Storia di Lurk, un nigeriano a Venezia

 

Il permesso di soggiorno, la casa, il lavoro, i pregiudizi

 

Di Lurk, aprile 2000

 

Prima di essere trasferito a Padova, ero detenuto a Venezia, a Santa Maria Maggiore, e lì ho conosciuto un cappellano, Padre Alberto. A Padova poi amici che lo conoscevano bene mi hanno consigliato di scrivergli per chiedergli di darmi una mano, visto che ero nei termini per usufruire delle misure alternative al carcere ma non avevo una offerta di lavoro. Da detenuto, nel frattempo, avevo frequentato la scuola e imparato meglio l’italiano. Se c’è qualcosa che abbia veramente un senso in carcere, questa è la scuola, e personalmente posso affermare che mi ha aiutato molto, anche per crescere da un punto di vista mentale, arricchendo il mio modo di pensare e di vivere. Soprattutto mi ha insegnato a stare insieme con gli altri.

Il cappellano mi ha risposto subito, consigliandomi di rivolgermi direttamente al presidente della cooperativa Olivotti. Dopo uno scambio di alcune lettere, mi hanno inviato una dichiarazione d’assunzione; io allora ho presentato immediatamente domanda per la semilibertà, che fortunatamente mi è stata concessa subito.

Ho fatto il carrozziere per undici mesi, e devo dire che in cooperativa mi hanno aiutato molto, ho trovato un ottimo ambiente, come se fossi stato a casa, la mia seconda casa.

Il lavoro mi rendeva 500.000 mila lire al mese per otto ore di lavoro al giorno, certo non sono molte, ma io comunque sono grato a chi mi ha dato da lavorare, perché senza di loro non sarei uscito in semilibertà.

In seguito, ho trovato un’altra occupazione, tramite un amico extracomunitario che mi ha indirizzato alla cooperativa "Rio Terà dei Pensieri", e lì ho lavorato sino a fine pena, come prevedeva il mio contratto d’assunzione, e finita la mia condanna ho finito anche di lavorare lì, ma sono stato assunto dalla Cooperativa Il Cerchio, che si occupa prevalentemente di dare lavoro a detenuti ed ex detenuti, nel campo della manutenzione.

 

Le tappe della regolarizzazione  

Per quanto riguarda i documenti, non ne sapevo molto, ho così telefonato all’ufficio stranieri del comune ed ho potuto parlare con un loro avvocato, che mi ha chiesto se avevo il permesso di soggiorno, io gli ho risposto di sì, ma che era scaduto nel 1996 mentre ero in carcere.

L’avvocato mi ha risposto che proprio per questo motivo dovevano rinnovarmelo, perché ero in carcere e non potevo fare nulla per mettermi in regola. A questo punto dovevo riuscire a parlare con il Magistrato per farmi togliere la pericolosità sociale.

Un mio amico aveva i miei stessi problemi, ed era già riuscito ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi di giustizia. A quel punto, anch’io ho mandato subito una istanza al Magistrato, chiedendo di potermi recare in questura. Così ho fatto, ho ottenuto un permesso premio e sono andato in questura, e lì mi hanno rilasciato una ricevuta con l’indicazione di tornare dopo 50 giorni, trascorsi i quali mi hanno concesso questo benedetto permesso per motivi di giustizia..

Per togliere la pericolosità sociale ho fatto due istanze tramite educatori ed assistenti sociali, ma sino ad ora non ho avuto ancora risposta. Io avevo l’espulsione, e per questo ho fatto istanza al Magistrato di Sorveglianza di Venezia per la revoca.

