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Il significato profondo del silenzio dei detenuti di fronte alle vittime La strada che porta al futuro Questo convegno ha fatto emergere un’altra verità; che ci sono tanti che vogliono costruire ed unire invece che dividere e distruggere
di Marco Libietti, giugno 2008
Venerdì 23 maggio 2008. Periodo temporale ore 10,30-16,00… Convegno presso la Casa di reclusione di Padova Due Palazzi… tema “Sto imparando a non odiare”. Ebbene – potrà dire qualcuno – cosa ci sarà di così particolare? Certo il tema è profondo, più impegnativo di tanti altri, ma un convegno è un evento in sé, e quindi? E quindi il collo di un imbuto non lo si può catalogare come un semplice evento perché è proprio questo ciò che ha rappresentato… un collo d’imbuto, una naturale “strozzatura” di percorsi convulsi, contrastanti e contrastati, di forze di diversa entità e correnti più o meno forti e, a volte, opposte e divergenti. Questo collo, questa strozzatura ha due sole soluzioni: una è l’afflusso, la convergenza di una quantità di detriti tale che si crea un “tappo” e tutto ciò che è arrivato sin lì refluisce sino a ristagnare formando un bacino chiuso, fine a se stesso, inutile… l’altra è che il flusso si incanali con moderazione e pazienza provocando un duplice effetto, la depurazione, il filtraggio di ciò che dovrà continuare il percorso tramite un ordine ed una visione sempre crescente e, contemporaneamente, l’allargamento del collo d’imbuto, la formazione di un “letto” più forte, solido e sicuro nel quale possono convivere, confrontarsi, miscelarsi, progredire e proseguire insieme tutte quelle componenti che si erano ammassate senza un piano, un progetto chiaro e precostituito all’ingresso del collo. Questo ha detto e questo ha in qualche modo sentenziato questa naturale strozzatura passata sotto la dicitura di convegno. Ogni tanto nella storia della vita delle persone si presentano, quasi emergono (con stupore anche di chi ha contribuito a ciò), nei momenti apparentemente più complessi (e questo si può ben dire che lo sia), situazioni e circostanze che “sentenziano” al di sopra di tutto non la necessità di un cambiamento ma un cambiamento… lo si voglia o no questo convegno è stato una di queste. Dalle 16 di venerdì 23 maggio 2008, comunque vada, tanto, per tanti di noi, non è e non sarà più come era sino alle 10,30 di quella mattina. E ora si dovrà fare i conti con tutto questo, impostare proposte, progetti, indicare possibili soluzioni per defluire e non refluire. Manlio Milani, Andrea Casalegno, Adolfo Ceretti, Giuseppe Soffiantini, Silvia Giralucci, Olga D’Antona, la redazione di Ristretti Orizzonti, i volontari, i detenuti, la società, tutti questi erano e sono intervenuti proprio come forze, correnti, idee, pensieri, convinzioni, considerazioni e stati d’animo eterogenei, a volte in linea, a volte contrapposti (proprio come la confluenza verso il collo, la strozzatura citata all’inizio) ma tutti pronti ad andare oltre, a proseguire. Tutti con i loro contributi che arrivano da riflessioni e percorsi personali con una elevata componente emotiva come nel caso della Giralucci e di Casalegno, seppur con modalità di esternazione diverse, o con maggior razionalità come nel caso di Soffiantini e Ceretti, sino agli interventi di Milani e della D’Antona che hanno incorporato nelle loro riflessioni emotività e razionalità ma, pure in questo caso, sempre e comunque con una propria unicità, fuori da categorie come quella delle “vittime”. E sono state queste unicità la forza assoluta, ma in questo caso in termini positivi, propositivi, che hanno fatto sì che, per la prima volta, tante voci, tanti pensieri ed idee isolati, seppur forti ed autorevoli, si siano potuti riunire, esprimere e confrontare con tutte le parti in causa. Di queste parti in causa una va citata per la sua grande, dirompente e fragorosa silenziosità… i detenuti, questa componente che, per le prima volta, ha accettato e deciso di mettersi in gioco, di fare una scommessa su se stessa… in molti casi per la prima vera volta nella propria vita, davanti alla società vittima e giudice…
C’è una parte di società che preferisce creare barriere sempre più alte e fossati sempre più profondi
La sfida lanciata è molto forte, anche perché non è solo verso un proprio mondo esterno ma, innanzi tutto, verso l’interno, l’interiorità di ogni singola componente di queste parti, che hanno lanciato un messaggio: “Impariamo a non odiare e proviamo a metter fuori la testa, insieme possiamo farcela”… ci sarà da lottare con se stessi e con quella parte di società che rema contro, che preferisce, con freddo calcolo, usando anche l’emotività e il senso di paura della gente, creare barriere sempre più alte e fossati sempre più ampi e profondi, ma questo convegno ha detto con forza un’altra cosa, ha fatto emergere un’altra verità… ci sono tanti che ci vogliono o vorrebbero provare, che sono disponibili a costruire ed unire invece che a distruggere e dividere. È proprio da qui che si deve riprendere, raccogliere le forze per defluire con calma e pazienza, per allargare un po’ alla volta questo collo d’imbuto naturale per costruire un letto sul quale poter scorrere tutti concentrando sforzi, collaborazione e risorse… sarebbe bello che fosse giunta l’ora di proporre, impostare piani programmatici che tengano conto della voglia di confrontarsi di Milani, del dolore struggente della Giralucci, dello spirito imprenditoriale di Soffiantini sul recupero-inserimento come costo-beneficio per la società, della ferma volontà della D’Antona di non essere sempre e solo considerata come quella a cui quel giorno hanno ucciso il marito, della volontà e dello spirito di sacrificio del volontariato, della mediazione penale, dei mass-media che diano voce e visibilità a tutto questo. E di uno spirito “francescano” da parte dei rei, dei detenuti che siano disponibili verso le vittime, la società, le loro famiglie e se stessi ad affrontare un percorso che sicuramente inizialmente di agevole avrà ben poco, ma che li potrà portare a rialzare quella testa e poter riutilizzare, non solo formalmente, quei diritti che ora, come ha detto concludendo il suo intervento la Giralucci, non possono richiedere con pari forza e dignità rispetto a chi sta dall’altra parte. Da ora, da parte di tutti è giunto il momento di mettere un po’ da parte le parole e le buone intenzioni, le riflessioni filosofiche, le invettive e le rivendicazioni e passare a fatti concreti, a progetti precisi, impostati e mirati… che il convegno del prossimo anno possa sancire tutto questo è l’unico augurio e pensiero che si deve fare e deve animare ogni singola parte intervenuta il 23 maggio, e che non basti più una palestra di un carcere come letto dopo il collo d’imbuto. |
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