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L’importanza di sentirsi tutti parte di un gruppo Qualcosa dentro di me si è liberato… Il sistema della vita carceraria dopo qualche anno ti congela il cervello, serve una attività che ci aiuti ad aprirci e a rimetterci in gioco
di Maher Gdoura, giugno 2008
La mia prima osservazione su Ristretti Orizzonti e sul lavoro che è stato fatto dai miei compagni nell’arco di dieci anni, anche se faccio parte di questa redazione solo da sette mesi, è che il confronto tra carcerati, i dibattiti, sentire le storie diverse e i punti di vista anche opposti ti fa crescere, perché ad un certo punto impari finalmente a rispettare le opinioni dell’altro, anche se non le condividi, però appunto le accetti. Mi rendo conto che questi tipi di attività sono fondamentali per un detenuto, perché il sistema della vita carceraria dopo qualche anno ti congela il cervello, e questo un domani, quando usciremo di galera, si rispecchierà anche sulla società negativamente. Invece con questo tipo di attività qualcosa dentro di me si è liberato… Soprattutto quando ci confrontiamo con gli studenti, e magari, come è successo quest’anno, con alcuni dei loro genitori, vedo i miei compagni, me compreso, raccontare le proprie esperienze negative, che ci hanno portato in carcere, con la speranza di aiutarli a capire, proprio mettendo in gioco noi stessi in questo confronto, e ogni volta leggo nei volti degli studenti che, quando se ne vanno, hanno portato qualcosa con sé. E pure noi ci portiamo dietro qualcosa… Quando ho cominciato a far parte di questa realtà sinceramente ero un po’ in dubbio, temevo di non farcela a inserirmi, di non sentirmi abbastanza “adeguato”, ma poi ho cercato sempre di ascoltare e di capire, e dopo un po’, vedendo la sincerità dei miei compagni nei loro racconti, mi sono sentito coinvolto, “contagiato” anche. Quello che subito ho notato è stato il senso del lavorare in gruppo, l’importanza di sentirsi tutti parte di un gruppo: mi ricordo, in particolare, quello che è successo quando è morto un ragazzo, che era stato a lungo in redazione ed era uscito dal carcere da un paio di anni. Io non l’ho conosciuto, Stefano, ma mi ha colpito molto vedere la solidarietà e il dispiacere del gruppo e anche dei volontari per questa persona. Ma il senso di questa esperienza è anche far riflettere la società sul fatto che, siccome prima o poi torneremo tutti in libertà, è importante fare in modo che i detenuti possano uscire con la testa cambiata, con punti di vista diversi sulla vita, con la voglia di trovare finalmente un proprio posto nella società. Sono convinto che in ogni carcere dovrebbe esserci una redazione, è fondamentale per il detenuto e anche per la società. |
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