 

Una casa non la trovi tanto facilmente… ma i pregiudizi sì  

Non ne vorrei parlare nemmeno, di come ho cercato inutilmente una casa, perché è una cosa un po’ vergognosa. Io non voglio generalizzare, ma qui nel Veneto, anche se siamo nel 2000, ci sono ancora tanti con una mentalità vecchia, e lo stesso comportamento pieno di sospetto e di pregiudizi che hanno avuto con noi stranieri lo avevano anni fa per le persone che venivano dal sud. Ho girato tutta Venezia, fuori Venezia, tutte le agenzie per affittare un appartamento: ci sono migliaia di appartamenti sfitti, ma appena vedono che sono straniero, mi dicono: mi dispiace... ma i proprietari non vogliono stranieri.

Ad un responsabile di un’agenzia, mentre mi diceva l’ennesimo "mi dispiace", alla fine, esasperato, ho detto: "Ma vi siete dimenticati della vostra storia? Sapete quanti milioni di italiani sono all’estero? In America, in Canada, in Australia, Argentina, milioni di italiani sono lì, e non credo che stiano dormendo sotto i ponti".

Sono andato a cercare una casa anche con una persona italiana che garantiva per me, e non hanno accettato lo stesso; avevo anche una dichiarazione scritta dal presidente della cooperativa in cui lavoravo, che in pratica diceva che potevano chiedere informazioni e considerarlo come un garante, ma non è servito a niente.

Mi sono allora rivolto al Comune, dopo che avevo già girato tutte le agenzie in lungo e in largo, e ho parlato con un assistente sociale, e devo dire che ho trovato infatti comprensione: mi hanno inviato al servizio sociale per gli stranieri del Comune e m hanno promesso che, terminata la mia condanna, un posto per me lo avrebbero trovato.

Grazie a loro sono uscito dal carcere alla mattina, a fine pena, e alle cinque del pomeriggio aprivo la porta di casa, in un appartamento dove siamo in sette, tutti stranieri, un nigeriano, un tunisino e cinque senegalesi, di ex detenuti ci sono io e c’è un senegalese. E’ una sistemazione temporanea, per un anno, noi paghiamo duecentomila lire a testa più ventimila per le pulizie al mese.

 

Le prossime tappe della regolarizzazione  

Ho il permesso che scade nel mese di giugno di quest’anno, dovrò rinnovarlo, avrò tempo fino al febbraio 2001per regolarizzare la mia posizione qui in Italia.

Vorrei avere il mio permesso di soggiorno per motivi di lavoro, quando scade questo per motivi di giustizia. Ci sono stranieri che durante il soggiorno per motivi di giustizia si sono comportati bene, lavorando, mettendo su famiglia, ma in questura quando vanno a chiedere il permesso di soggiorno per motivi di lavoro la risposta è no! Al massimo ti danno il foglio di via con scadenza di quindici giorni per lasciare il suolo di quella città, ma per andare dove? In un’altra città, a fare cosa? A fare reati, a commettere crimini. Questo tipo di leggi favorisce solo la criminalità: uno non può stare con le mani in mano senza mangiare, e allora è costretto in qualche modo a "darsi da fare".

 

L’espulsione  

Un mio paesano, che è stato espulso dal territorio italiano e rimpatriato nel nostro paese, dopo aver avuto una condanna a quattro anni di carcere in Italia, e averli scontati tutti, in Nigeria ne passerà altrettanti da detenuto, dovendo sottostare a pesanti misure di sicurezza: un anno di carcere da noi è come farne cinque da voi, è una cosa durissima. Conosco il mio paese, la Nigeria è un paese povero, e se hai i soldi a volte puoi pagare anche il poliziotto perché ti lasci andare. Ma io voglio vivere onestamente senza nascondermi.

 

I rapporti con i compagni di lavoro

Al Lido sono l’unico nero che lavora lì, e all’inizio mi prendevano in giro ed io ridevo, e intanto pensavo: se lui è ignorante, perché devo sprecare le mie energie con lui?

Ma ad un certo punto ho detto basta, ed ho reagito, ho fatto capire che non ero come pensavano, che ero una persona da rispettare e con la quale avere dei normali rapporti di lavoro e di amicizia. E ora siamo diventati davvero amici, ed è cresciuta tra noi la stima reciproca.