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L’Armata Brancaleone in una gita un po’ particolare a Venezia
Di Giandomenico Longo, ottobre 1998
Anticipo l’argomento spiegando che non si tratta della solita gita della domenica: questa è un po’ particolare, basti pensare che i turisti in questione Sono diciassette detenuti, ristretti nella Casa di Reclusione di Padova, provenienti da ogni parte del mondo, in permesso premio. Un programma riservato ai frequentatori dei corsi scolastici: infatti lo scopo di queste escursioni è soprattutto culturale. Quindi con noi c’erano anche le nostre insegnanti con l’ordine tassativo di controllarci, disposto dal Magistrato di Sorveglianza responsabile: un beneficio compreso nel "pacchetto" della oramai famosa "legge Gozzini" che si ottiene rispettando termini, e molte altre regole che al momento non mi soffermo ad elencare (questioni comportamentali). Un programma di reinserimento nella società: giovedì 14 Maggio, ore 7.30, uscita dall’istituto di pena. Dopo aver sistemato le solite fasi burocratiche ci avviamo tutti insieme verso il cancello di uscita, e a me sembrava un sogno, anche perché è stato un primo permesso. Fuori ad aspettare c’erano i nostri insegnanti; intanto in portineria d’entrata abbiamo perso una mezz’ora per sistemare l’ultima formalità, ed è stato qui, nell’osservare il gruppo così unito, pur con evidenti differenze tra i componenti (colore, linguaggio, comportamenti, culture diverse in genere), che ho pensato che il tutto mi ricordava, con un po’ di fantasia, un vecchio film con Vittorio Gassman, "L’armata Brancaleone". Ci si poteva identificare in quello stesso gruppo, cambiava l’epoca, il paesaggio, ma l’atmosfera era quella, credetemi! A questo punto il gruppo è stato battezzato così...come lo vedevo. Gli insegnanti erano tutti automuniti, e siamo così partiti, direzione la stazione ferroviaria di Padova. Arriva il treno, si sale, il viaggio è abbastanza breve, arriviamo alla stazione di Venezia, scendiamo incamminandoci in direzione del comando di Polizia per far timbrare i permessi, come stabilito dal programma. Per questa operazione abbiamo perso due ore buone, ma noi eravamo tutti egualmente felici, stavamo lì fuori in mezzo alla gente, senza manette, potevamo berci un caffè al bar, abbiamo telefonato, io per salutare i familiari: anche durante questa lunga attesa noi stavamo bene. Non è stato un gran problema, questo voglio dire. Alla fine di quest’ultimo intoppo potevamo andare dove era stato deciso, e così abbiamo fatto, in vaporetto siamo arrivati nell’isoletta di Murano, abbiamo visitato una vetreria, visto una chiesa dall’esterno, e poi qualche foto, qualche cartolina. Arriva l’ora del pranzo, l’insegnante si è accordata con un ristoratore del posto, a mezzogiorno circa abbiamo mangiato lì, urla pizza ed una birretta, mi è sembrato il pranzo più gustoso della mia vita, "il sapore della libertà". Dopo aver mangiato, sempre con lo stesso mezzo, ci siamo recati in piazza S. Marco, abbiamo visitato il Palazzo Ducale, le famose "galere", i "piombi", e per quanto possa sembrare strano osservavo con l’animo del turista apprezzando ed ero addirittura affascinato da ciò che mi ricordava storicamente il luogo. Tra una cosa e l’altra, le ore sono volate e, ad un certo punto, abbiamo deciso di incamminarci verso la stazione ferroviaria, preparandoci per il ritorno. Nel parlarne rivivo ogni momento di questa passeggiata: è stata molto divertente, chi chiacchierava, chi rideva, chi scherzava, sempre rispettando i limiti della buona educazione. Ci si fermava ogni tanto per osservare le bellezze che il luogo offriva, e nemmeno ci pensavamo che il nostro tempo disponibile era ormai finito, e che si doveva ritornare da dove eravamo partiti.
Un ultimo buon caffè, al bar e da liberi Siamo arrivati alla stazione in anticipo, nell’attesa abbiamo telefonato ancora, intanto è arrivato il treno che ci ha riportati a Padova. Anche qui eravamo in anticipo sui tempi di rientro, quindi ne abbiamo approfittato, per berci un ultimo buon caffè, al bar e da liberi. Siamo risaliti sulle auto e ci siamo recati davanti all’Istituto, nel parcheggio. Avevamo ancora circa mezz’ora di tempo disponibile, da utilizzare salutando con tranquillità i nostri insegnanti, angeli custodi; in realtà sono stati più che amici, e lo sono ancora. Il momento dei saluti mi è parso un po’ commovente, ho avuto l’impressione che loro fossero più dispiaciuti e tristi di noi, nel lasciarci, nel vederci rientrare; logicamente abbiamo un po’ mascherato buttando tutto nell’allegria, restando così fedeli al resto di quella giornata. Ma certe espressioni, piccole, grandi, particolari, credo di averle in qualche modo percepite: ho capito che, in una sola giornata, poche ore possono cambiare la vita, il modo di pensare, e di sperare, di credere in un mondo migliore. Questo vorrei dire! Come si nota, non è che in giro abbiamo fatto chissà cosa, eppure nella semplicità del contesto io mi sono divertito moltissimo, questa giornata resterà per me indimenticabile, vissuta in ogni istante, anche durante quelle lunghe ore di attesa: questa è la positività della situazione, la serenità interiore, sentirsi sicuri ed a proprio agio in ogni momento. Sto parlando per mia esperienza personale, non so se gli altri abbiano provato le mie stesse sensazioni, spero sia così! E glielo auguro perché per me è stata una gita fantastica… ora spero in un prossimo probabile permesso. Chissà che, prima o poi, si decidano anche a mandarmi a casa con i miei familiari…
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