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Quando il diritto di informazione si scontra con il diritto alla privacy Ma esiste per noi delinquenti il diritto all’oblio? La certezza della pena esiste eccome, perché la gente in carcere ci sta, e soprattutto resta inchiodata per una vita al suo reato
di Maurizio Bertani, settembre 2008
Qualche giorno fa i quotidiani locali hanno sparato un titolo che diceva “Libertà negata all’assassino di…”. La notizia era che il Tribunale di sorveglianza ha respinto la richiesta di una misura alternativa fatta da un detenuto condannato a 21 anni di carcere per omicidio, che molti ne ha già scontati in prigione, dove si impegna con forza per costruirsi un futuro che sia un vero reinserimento sociale. Quel detenuto è venuto a sapere che la semilibertà gli è stata negata dai quotidiani, prima ancora di ricevere la notifica da parte del Tribunale di Sorveglianza. Ora, a parte la voglia di capire chi ha dato quella notizia alla stampa, mi ha fatto star male vedere la sua storia “sbattuta” di nuovo sui giornali con tutti i particolari del caso. Allora mi chiedo: è così importante per questa società conoscere nei dettagli un reato di più di 13 anni fa? È così importante infliggere ulteriori umiliazioni alle persone che pagano per i loro reati? Io però non voglio neppure preoccuparmi per quel detenuto, che ha le sue colpe, anche se non ha mai negato le sue responsabilità e in questi anni ha lottato per il suo riscatto sociale, consapevole che comunque non riuscirà mai a ripagare il male fatto e dovrà negli anni a venire convivere con questo dramma dentro di sé. Ma questo ragazzo ha anche una famiglia, che già ha sofferto per quanto è accaduto tanti anni fa, e ora si vede rigettata sulle pagine dei giornali, dove l’unica cosa che hanno omesso è il numero di telefono di casa. E ancora, questi genitori e famigliari devono rivivere quel dolore mai dimenticato, e oltre al dispiacere di veder preclusa ad un figlio la possibilità di ricominciare finalmente una vita nuova e lasciarsi il passato alle spalle, devono ancora oggi sentirsi umiliati nel luogo in cui vivono. Ma veramente la società ha bisogno di questo? Perché se così fosse, credo proprio che questa società di valori ne ha ben pochi, e i giornali di correttezza e rispetto ne hanno ancora meno. Chi fa informazione spesso sventola ai quattro venti l’idea che non esiste la certezza della pena, però forse è più onesto dire che la certezza della pena esiste eccome, perché la gente in carcere ci sta, e soprattutto resta inchiodata per una vita al suo reato. Ma pur nell’amarezza di tutto questo, so che quel detenuto finito di nuovo sui giornali ce la farà, con la sua caparbietà e volontà, a ricostruirsi il suo futuro e a non restare per sempre schiacciato sul suo passato. |
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