanto godiamoci ancora questi privilegi rivendicando il nostro diritto alla vita qui.

 

Poveri illusi!!! Non siamo noi ad essere ristretti qui dentro, ma voi che vi siete chiusi fuori!