La galera prima della Gozzini

Il racconto di un uomo che è stato “dentro” 54 anni

 

Durante un permesso premio sono stato ospite della casa di accoglienza “Piccoli passi”, dove ho incontrato e intervistato una persona molto particolare: un ex detenuto, scarcerato il 27 aprile di quest’anno, dopo poco meno di 54 anni di carcere. Mario ha ora 74 anni e però ha parlato del suo futuro in modo molto positivo e ottimista, ma soprattutto dalle sue parole traspare, nonostante le difficoltà della sua vita, la speranza.

 

Intervista di Maher Gdoura, settembre 2008

 

Mario, quanti anni hai fatto in carcere?

Complessivamente ho fatto 53 anni e dieci mesi. Tutta una tirata ho fatto 32 anni 3 mesi e 6 giorni e sono uscito il 27 aprile 2008. Prima di fare questa carcerazione avevo fatto già 21 anni e sette mesi, in tutto quindi quasi 54 anni, e avendone attualmente 74 a novembre, puoi immaginare che ho trascorso più tempo in carcere che in libertà. Ho iniziato da minorenne.

 

Da quando hai iniziato ad usufruire dei permessi?

Il primo permesso l’ho avuto dopo 29 anni 6 mesi e 6 giorni di reclusione. Un permesso di 5 giorni nel 2005 da trascorrere a casa dei miei a Ferrara.

 

Se vuoi parlarne, mi piacerebbe capire perché ti sei fatto tutti quegli anni di galera?

La prima carcerazione di 21 anni e 7 mesi era il cumulo di vari reati. Feci 13 anni e 10 mesi poi evasi. Era il 1971. Furtarelli, oltraggi, resistenze, ero un ragazzo molto vivace che usava la violenza per scappare ai poliziotti. L’ultimo reato per cui ho espiato i 32 anni e tre mesi era un omicidio compiuto quando evasi nel ’75. La persona che uccisi era un detenuto, evaso anche lui, da un altro carcere, e conosciuto fuori. Senza entrare nei particolari, non era una persona onesta. Era solo un prepotente. C’è stato una specie di duello, lui è morto e l’hanno sepolto da morto. A me mi seppellirono da vivo ma sono riuscito ad uscirne. Mi diedero l’ergastolo e 15 anni, poi in appello 30 anni. E perché, se avevo 30 anni da farmi, ne ho scontati 32? Perché in carcere ho avuto altri processi, l’ultimo di questi 21 anni fa a Porto Azzurro per il sequestro di guardie, del direttore e altri dell’ambiente carcerario. Per questo presi 12 anni. Ero io con altri 5 compagni tra cui Mario Tuti. La mia uscita ora è stata favorita dai tre anni di indulto e da circa tre anni di sconto di pena, altrimenti avrei dovuto fare altri sei anni.

 

In questi 53 anni e 10 mesi il carcere ha cambiato faccia?

Assolutamente sì. Nel carcere di una volta il detenuto veniva chiuso in una cella per 23 ore al giorno e aveva un’ora d’aria al mattino. Ricordo che a Cagliari, essendoci troppi detenuti e non potendo contenere un detenuto per cella, in una cella di 3,80 x 1,80 stavamo in tre con uno che dormiva col materasso per terra. Materasso che dovevamo arrotolare durante il giorno usandolo come sedile per mangiare. Ricordo la sporcizia e gli insetti: cimici, pidocchi, zanzare, mosche (parliamo degli anni 50 sino agli anni 60). Allora le lenzuola le cambiavano una volta al mese, quando ti toccava il turno di fare la doccia, perché allora la doccia si faceva una volta al mese. Tu puoi immaginare come erano quelle lenzuola. Noi che eravamo i più giovani eravamo anche i più rivoltosi. Venivamo rinchiusi in celle di isolamento. E continuavamo a fare le rivolte e prendevamo altre condanne. Il carcere comunque l’abbiamo cambiato col tempo.

 

Hai visto quindi molti cambiamenti in questi anni?

