L’arresto di un recidivo equivale troppe volte alla cattura di una bestia

Quando i “precedenti penali” diventano una condanna

 

di Piergiorgio Fraccari, novembre 2006

 

La recidiva ha, in un certo senso, anche un altro nome, si chiama “precedente penale”: una persona che ha commesso un reato ha un precedente penale, e questo la porta ad essere tre quinti di cittadino, come lo erano gli schiavi resi “liberi” alla fine dell’Ottocento in America (ogni schiavo contava tre quinti di una persona). Liberi di non votare, liberi di non ricoprire cariche pubbliche, liberi di non frequentare le scuole civili dei bianchi. Si ha un bel dire che la legge italiana ritiene un imputato innocente fino alla fine dei tre gradi di giudizio, in cui verrà assolto o condannato. Dall’attimo dell’arresto se hai un precedente vieni trattato da persona colpevole, il precedente penale rientra già nelle prove a tuo carico, fa pendere la bilancia dalla parte della colpevolezza, ti fa perdere i diritti di cui gode un incensurato. Specialmente sotto il profilo umano, si è spesso privati di ogni dignità: l’arresto di un recidivo equivale troppe volte alla cattura di una bestia.

Un precedente penale pesa anche quando una persona è libera, specialmente nelle piccole province e nei paesi, dove ad ogni evento criminoso avvenuto, queste persone sono soggette a perquisizioni domiciliari, personali, fermi o quant’altro la legge permette di fare. Non importa se la persona perde ore di lavoro e dignità: ha un precedente penale, perciò è potenzialmente colpevole. Quando qualcuna di queste persone, specialmente tra i giovani, commette davvero altri reati, viene da pensare che l’essere trattati sempre da criminali altro non può fare che spingere a diventarlo veramente. E il carcere rischia di servirgli solo ad allargare le conoscenze nel campo della criminalità.