Contumace! Storie di "ordinaria follia" della giustizia

 

A otto anni di distanza dal fatto, per un reato "genere tangentopoli" viene condannato in contumacia, nonostante risieda tranquillamente a casa sua

 

Di Marco C.P., giugno 2000

 

Otto anni fa la giustizia mi "informa" che ho commesso un reato, e mi toglie la libertà personale perché ritiene che io sia pericoloso. L’accusa: un finanziamento, erogato da me per sviluppare un progetto, è illegale.

Vengo imprigionato. Dopo tre mesi mi liberano, mi lasciano prendere un treno per arrivare a casa di mia madre e lì mi "costringono" per altri 35 giorni, assegnato agli arresti domiciliari.

Intimamente provato per questo fatto, di notevole gravità per un uomo abituato a una vita "normale", decido di non continuare nella mia professione, per la quale ho studiato ventuno anni, ma che mi costringe a "convivere" in un ambiente diventato improvvisamente delinquenziale. Era infatti iniziata l’era di tangentopoli!

Tutti i politici, improvvisamente, grazie al giudice Antonio Di Pietro, sono diventati delinquenti e noi tecnici, che sviluppiamo i loro progetti, siamo loro complici.

Terrorizzato da quanto mi è accaduto, incredulo, oltre che consapevole di aver commesso alcun reato, decido di tagliare definitivamente con il passato. Chiudo lo studio, lascio Milano e mi rifugio a casa di mia madre sul lago di Garda.

Incapace di rimanere inoperoso, inizio a lavorare per una ditta di pullman di gran turismo. Mio nonno, nel 1919, aveva iniziato un servizio pubblico con autobus di linea nel mantovano, collegando Mantova con Ferrara; mio padre, dopo la guerra, aveva ampliato l’impresa con servizi turistici in Italia ed all’estero e io, dopo la sua morte, avevo continuato la tradizione di famiglia, fino a quando, allettato da una offerta lavorativa della Provincia, avevo ceduto tutta l’azienda, con grande rammarico, perché la mia passione erano i pullman.

Dopo quasi vent’anni ritorna a galla quella passione, e per questo accetto con tanta felicità di riprendere a fare il bus - operator (l’autista di pullman di gran turismo). Comincio subito a viaggiare per tutta l’Italia e l’Europa: viaggiano con me turisti di tutte le nazioni, tedeschi, inglesi, francesi, americani, giapponesi, che mi danno delle soddisfazioni enormi alla loro partenza.

Il mio datore di lavoro è molto soddisfatto: finalmente ha trovato un dipendente, che non solo lavora con tanta passione, ma contribuisce attivamente a consigliarlo nelle scelte dei mezzi di lavoro e sulla scelta della clientela più vantaggiosa per il tipo di agenzia viaggi che lui stesso ha fondato. Tutto questo è possibile grazie all’esperienza che ho acquisito nella tradizione di famiglia.

Ogni tanto, viaggiando per l’Europa, mi torna alla mente la mia prigionia. Mi scoppia l’angoscia e mi tranquillizzo solo quando mi convinco che tutto è sotto controllo, perché l’avvocato, a cui ho affidato la mia causa, ancora non mi cerca. Vuol dire quindi che tutto è fermo, magari dimenticato!

Lavorando giorno e notte, offrendo anche parte delle mie ferie per fare il lavoro che più mi piace, considerandolo più un hobby che una fatica, passano otto anni di vita normale, serena e "estremamente legale".

Quella parentesi è completamente cancellata nella mia mente: l’avvocato, mio difensore, non mi contatta da almeno sei anni! Inconsciamente "voglio" che non mi contatti, perché così mi convinco che la mia causa è stata archiviata o almeno è andata fuori dai termini per poter essere discussa e giudicata. Sul lago di Garda mi faccio nuove amicizie e non certo politiche, come quando lavoravo a Milano e a Roma, ma sincere, non di interesse.

Tornato single, senza più mia moglie rimasta a Milano, ho ora l’occasione di occuparmi di mia madre, vedova fin dal 1975, di cui sono figlio unico. Mia madre, che al mio ritorno dopo ventuno anni mi ha fatto ritrovare la mia camera da letto e tutte le piccole e grandi cose di quando ero giovane e vivevo con i miei genitori. I "nuovi orizzonti" sono diversi da quelli disegnati a Milano, questi sono molto più ridimensionati, più semplici, più realizzabili, e soprattutto più umani.

Insomma sono arrivato, (tornando a fare l’autista di pullman), a fare quello che desidero fare. Il 17 gennaio di quest’anno, tornato dall’ennesimo viaggio turistico, con il mio pullman ancora sotto casa, sento suonare il citofono di casa: "Carabinieri!".

Senza neppure rendermene conto ripiombo nella stessa situazione di terrore di otto anni prima, vengo umiliato e di nuovo incarcerato, (arresto, impronte, perquisizione fisica, cella). Devo scontare la pena per aver commesso quel reato nel 1991 e perché devo essere reinserito nella società, secondo la Costituzione Italiana. Il mio avvocato difensore e i giudici non mi hanno trovato, sono stato dichiarato contumace, pur essendo regolarmente residente da anni nella stessa casa senza aver mai fatto perdere le mie tracce.

 

Il dettato costituzionale impone il reinserimento sociale e il recupero dell’individuo che ha deviato. Anche a otto anni di distanza, anche se l’individuo in questione è già da un pezzo recuperato e reinserito.