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Com’è difficile dire ai famigliari di essere detenuti…
Se la tua famiglia vive in un paese in cui il carcere è conosciuto come un vero inferno
Di Karim Ayari, novembre 2001
I detenuti stranieri, nella maggior parte dei casi, non intrattengono alcun rapporto con le famiglie rimaste nel paese d’origine: questo è quanto emerge dalle testimonianze di tanti compagni del carcere "Due Palazzi". Il rapporto degli stranieri con le loro famiglie presenta sempre aspetti molto complicati. I nordafricani, in particolare, quando sono liberi telefonano a casa due o tre volte la settimana, mandano soldi alle famiglie e anche pacchi postali, con vestiti per i loro fratelli e gli altri parenti. Quando vengono arrestati, soprattutto se hanno commesso reati di un certo tipo, il rapporto degli stranieri con le famiglie si interrompe di colpo: la maggior parte non fa sapere ai parenti di essere in carcere, al massimo lo fa sapere ad un fratello maggiore, e questo avviene dopo che hanno già passato un bel periodo in detenzione. Il fratello maggiore può così tranquillizzare i genitori, che altrimenti non saprebbero nulla della sorte del figlio: l’unico modo per rassicurarli e tenere la situazione sotto controllo diventa quello di raccontare loro delle bugie… Le cause che sono alla base di questo comportamento sono tante, cominciando dal fatto che molti ragazzi stranieri, in patria, non hanno mai fatto un giorno di prigione e, per loro, è molto difficile dire alla famiglia che sono finiti "dentro" in un altro paese. Chi è sempre stato "per bene", percorrendo strade ben diverse da quelle intraprese dopo essere emigrato, si vergogna a raccontare dei guai in cui è finito ed ha paura che la famiglia non lo accetti più: è diventato un fuorilegge, rappresenta un cattivo esempio per i suoi fratelli e, con quello che ha fatto, può "sporcare" il nome della famiglia.
Gli arabi sono intransigenti con chi sbaglia
Il rischio che la famiglia non lo voglia più riconoscere è molto concreto. Gli arabi hanno una mentalità diversa da quella degli occidentali, sono molto severi, sono intransigenti con chi sbaglia anche perché spesso mettono al primo posto i precetti della religione islamica. Un altro motivo che rende molto "delicato" dire la verità alla famiglia, cioè raccontare dell’arresto in Italia e del carcere, è che i famigliari non hanno idea di come sia la detenzione nelle carceri italiane: non sanno che ci sono le scuole, che si può fare sport ed essere visitati da un medico, anche tutti i giorni; non sanno che in una cella, al massimo, ci sono nove persone! Se un compagno nordafricano comunica alla famiglia di trovarsi detenuto, loro subito pensano alle carceri del paese in cui vivono, carceri dove la disciplina è rigidissima e le celle "contengono" anche duecento persone, che dormono per terra "equipaggiate" solo con due coperte, una da usare per materasso e l’altra per coprirsi. Pensano ad un carcere dove regna la violenza, dove i maltrattamenti sono all’ordine del giorno. Sapendo bene tutto questo, un detenuto straniero preferisce non far sapere niente ai famigliari: capisce che provocherebbe in loro una grande angoscia, innanzi tutto alla madre e, se qualcuno ha problemi di salute, questi peggiorerebbero a causa della preoccupazione… Nessuno vuol provocare ulteriori disagi e dolori ai propri cari e, per questo, decide di lasciare i famigliari all’oscuro di tutto ciò che gli sta succedendo. Sa che, anche così, farà loro del male, perché non sapranno più nulla di lui per tanto tempo, non sapranno se è morto o se è ancora vivo… ma si tratterà del male minore. Chi ha una condanna più lunga soffre molto questa situazione: ha in mente solo di "sbloccare i permessi", per cominciare ad uscire e avere così l’occasione di telefonare ai parenti, di tranquillizzare innanzi tutto sua madre. Siccome deve tornare in carcere e non può uscire per due mesi, fino al permesso successivo, dice ai famigliari d’essere "molto impegnato", quindi che non potrà telefonare per un bel po’ di tempo… Ci sono naturalmente anche delle famiglie, probabilmente poche, che sono consapevoli di ciò che fa il loro figlio, lo accettano e conoscono pure la differenza tra il carcere nei paesi nordafricani e quello in Italia. In questo caso, quando il ragazzo straniero entra in carcere, può telefonare senza problemi a casa. Ci sono poi detenuti che telefonano a casa dal carcere e raccontano delle bugie: fanno finta di essere fuori ma, prima o poi, i loro parenti si accorgono, dal modo in cui avviene il colloquio telefonico, la durata, la voce dell’operatore che annuncia da dove si sta telefonando, che le cose stanno diversamente e, a quel punto, si sentono molto, molto male.
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