Un confronto che è un passo avanti verso una maggior civiltà

È umano avere paura di quello che non si conosce

Sinceramente pensavo che qualcuno venisse qui a curare le proprie ferite, temevo di ricevere degli insulti o qualcosa del genere

 

di Jovica Labus, luglio 2008

 

La giornata di studi “Sto imparando a non odiare”, un incontro tra le vittime e i detenuti, è stata organizzata dalla redazione di Ristretti Orizzonti di cui anch’io faccio parte da pochi mesi. Sin dall’inizio, scoprendo che si stava preparando un convegno così diverso, mi sono chiesto tante volte: “Bisogna proprio essere presenti o no?”. Devo ammettere che sono stato un po’ scettico, perché non sapevo esattamente che cosa ci aspettava. Temevo di trovarmi in una situazione non piacevole. Insomma io sono sempre stato pronto ad ascoltare però non ad essere insultato, e avevo paura che potesse succedere questo.

Sinceramente pensavo che qualcuno venisse qui a curare le proprie ferite, non ero disposto a ricevere gli insulti o qualcosa del genere. Nonostante io personalmente non mi trovi qui per un reato di sangue, incontrare le vittime dei reati di altri mi preoccupava ugualmente, perché non volevo vedere il loro odio.

Ho pensato molto prima di decidere se partecipare al convegno e oggi sono sicuro che non ho sbagliato. Penso che sia stata una esperienza molto interessante che, senza dubbio, mi ha arricchito, aprendomi dei nuovi orizzonti, inimmaginabili per me fino a poco tempo fa. Rispetto ai miei dubbi e alle mie paure di prima mi sono accorto di non aver tenuto conto di quanto è stato difficile (per una persona che ha subito le conseguenze di un reato) venire in questo ambiente e parlare davanti a centinaia di persone, tra cui anche 100 detenuti. Serviva un colossale coraggio per poter spiegare il tipo di sofferenza, per la perdita violenta di un proprio caro, che si vive ogni giorno. Loro sono diventate vittime senza volere, provocare o cercare problemi del genere. Il minimo che abbiamo potuto fare noi è ascoltare e rispettare, in silenzio, il loro dolore.

Sono stato anche molto sorpreso delle opinioni di alcune persone, tra le vittime, che, nonostante esista un enorme “muro” tra di noi che ci divide, hanno fatto delle dichiarazioni a nostro favore per la questione dei benefici e la loro importanza per la società. Con quel gesto, hanno dimostrato ancora una volta che la loro umanità e grandezza esiste e noi dobbiamo apprezzare non solo la loro disponibilità a venire qui e dedicare, a noi, il tempo necessario, ma anche la loro volontà di partecipare a una manifestazione che è stata simbolo di un reciproco desiderio di abbattere le barriere che esistono tra di noi.

Questo evento così a lungo aspettato è servito, credo, a entrambe le parti, perché abbiamo potuto conoscerci direttamente. Esperienze di questo tipo sono degne di essere continuate e sviluppate ancora di più, e non dimenticate o messe da parte, poiché il nostro è stato un grande passo avanti verso la civiltà, e spero che attività come questa non si fermeranno qui. La mediazione penale credo sia qualcosa che serve sempre alla società per il futuro di una giustizia che concilia invece di punire.

Temevo questo incontro, ma ora penso che sia umano avere paura di quello che non si conosce. Spesso i pregiudizi limitano la chiarezza nei giudizi e ci portano a conclusioni sbagliate, mentre solo confrontandoci è possibile sconfiggere i nostri timori e vincere le battaglie con noi stessi. E io credo di averne vinta una.