Guai a dimenticare il legittimo risentimento delle persone a cui abbiamo fatto del male

 

di Graziano Scialpi, giugno 2006

 

Le polemiche sul caso di Sergio D’Elia, l’ex terrorista di Prima Linea nominato segretario di Presidenza della Camera, hanno sollevato un problema che più volte abbiamo dibattuto nella nostra redazione in carcere. È opportuno che chi ha commesso reati, chi è stato in carcere, chi magari ha ucciso abbia ancora il diritto di parlare in pubblico? È una questione spinosa. In teoria se una persona ha pagato il suo debito alla società non c’è nulla che le impedisca di dire ciò che pensa o fare ciò che vuole. Nulla tranne la propria coscienza… Nulla tranne il rispetto del legittimo dolore e del più che umano risentimento che possono provare le vittime o i loro parenti…

Molti di noi scrivono di carcere, ed esclusivamente di carcere, solo perché hanno la relativa sicurezza che i nostri scritti difficilmente usciranno dal ristretto circuito di quanti si interessano di carcere e, soprattutto, che molto difficilmente il nostro sommesso “metterci in mostra” potrà capitare sotto gli occhi delle persone a cui abbiamo fatto del male. Ed è questo il motivo per cui molti di noi, pur scrivendo, hanno più volte rifiutato di rilasciare interviste televisive, che hanno ben altra visibilità e ben altra invadenza. Sicuramente D’Elia non ha commesso direttamente reati di sangue, sicuramente ha pagato il suo debito, sicuramente si è ravveduto e ha cercato di rimediare ai suoi errori con l’impegno sociale. Tuttavia è difficile non capire la sofferenza dei parenti delle vittime del terrorismo nel vedere che una persona che propugnava un “attacco al cuore dello Stato” che ha causato morti e dolore, ora è divenuto una figura istituzionale di rilievo. Certamente tutti hanno il diritto di rifarsi una vita, di ritornare nella società e cercarvi il proprio ruolo, per questo ci battiamo da sempre, mettersi però sotto i riflettori, e inevitabilmente entrare attraverso la televisione nelle case delle vittime, è un’altra cosa. Ci sono ferite che non si rimarginano mai e che richiedono rispetto.

Ma la censura non può essere stabilita dalla legge, una volta che una persona abbia scontato la sua pena. si deve poter mettere la parola fine a ogni discriminazione e limitazione dei diritti. Dovrebbero però  essere la coscienza e la sensibilità personali a consigliare di mantenere un profilo basso.