Certo che sì, ma li abbiamo ottenuti anche con le rivolte. Del resto il carcere duro spinge e provoca rivolte. Il trattamento inumano, la sporcizia, la mancanza di qualsiasi “svago”, la mancanza di lavoro… 23 ore chiusi in cella. Il carcere l’abbiamo cambiato anche noi detenuti con le rivolte violente che erano l’unico modo per farci sentire. Io ero un ribelle, non lo nego, e quando mi facevano delle prepotenze reagivo, e quando reagivo mi prendevano e mi legavano al letto di contenzione (che noi chiamavamo “la balilla”, vecchia automobile di epoca fascista). Finché, legato, mi coprivano la faccia in modo che non potessi vedere chi avevo di fronte e mi pestavano. Io riconoscevo dalla voce chi mi picchiava e quando mi slegavano picchiavo quello che mi aveva picchiato e subito mi rilegavano e mi ripestavano… e via così all’infinito. Alla fine mi hanno lasciato perdere perché pensavano fossi matto. Con le rivolte secondo me contribuimmo, negli anni 70, ad ottenere la legge Gozzini – permessi, liberazione anticipata che inizialmente era di 45 giorni l’anno mentre poi è passata a 90 e gli altri benefici. Altrimenti saremmo ancora al medioevo.

Le rivolte pian piano si sono estese a tutte le carceri d’Europa, e progressivamente i politici capirono, soprattutto la sinistra e i radicali, ma non solo. Anche qualche uomo di destra è stato favorevole al cambiamento. Se non ricordo male un politico dell’allora MSI fu cacciato dal partito perché credeva in un trattamento più umano dei detenuti basato sull’attività lavorativa, sportiva, ricreativa, di studio e di sostegno ai rapporti con i familiari attraverso i colloqui. Attualmente i detenuti conoscono il carcere com’è grazie alla legge Gozzini.

 

Sentendo quello che dicono fuori riguardo all’abolizione dei benefici, tu pensi che le cose migliorerebbero a livello di sicurezza sociale cancellando la Gozzini?

Se al detenuto non vengono date speranze, se lo si chiude senza prospettive, reagisce. Ricomincerebbero le rivolte, specie d’estate, con violenze, occupazione delle carceri, distruzione, sequestro delle guardie, non vivrebbero più né i detenuti, né il personale. Se il detenuto ha delle speranze, di poter uscire prima, poter vedere i familiari con un permesso, o di andare in misura alternativa, fa un altro percorso. Se gli togli le speranze diventa violento. Chi subisce violenza reagisce con la violenza.

 

Anche le statistiche dicono che la recidiva crolla se il detenuto beneficia di misure alternative…

Sono i media che esasperano tutto. È l’informazione che falsifica. A me risulta che i reati sono addirittura calati. I media, in particolare quelli di destra o della lega, spesso esasperano il tutto per ottenerne un profitto politico. La gente non si sente più sicura, dicono. Ma questa insicurezza della gente è percepita in modo esagerato proprio per come l’informazione la divulga. Gli omicidi, i furti, le rapine, il crimine sono sempre esistiti e non verranno mai debellati del tutto. Ma con le leggi opportune potranno fare in modo che il detenuto possa riabilitarsi. E quindi reinserirsi. Se cesserà la possibilità di sperare, ci si accorgerà che le cose peggioreranno. Non c’è memoria storica. Non si ricordano cosa avveniva.

Non si possono fare le leggi secondo il sentire del momento.

Che ci siano delle leggi che proteggono il cittadino è giusto, ma ci sono sempre state. Basta applicarle in modo giusto. Se tu incattivisci il detenuto, le cose non possono che peggiorare.

 

Nei 53 anni che hai trascorso in carcere che cosa ti è rimasto impresso di più?

A me è rimasta impressa tutta la vita carceraria. L’ho stampata nella mente. Tutta la violenza, la sporcizia, gli insetti, la camicia di forza, l’isolamento con i tavolacci su cui dormire. Non bisogna mai esasperare l’uomo che è oppresso. Se lo esasperi esplode. Se sei trattato da bestia, reagisci da bestia.

 

Cosa hai provato il primo momento che sei uscito dal carcere?

Innanzitutto, appena uscito al primo permesso sono andato a casa di mia nipote a Ferrara dove sono stato cinque giorni. Non sono uno che esprime gli stati d’animo, ma i miei mi capiscono, e mi sono goduto la libertà insieme a lei, suo marito, i suoi figli. Io non ho momenti di esaltazione, ma la felicità è stata enorme. Comunque è una sensazione inesprimibile a parole… non saprei cosa dirti. Sono stato molto felice. Ora lo sono ancora di più perché sono completamente libero… e speriamo che duri per sempre questa libertà.

