Prima di finire dentro mi sarei riconosciuto nei vostri scritti

 

Il carcere può sembrare buio e tetro, ma ogni microsocietà è anzitutto composta da esseri umani, da persone diverse tra loro

 

di Gianfranco Gimona, febbraio 2005

 

Cari ragazzi,

ho letto con piacere quello che avete scritto in merito a ciò che vi viene in mente quando pensate al carcere. Sono alla mia prima carcerazione, senza avere precedentemente avuto contatti con la malavita. Ero un bravo cittadino, pagavo le mie tasse (il meno possibile…), con il mio impiego mantenevo la mia numerosa famiglia, (ho tre figlie), mi impegnavo socialmente in attività di volontariato, ero attivo politicamente, frequentavo la parrocchia.

Poi un giorno… Sinceramente devo confessarvi che anch’io mi sarei riconosciuto in quasi tutto quello che avete scritto voi, se avessi dovuto svolgere lo stesso tema prima della mia carcerazione, visti gli stereotipi che i mezzi di comunicazione, e soprattutto la televisione, ci propinano. Per questo motivo i primi giorni da detenuto li ho vissuti con una tensione, una diffidenza, una paura interiore indescrivibili, ben attento però a non far trasparire queste ansie per non essere soggetto a tutte quelle malvagità che avete descritto. Ma le cose non stanno così: anzitutto mi sono accorto che la realtà carceraria è composta da Uomini! Gente che ha sì sbagliato, ma che ha dietro storie diverse e spesso per mille ragioni è stata indotta all’errore.

“Belle parole dette da un galeotto! Sì adesso lo dice, che dentro c’è anche lui! Ecco un altro che dà la colpa alla società per le atrocità commesse!!”. Già me li immagino i pensieri che vi vengono in mente mentre leggete queste mie prime righe. Ma proviamo assieme a fare un altro paragone.

Apro il giornale e leggo: “…Adolescente violentata da un branco di coetanei negli spogliatoi della scuola…, arrestato insospettabile studente all’uscita da scuola con centinaia di pastiglie di ecstasy pronte per lo spaccio…, banda di ragazzi semina terrore tra i compagni di scuola rapinandoli dei loro soldi, cellulari, scarpe, giubbotti…, ragazzo respinto uccide con taglierino rivale in amore, alcolici e droga prime cause delle stragi del sabato sera…”.

Potremmo andare avanti così a lungo. Il prossimo anno la figlia mia più grande si iscriverà alle superiori: dovrei essere terrorizzato! Ma non tutto fortunatamente è così come lo descrivono i media. Io personalmente vedo sempre tanti giovani che con entusiasmo (e fatica), si fanno strada formandosi, irrobustendosi, pieni di ideali, positività, voglia di cambiare quel mondo abbastanza brutto che noi adulti gli stiamo lasciando in eredità.

“Non sai quanta neve è caduta su quel ramo prima che si spezzasse”, recita un antico proverbio cinese per indurci a non giudicare sommariamente. Per me rispetto a voi è più facile discernere la vera quotidianità dei giovani d’oggi da certa cronaca giornalistica, perché io l’esperienza della giovinezza l’ho vissuta, mentre nessuno di voi, fortunatamente, ha condiviso la mia. Qualunque posto da fuori può sembrare buio e tetro come il carcere descritto da voi, ma ogni microsocietà è anzitutto composta da esseri umani, da persone diverse tra loro, e anche in carcere ci sono persone che riflettono in silenzio, altre che invece danno fiato solamente alla loro disperazione, ci sono uomini veramente pentiti, altri che imputano tutto al giudice, al complice, al mondo intero, vediamo quello che naviga a vista per non farsi travolgere dagli eventi e quello che invece mette a disposizione degli altri la propria esperienza carceraria perché non sia del tutto inutile. Possiamo scoprire chi si è arreso, ma anche chi vuol riprovare a farsi una vita nuova. Insomma, nulla è buio e immobile come spesso si vuol far credere, anzi!