 

Ora come ti senti? Quali sono le tue emozioni? Hai avuto delle paure?

Nessuna paura. Non sono mai stato un pessimista. Anche dalle cose più sfavorevoli riesco a trarre delle cose piacevoli. Non mi faccio prendere dall’angoscia, dal timore, dalla paura. Penso: “Ci saranno giorni migliori”. Adesso devo combattere con la burocrazia – documenti, la casa ecc. – e io non c’ero abituato, però sto risolvendo anche queste cose. Ci saranno giorni migliori, sempre se sopravviverò alla burocrazia!

Ho sofferto tanto in passato che le sofferenze del presente sono zero per me. Ho sofferto legato al letto di contenimento finché mi pestavano, la fame, la miseria, gli insetti, le offese, le umiliazioni, le prepotenze. Mi è capitato anche che mi perquisivano la cella, mi prendevano le foto dei parenti e ci sputavano sopra e le pestavano.

E io ho sempre reagito. Non che gli agenti fossero tutti così, ma c’era una squadra speciale che secondo me aveva il compito di opprimere la personalità dell’individuo. E quanto più reagiva tanto più volevano opprimerlo per cercare di annientarne la personalità. Io ho fatto in modo che ciò non avvenisse. Penso di esserci riuscito, ma mi sono fatto tanta galera.

 

Del tuo futuro cosa pensi?

Vivo giorno per giorno. Quel che viene di buono lo prendo. Naturalmente ho delle aspirazioni. Ci sarà spero presto un lavoro come bibliotecario all’ex manicomio. Vorrei trovarmi una compagna, adeguata alla mia età naturalmente. Io amo leggere, quindi il mio tempo lo trascorrerò lavorando, leggendo, studiando, visitando musei, visitando città e vorrei anche viaggiare un po’. Spero di avere il tempo per tutto.

Mi hanno tolto la “pericolosità sociale”, quindi sto aspettando i documenti per poter andare all’estero.

 

Sentendo la tua storia ho riflettuto. Devi avere una gran forza. Non riesco neppure a immaginare cosa hai passato. Se al tuo posto c’era qualcuno con meno forza di te…

 

Io ho visto tanti detenuti impiccarsi, tagliarsi le vene, buttarsi dal terzo piano… non ho mai avuto l’istinto suicida. Non ho mai pensato di uccidermi. Ricordo un bruttissimo suicidio a Porto Azzurro. Un detenuto si avvolse in un materasso di gommapiuma che aveva inzuppato di alcol – all’epoca avevamo dei fornellini ad alcol – e si diede fuoco. Quando sono intervenuto, ho visto che le sue gambe erano fuse insieme e lui non era ancora morto… È stata una morte orrenda. Qualcuno siamo riusciti a salvarlo, ma molti sono stati i casi di suicidio. A volte basta che trovino un compagno che gli parla nel modo giusto… e se riesci a salvarlo ti senti davvero appagato. Perché salvare la vita a una persona, se ci riesci, ti fa sentire bene.

Ci toglievano cinghia e lacci. Non ho mai capito perché i lacci delle scarpe: non credo che nessuno riuscirebbe a impiccarsi con i lacci delle scarpe! Infatti si strappavano le lenzuola, si facevano la corda e si buttavano.

Tornando alla faccenda che vogliono togliere la Gozzini, questo governo sbaglia se vogliono tornare indietro. Quello che devono fare è dare lavoro a tutti, mandare a scuola tutti, far fare sport e favorire i rapporti con i famigliari. Queste cose sono l’atto preparatorio alle misure alternative, perché il detenuto deve essere preparato prima di accedere alle misure alternative. Il lavoro per essere un po’ autonomi, lo studio perché arricchisce la mente, l’educazione civica in genere per sapere dove stiamo vivendo, il favorire i rapporti in genere, anche non familiari. L’avviare le persone alle misure alternative dev’essere fatto in modo graduale. Insomma, tornare indietro sarebbe deleterio.